La Fiat 1100 di Buffalo Bill

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maxmaxuell
view post Posted on 21/11/2016, 16:43     +1   -1




La Fiat 1100 di Buffalo Bill
Mitico eroe che ha battuto l'indiano Mano gialla

Fiat 1100 di Buffalo Bill
Foto della Fiat 1100 di Buffalo Bill


Chi era Buffalo Bill e perchè quest'associazione con questo tipo di macchina anni 50-60?
La fiat 1100 è una delle più vecchie auto che si trova in tutte le cartolline della sicilia e dell'italia e
ci voleva un personaggio storico però dinamico come il grande eroe del far west Buffalo bill.
Ovviamente Buffalo Bill esisteva ai tempi dei cavalli e non delle auto e mi scuso se lo scherzo non corrisponde
a livello di date storiche però una volta che nei miei pensieri ho memorizzato quest'immagine di Buffalo Bill dentro quest'auto non ne posso fare a meno e dovevo per forza pubblicarla!



auto di buffalo bill
Foto 2 fiat 1100 di Buffalo Bill

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Foto 3 fiat 1100 di Buffalo Bill


La Fiat 1100 è un'automobile prodotta dalla casa automobilistica FIAT dal 1939 al 1969.

Varie versioni della 1100/103 (primavera 1955); da sx: 103 B berlina, Familiare, Berlina TV (Turismo Veloce)
Descrizione generale
Costruttore Italia FIAT
Tipo principale Berlina
Altre versioni Furgonata
Familiare
Produzione dal 1939 al 1969
Sostituisce la Fiat 508 Balilla
Sostituita da Fiat 128


Le prime 1100 (1939-53)

Fiat 1100 BL del 1948
La capostipite di tutte le "1100" fu la Fiat 508C "Nuova Balilla 1100", uscita nel giugno del 1937, la cui evoluzione stilistica, presentata alla fine del 1939 e subito ribattezzata popolarmente "musone", fu la prima vettura della marca torinese a fregiarsi della denominazione Fiat 1100. Il soprannome "musone" derivava dall'imponente calandra spartivento (in uso anche sulla Fiat 2800) che la differenziava esteriormente dalla prima versione, poi anche definita "musetto" per retroformazione.
Nell'immediato dopoguerra (settembre 1948), la 1100, lievemente modificata, assunse la designazione di 1100 B, poi, alla fine dell'estate del 1949, uscì la 1100 E – caratterizzata esteriormente dall'adozione di un vano posizionato nella coda, destinato all'alloggiamento della ruota di scorta – che rimase a listino fino alla primavera del 1953 quando nacque la 1100/103. Grazie alla sua abitabilità, la 1100 ebbe in quegli anni un notevole successo specialmente come taxi o come base per gli allestimenti ad ambulanza. In precedenza, durante la guerra, era già stato prodotto un modello modificato in allestimento "ufficio mobile".

Le 1100/103 (1953-60)[modifica wikitesto]
Nel 1953 l'auto fu radicalmente modificata: nacque la 1100/103. Si trattava di un'autovettura totalmente nuova, dotata di scocca portante. Della progenitrice manteneva solamente il motore 4 cilindri con albero a camme laterale di 1089 cm³.

La Fiat 1100/103 del 1953 nell'allestimento normale
Le soluzioni tecniche (a parte il passaggio alla soluzione monoscocca) erano classiche: trazione posteriore, avantreno a ruote indipendenti con balestra trasversale, retrotreno a ponte rigido con balestre longitudinali semiellittiche e freni a tamburo su tutte le ruote. Tuttavia non mancava qualche novità, come il telaietto ausiliario che sosteneva il gruppo motore-cambio al quale era ancorata la sospensione anteriore. La 103, messa sul mercato nell'aprile 1953 in due versioni, la Tipo A, più economica, e la Tipo B, maggiormente rifinita, si caratterizzava per una moderna linea a 4 porte e 3 volumi (anche se la coda era molto più corta rispetto ai modelli successivi), con parafanghi integrati e coda tondeggiante.
Pochi mesi dopo il debutto fu presentata anche la 103 Familiare, ovvero la versione giardinetta. La 103 ottenne grande successo, soprattutto nella versione berlina Tipo B (con interni meglio rifiniti, sedile anteriore a panca unica e maggiori finiture esterne ed interne con ampia scelta di colorazioni): la Tipo A (disponibile solo in grigio e con allestimento spartano: sedili separati anteriormente e con solo tessuto grigio a righine, mancanza parziale delle modanature sulle fiancate, mancanza della scritta "Fiat 1100" sul baule posteriore, mancanza della aletta parasole lato passeggero, mancanza maniglie appiglio passeggeri posteriori, mancanza alloggiamento autoradio, mancanza riscaldamento interno vettura) non piacque molto, mentre la Familiare era apprezzata da artigiani e commercianti. Tutte le 103, comunque, grazie al sedile anteriore intero e alla leva del cambio al volante, potevano ospitare 6 persone.

La Fiat 1100/103 TV prima serie del 1953-54
Nell'ottobre del 1953 fu lanciata la versione 103 TV (Turismo Veloce) con motore potenziato di 14 CV (per un totale di 50, contro i 36 delle altre versioni), albero di trasmissione diviso in due parti collegate da un giunto, verniciatura bicolore, finiture più ricche, "codine" al bagagliaio e terzo faro centrale (inserito nella mascherina).
Al Salone di Ginevra del marzo 1955 fu presentata la 103 Trasformabile: disegnata dalla Sezione Carrozzerie Speciali della Fiat, si trattava di una piccola spyder a 2 posti, con tratti americaneggianti (anche se non fu mai esportata negli Stati Uniti) e meccanica della 103 TV berlina.

La 1100/103 "E" TV del 1956-57
Nel 1956 un restyling interessò la 103 berlina e familiare, dando vita alla serie 103 E. Oltre a modifiche al frontale (nuova mascherina) e agli interni (plancia, strumentazione, riscaldamento, rivestimenti), la berlina beneficiò di un nuovo disegno dei fanalini posteriori e di un diverso posizionamento della ruota di scorta nel vano bagagli. La TV adottò una nuova griglia anteriore e la verniciatura bicolore si estese anche alle fiancate Dal punto di vista tecnico, oltre a motori leggermente potenziati (40 CV per le versioni normali e 53 per le TV), tutte le versioni adottarono l'albero di trasmissione in due parti. Le Trasformabile, invariate esteticamente, adottarono il motore da 53 CV.
Al Salone di Torino dell'autunno 1957 uscì la serie 103 D (conosciuta anche come modello 58), contraddistinta soprattutto dall'incremento delle dimensioni grazie a un bagagliaio più lungo e più capiente, mentre nel 1958 le TV berlina e Trasformabile furono rimpiazzate dalle corrispondenti versioni della 1200.
Nel marzo del 1959 un ulteriore restyling diede vita alla serie 103 H (definita anche come "Tipo Lusso") che andò ad aggiungersi alla 103 D: il nuovo modello si distingueva dalla versione base per il motore più potente ma anche per un equipaggiamento più ricco, per allestimenti interni più curati, per una diversa mascherina anteriore, per la verniciatura bicolore e per l'aggiunta di profili e fregi cromati quali le "rondinelle" sulle codine. Nel 1959-60 la gamma era pertanto composta dalle versioni base (103 D), dalla versione Lusso (103 H) e dalla Familiare.
Le 1100 Export e Special (1960-62)[modifica wikitesto]

La Fiat 1100/103 Export del 1960-61
Nell'autunno 1960 la gamma delle 103 fu rivoluzionata: la versione "base" fu denominata "Export" ed ereditò la carrozzeria della precedente 103 H (la cosiddetta berlina Lusso) anche se in edizione semplificata, mentre la versione di maggior pregio, cui venne assegnata la denominazione Special, adottò il corpo vettura della 1200 Granluce reso più piacevole dall'eliminazione di numerosi orpelli cromati. Entrambe montarono il motore da 48/50 CV (55 CV misurati col metodo S.A.E.) che consentiva loro di superare i 130 km orari di velocità massima.
Anche la Familiare beneficiò di qualche piccola modifica e adottò il medesimo motore delle berline. Da segnalare che alla fine del 1961 la versione Special ricevette qualche piccola modifica, la più evidente delle quali alle fiancate, dalle quali furono eliminate le nervature che avevano caratterizzato tutte le 103 precedenti.
Le 1100 D (1962-66)[modifica wikitesto]

Fiat 1100 D Familiare
Nell'autunno del 1962 un ulteriore restyling, ispirato alla linea della "1200 Granluce", diede vita alla "1100 D". A cambiare furono soprattutto gli interni, il padiglione, la calandra che divenne piatta e dalla linea semplificata senza cromature, con fanalini anteriori di forma rettangolare. Inoltre tutte le versioni adottarono le porte anteriori ad apertura tradizionale, anziché "controvento"
Dal punto di vista tecnico le novità maggiori erano l'adozione del motore di 1221 cm³ (ex "1200 Granluce") da 55 CV e l'adozione del carburatore monocorpo. Le "1100 D" erano disponibili in un unico allestimento, identico per le versioni Berlina e Familiare.
Le 1100 R (1966-69)[modifica wikitesto]

Una 1100 R del 1967
Nel gennaio del 1966, nell'imminenza del lancio delle più moderne 124 (avvenuto appena due mesi dopo), per evitare ogni possibile concorrenza tra i due modelli, la 1100 fu riposizionata verso il basso e motorizzata di nuovo con un motore da 1089 cm³ e 48 CV.
Contemporaneamente la carrozzeria fu rivista nel frontale (completamente ridisegnato) e negli interni (semplificati dall'adozione di componenti della 850, come la strumentazione nella quale si distingueva l'uso, per la prima volta nelle 1100, di un quadrante ad ago per il tachimetro, invece dell'indicatore a linea rossa mobile). Sulla berlina cambiò anche la coda, ora più squadrata, priva di pinne e dotata di luci circolari (le stesse della 850). Dal punto di vista tecnico si segnalava anche l'adozione di freni anteriori a disco e (unica tra le 1100 della FIAT) il comando del cambio a cloche anziché quello ormai in disuso al volante.
La nuova versione, denominata 1100 R (ovvero "Rinnovata"), rimase in listino – sia nella versione berlina che in quella Familiare – fino all'ottobre del 1969, quando fu definitivamente sostituita dalla Fiat 128 immessa sul mercato circa cinque mesi prima.
Le 1100 "estere"[modifica wikitesto]

Una 1100 R sulla rivista "Style auto" nel 1966
La 1100 R, poi venduta con successo nell'Europa Occidentale, era stata originariamente pensata per il mercato pakistano. La Fiat, infatti, pensava che l'oramai datato modello non fosse più in grado di reggere sui mercati evoluti, anche se invece smentì le previsioni e ottenne successo.
Il costruttore indiano Premier, che aveva già fabbricato su licenza le Fiat 500 Topolino, rilevò nel 1967 la catena di montaggio della 1100 D, avviando la produzione della Premier Padmini, identica all'originale Fiat (a parte il motore che invece era il 1089 cm³ da 48 CV del modello R e il comando cambio a pavimento).
La vettura (nella versione con guida a destra) fu costruita fino al 1999, stabilendo un vero record di durata per un modello Fiat di media categoria e più di un milione di esemplari fabbricati.
La Fiat 1100 fu anche prodotta dalla consociata argentina Fiat Concord nella versione D Export tra il 1960 e 1963. Fu prodotta in 23 152 esemplari.
Le versioni derivate[modifica wikitesto]

Dalla Nuova Balilla fu derivato anche un camioncino chiamato Fiat 1100 ELR, qui nella versione del 1953
Dalla 1100 furono derivate parecchie versioni, costruite dalla stessa Fiat: la più nota fu la versione "lunga", utilizzata soprattutto in edizione taxi, ma non mancarono cabriolet, coupé sportivi, furgoncini, camioncini e, negli anni della seconda guerra mondiale, coloniali e militari, anche con carrozzeria tipo torpedo/camionetta.
Il Regio Esercito adottò le versioni camioncino della Fiat 508C e della Fiat 1100. Quest'ultimo aveva carrozzeria parzialmente in legno e cassone posteriore, anch'esso in legno, di dimensioni 1540×1600×600 mm con 590 kg di portata. Da questo camioncino venne estrapolata da parte delle Officine Automobilistiche Regio Esercito (OARE) di Bologna un "semovente" contraereo: sul cassone della "musone" venne installato una mitragliatrice binata[2] Fiat Mod. 14/35 da 8 mm, montata sull'affusto della mitragliera Breda 20/65 Mod. 1935[3]. Prodotta in 50 esemplari, venne assegnata alla 101ª Divisione motorizzata "Trieste" ed impiegata sul fronte nordafricano per la scorta antiaerea delle colonne motorizzate[4].
Dal telaio della 1100/103, oltre a un taxi (che non ebbe successo) e ai consueti camioncini e furgoncini, derivò anche una versione a uso trasporto di merci, la 1100 T, che ottenne risultati lusinghieri di vendita, soprattutto nel settore dei venditori ambulanti, grazie anche a una buona capacità di carico, sia nel campo della portata che in quello della volumetria utile.
Basandosi sulla meccanica della 1100, nel 1953 l'azienda Abarth produsse la 103 GT, versione coupé della 1100.[5]
Dalla versione B venne invece realizzata la 1100 S nel 1947. Progettata da Dante Giacosa, aveva una carrozzeria di tipo aerodinamico e non vi erano paraurti in nessuna sezione del mezzo. Le ruote posteriori erano carenate ed il propulsore da 51 cv di potenza deriva da quello impiegato sulla Cisitalia 202 e permetteva una velocità massima di 150 km/h. Erano montate diverse particolarità meccaniche sul mezzo, tra cui un sistema di lubrificazione con radiatore dell'olio, una pompa dell'acqua di tipo centrifugo e un albero motore posto su quattro cuscinetti di banco. Fu realizzata in 400 esemplari ed ottenne diversi piazzamenti sportivi come il 5º posto alla Mille Miglia del 1947 e la seconda piazza nell'edizione del 1948.




Buffalo Bill
Buffalo Bill, l'eroe del Far West


Buffalo Bill, l'eroe del Far West è un film del 1964 diretto da Mario Costa
Buffalo Bill, l'eroe del Far West
Lingua originale Italiano
Paese di produzione Italia
Anno 1964
Durata 94 min
Colore colore
Audio sonoro
Genere western
Regia John W. Fordson
Sceneggiatura Louis Agotay, Pierre Corty, Nino Stresa, Luciano Martino, Ernesto Gastaldi
Produttore Solly V. Bianco
Montaggio Jolanda Benvenuti
Musiche Carlo Rustichelli
Scenografia Arrigo Equini
Costumi Elio Micheli
Interpreti e personaggi
Gordon Scott: Buffalo Bill
Roldano Lupi: Colonnello Peterson
Catherine Ribeiro: Raggio di Luna
Ingeborg Schöner: Mary Peterson
Jan Hendriks: Monroe
Richard Stuyvesant: Donaldson
Peter Lull: Red
Mirko Ellis: Mano Gialla
Hans von Borsody: Capitano Hunter
Feodor Chaliapin, Jr.: Capo Volpe Bianca
Hugo Arden: Snack
Andrea Scotti: giocatore di poker
Luigi Tosi:
Frank Farrell: George un giocatore di poker
Jacques Herlin
Aldo Zamperla


Trama
Buffalo Bill viene mandato ad ovest dal presidente Grant per sedare una rivolta indiana capitanata da Mano Gialla e supportata dai contrabbandieri di armi.
Curiosità[modifica wikitesto]
Durante la lavorazione di questo film si è verificato l'episodio che ha poi ispirato nel film Borotalco il discorso di Mario Brega nel suo negozio[1]. In una scena di lotta con l'attore americano Gordon Scott, Brega avrebbe schivato ben quattro pugni nonostante l'altro fosse boxeur vincitore del premio americano Il Guanto D'Oro. Brega avrebbe poi risposto fintando un destro allo stomaco di Scott e rifilandogli un gancio dritto in bocca stendendolo "per terra come Gesù Cristo". Mentre l'altro era tramortito, Brega lo avrebbe esortato a rialzarsi con gli epiteti pesanti usati nel film di Verdone.


altra fonte sempre da wikipedia
William Frederick Cody
il vero nome di Buffalo Bill


Buffalo Bill, pseudonimo di William Frederick Cody (Le Claire, 26 febbraio 1846 – Denver, 10 gennaio 1917), è stato un attore e cacciatore statunitense. Fu anche soldato, esploratore e impresario teatrale.
Divenne un eroe nazionale dopo un breve corpo a corpo con il capo indiano Mano Gialla nel 1876 nel quale gridò «Ecco il primo scalpo per Custer!».

Biografia[modifica wikitesto]
William Frederick Cody nacque in una fattoria dell'Iowa nel 1846. In seguito alla morte del fratello maggiore, nel 1853 la sua famiglia si trasferì nel Kansas, dove però fu vittima di un pesante clima persecutorio a causa delle posizioni anti-schiaviste del padre. Questi, infatti, morì nel 1857 per le conseguenze di un colpo di pugnale subito dopo aver tenuto un discorso contro lo schiavismo. All'età di quattordici anni il giovane William divenne uno dei corrieri a cavallo del Pony Express.
Nel 1863, dopo la morte della madre, si arruolò nel 7º Cavalleggeri del Kansas e prese parte alla Guerra di secessione americana con gli Stati dell'Unione. Durante una sosta al campo militare di St. Louis conobbe l'italo-americana Louisa Frederici, che diventò sua moglie nel 1866 e dalla quale ebbe quattro figli.

Buffalo Bill nel 1903

Buffalo Bill nel 1903
Buffalo Bill nel 1903



Dopo la fine della guerra e fino al 1872, William Cody venne impiegato come guida civile dall'esercito statunitense e dalla Pacific Railway. Ricevette la Medaglia d'Onore del Congresso, la più alta onorificenza militare degli Stati Uniti, per aver dimostrato "coraggio in azione" (nel 1917, ventiquattro giorni dopo la sua morte, la medaglia gli venne revocata, in quanto civile al momento dell'azione, ma nel 1989 gli fu definitivamente riassegnata).
Fu in questo periodo che diventò Buffalo Bill, dopo aver vinto una gara di caccia al bisonte con William Comstock, a cui apparteneva in precedenza il famoso soprannome. Sembra, inoltre, che fra il 1868 ed il 1872, per rifornire di carne gli operai addetti alla costruzione della ferrovia, abbia ucciso circa 4.000 bisonti.[1]
Nel 1876, al Warbonnet Creek, egli affermò di avere preso lo scalpo di un guerriero Cheyenne, secondo la sua stessa dichiarazione per vendicare la morte di George Armstrong Custer al Little Big Horn.[2] Il suo nome in lingua dakota era «Pahaska».

Poster del 1899 del Wild West Show
Nel 1873 Ned Buntline, uno scrittore popolare che aveva scritto diversi racconti che narravano le gesta di Buffalo Bill, gli chiese di interpretare una versione teatrale delle sue novelle. Accettò di fare l'attore per undici stagioni consecutive.
Nel 1883 creò il Buffalo Bill Wild West Show,[1] uno spettacolo circense in cui venivano ricreate rappresentazioni western, fra cui la battaglia di Little Bighorn, dove perse la vita il Generale Custer, della compagnie circense facevano parte anche cavalieri cosacchi ed arabi che arricchivano l'esotismo dello spettacolo.
Pare che Buffalo Bill sparasse utilizzando la tecnica Fanning. La leggenda americana dice che si allenasse spesso mettendosi 7-8 metri davanti ad un grande melo del suo cortile, con l'arma nella fondina. Quando pronto, estraeva e esplodeva due colpi in rapida successione: il primo tagliava il picciolo di una mela, ed il secondo la centrava pochi centimetri sotto mentre, recisa, stava cadendo.
Fra i protagonisti dello spettacolo, a cui partecipavano veri cowboy e pellerossa, ci furono il leggendario capo Sioux Toro Seduto, Calamity Jane e Alce Nero. Fu un successo negli Stati Uniti ed in Europa per più di vent'anni e fu una delle attrazioni principali a Londra durante il Giubileo d'Oro della Regina Vittoria nel 1889 e all'Esposizione Mondiale di Chicago del 1893.[1]
Fece spettacoli anche in alcune città italiane, tra cui Napoli, Torino, Genova, Alessandria, Trieste, Udine, Milano, Bergamo, Brescia e Roma, dove l'8 marzo 1890 perse la celebre sfida nella doma di puledri contro i butteri dell'Agro Pontino capitanati dal cisternese Augusto Imperiali[3].
Nel 1890, pur ormai affermato showman di fama internazionale, partecipò, col grado di colonnello, alle operazioni militari contro i Sioux che aveva già combattuto nel 1876. Nel 1906 ritornò ad esibirsi in Italia, fermandosi tra le altre città a Torino: in quell'occasione il conte Eugenio Veritas, cantastorie cieco, scrisse la celebre canzone popolare piemontese Buffalo Bill a Torino. I giornali italiani riportarono alcuni dettagli sulla troupe circense, secondo la Stampa gli indiani erano in parte cattolici e l'istituto delle Missioni Cattoliche di Roma, aveva provveduto alle loro cure religiose incaricandone padre Strikland, della casa dei Gesuiti di Fiesole.[4]
Buffalo Bill morì nel 1917, all'età di 71 anni, e venne seppellito su sua richiesta sulla Lookout Mountain in Colorado, ad est della città di Denver. Qualche tempo prima di morire si era convertito al cattolicesimo e nel 1890 incontrò il papa Leone XIII.
Fu membro della massoneria.[5]
La leggendaria origine italiana[modifica wikitesto]
Anche in Italia erano molto popolari le storie su Buffalo Bill, tanto che l'editore Nerbini di Firenze, negli anni venti e trenta del Novecento, pubblicò diversi volumetti di sue avventure. Quando, nel 1942, l'Italia si trovò in guerra contro gli Stati Uniti, Nerbini rivelò che Buffalo Bill era in realtà un immigrato italiano, tal Domenico Tombini, nato in Romagna, ossia nella regione il cui centro è Forlì, allora nota come "la città del Duce". Così, le pubblicazioni poterono continuare nonostante la guerra. La cosa era un'invenzione bella e buona, che servì all'editore Nerbini per evitare la censura che sarebbe potuta abbattersi su un eroe "americano" durante la guerra contro gli Stati Uniti.
I "precursori"[modifica wikitesto]
Secondo alcune fonti, tra cui quella del naturalista e letterato Martin Garretson, dai primi dell'Ottocento fino al successo di William Cody, almeno svariate dozzine di cacciatori di bisonti, si soprannominarono da soli o vennero ribattezzati da altri, con il nomignolo di Buffalo Bill (Bill dei Bisonti), per ricordare qualche loro particolare prodezza nella caccia; ma la definizione era ritenuta così importante che ognuno di loro pretendeva di essere l'unico a poter portare il nuovo nome e spesso polemizzava con gli altri Buffalo Bill, ritenendoli degli impostori.[6]
Oltre al celeberrimo William Cody, il naturalista Garretson segnalò un primo precedente significativo Buffalo Bill, dal nome William Matthewson di professione commerciante, che si distinse nel 1860, non tanto per l'uccisione di centinaia di capi in una sola caccia, quanto per la distribuzione della carne che fece presso i coloni del Kansas, stremati da una terribile carestia, i quali per riconoscenza lo omaggiarono con quel soprannome.[6]
Di natura pacifica e modesta, Matthewson non volle approfittare di questo momento di popolarità, e si ritirò a vita privata, nella città di Wichita, e in questo modo il titolo di Buffalo Bill spettò poi ad altri cacciatori.

Onorificenze[modifica wikitesto]
120px-Medal_of_Honor_ribbon.svg
Medal of Honor - nastrino per uniforme ordinaria Medal of Honor
«Coraggio in azione»
— Platte River, Nebraska - 26 aprile 1872
La Medal of Honor gli venne revocata nel 1916 e riconfermata nel 1989.

Cinema[modifica wikitesto]

Louis Calhern in Anna prendi il fucile
Molte le pellicole americane che lo vedono protagonista o che si ispirano alle sue gesta in maniera più o meno dichiarata: The Plainsman di Cecil B. DeMille (1936) con Gary Cooper, Buffalo Bill (1944) di William A. Wellman, Buffalo Bill e gli indiani (1976) di Robert Altman, interpretato da Paul Newman. Il personaggio di Buffalo Bill appare anche in Anna prendi il fucile (Annie Get Your Gun), un film musicale del 1950 diretto da George Sidney. Una delle ultime apparizioni risale al 2004, nel film Hidalgo - Oceano di fuoco, dove l'attore J.K. Simmons interpreta il cowboy e datore di lavoro di Frank Hopkins, il protagonista del film interpretato da Viggo Mortensen.
In Italia, nel 1949, venne realizzata dal regista Giuseppe Accatino la pellicola Buffalo Bill a Roma, probabilmente primo esempio di western all'italiana, dedicato alla reale sfida che aveva visto Cody e il suo Circo soccombere contro la ormai mitica rappresentanza di butteri laziali. Nel 1976, Marco Ferreri riprenderà il personaggio di Buffalo Bill in Non toccare la donna bianca facendolo interpretare da un ironico e dissacratore Michel Piccoli.




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