La nave Titanic

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La nave Titanic
Il transatlantico britannico RMS Titanic


nave Titanic
La nave Titanic



Il transatlantico britannico RMS Titanic, alla partenza dal porto di Southampton, il 10 aprile 1912
Descrizione generale
Naval Ensign of the United Kingdom.svg
Tipo Transatlantico
Classe Olympic Class
Proprietà White Star Line, Amministratore Delegato: Joseph Bruce Ismay
Identificazione 131428
Costruttori Harland and Wolff
Cantiere Belfast, Irlanda del Nord
Impostata 31 marzo 1909
Completata 31 marzo 1912
Entrata in servizio 10 aprile 1912
Destino finale Affondato il 15 aprile 1912
Caratteristiche generali
Dislocamento 59 052
Stazza lorda 46 328 tsl
Lunghezza 269,90 m
Larghezza 28 m
Altezza 53,3 m
Pescaggio 10,54 m
Velocità In crociera:
23 nodi, 43 km/h
Massima: oltre 26 nodi
Capacità di carico 3 547 persone (337 prima classe.285 seconda classe.721 terza classe.885 equipaggio)
Note
Soprannome L'Inaffondabile
Potenza 46 638 CV



Il RMS Titanic è stato un transatlantico britannico della classe Olympic, diventato famoso per la collisione con un iceberg nella notte tra il 14 ed il 15 aprile 1912 e il conseguente drammatico affondamento avvenuto nelle prime ore del 15 aprile.

Secondo di un trio di transatlantici, il Titanic, assieme ai suoi due gemelli Olympic e Britannic, fu progettato per offrire un collegamento settimanale di linea con l'America e garantire il dominio delle rotte oceaniche alla White Star Line.[1] Costruito presso i cantieri Harland and Wolff di Belfast, il Titanic rappresentava la massima espressione della tecnologia navale di quei tempi ed era il più grande e lussuoso transatlantico del mondo.

Durante il suo viaggio inaugurale (da Southampton a New York, via Cherbourg e Queenstown), entrò in collisione con un iceberg alle 23:40 (ora della nave) di domenica 14 aprile 1912. L'impatto provocò l'apertura di alcune falle lungo la fiancata destra del transatlantico, che affondò 2 ore e 40 minuti più tardi (alle 2:20 del 15 aprile) spezzandosi in due tronconi.[2] Nel naufragio persero la vita 1 518 dei 2 223 passeggeri imbarcati compresi i 900 uomini dell'equipaggio; solo 705 persone riuscirono a salvarsi (alcuni dei quali morirono subito dopo essere portati a bordo del Carpathia), 6 delle quali salvate fra la gente finita in acqua.[3][3][4][5] L'evento suscitò un'enorme impressione sull'opinione pubblica e portò alla convocazione della prima conferenza sulla sicurezza della vita umana in mare.

Caratteristiche

Il Titanic in costruzione
Il Titanic, come le gemelle RMS Olympic e Britannic, era stato progettato per competere con il Lusitania e il Mauretania, transatlantici della compagnia rivale Cunard Line che erano all'epoca le navi più lussuose, veloci e imponenti impegnate sulle rotte transatlantiche. Poiché svolgeva anche il servizio postale, le fu assegnato il prefisso RMS (Royal Mail Ship) oltre a SS (Steam ship, nave a vapore). La nave era stata disegnata da William Pirrie, presidente della Harland and Wolff, e dall'architetto navale Thomas Andrews, che era il capo progettista. La costruzione del Titanic, finanziata dall'armatore americano John Pierpont Morgan con la sua società International Mercantile Marine Co., iniziò il 31 marzo 1909; lo scafo fu varato il 31 maggio 1911 e le sovrastrutture furono completate il 31 marzo dell'anno seguente.


Scorcio delle eliche dell'Olympic
Venne registrato nel registro navale del porto di Liverpool col numero ufficiale di vascello 131428 e sigla telegrafica "MGY". Il costo finale del transatlantico fu di 7,5 milioni di dollari del 1912, equivalenti a 180 milioni di dollari del 2012.[senza fonte] Il Titanic era lungo 269 metri[6] e largo 28, aveva una stazza di 46 328 tonnellate e l'altezza del ponte sulla linea di galleggiamento era di 18 metri (53 metri l'altezza totale[3] ). Sebbene avesse la stessa lunghezza dell'Olympic, aveva un tonnellaggio lordo maggiore per via del maggiore spazio interno, dovuto principalmente alla chiusura di parte della passeggiata sul ponte "A" con finestre parzialmente apribili.

La propulsione era a vapore[7] (era un piroscafo, a differenza delle successive imbarcazioni – definite motonavi – dotate di motori diesel), con quattro cilindri contrapposti invertibili a triplice espansione (macchine alternative) più una turbina Parson a bassa pressione. Le macchine alternative del Titanic e dell'Olympic restano le più grandi mai costruite[8], occupavano quattro ponti in altezza sviluppando quasi 38 MW (51 000 CV) di potenza[3] e muovevano le due eliche laterali. La turbina muoveva la sola elica centrale.


Il Titanic lascia Belfast il 2 aprile 1912
Le 29 caldaie, aventi un diametro di 5 metri ciascuna, erano in grado di bruciare circa 728 tonnellate di carbone al giorno. La velocità di crociera era di 23 nodi (43 km/h), e la velocità massima era di 26 nodi circa. Solamente tre dei quattro fumaioli erano funzionanti, il quarto aveva solo la funzione di presa d'aria e fu aggiunto per rendere la figura della nave più imponente; erano dipinti in ocra e nero, come voleva la tradizione della White Star, mentre il rosso era il colore della Cunard Line.


Il Titanic attraccato al molo nel porto di Southampton prima della partenza
La nave aveva una capacità utile di 3.547 persone tra passeggeri ed equipaggio. L'allestimento di bordo comprendeva tra l'altro una piscina coperta di 9 m × 4 m nel ponte D su modello dell'Olympic (per la prima volta su una nave), una palestra, un bagno turco e un campo di squash. Le cabine di prima classe erano rifinite con la massima sfarzosità. C'erano 34 suite, ognuna delle quali dotata di soggiorno, sala di lettura e sala da fumo; ogni suite era arredata in stile diverso. Erano disponibili tre ascensori per la prima classe e, come novità, un ascensore anche per la seconda classe.

La terza classe valeva la seconda sulle altre navi, ed era decorata con legno di pino verniciato di bianco, pareti smaltate e sedie di teak. Nel ristorante di terza classe era collocato un pianoforte. Il Titanic era un gioiello di tecnologia ed era ritenuto «praticamente inaffondabile»[9][10]. La sua stazione radio era considerata (con l'Olympic) la più moderna e potente mai installata su un bastimento[11]: la portata raggiungeva una distanza di 400 miglia (650 km) e le antenne erano collocate sui due alberi maestri ad un'altezza di 60 metri e distanti tra loro 180 metri (in caso di emergenza, il generatore elettrico poteva essere sostituito da un generatore diesel).

Il ponte lance era dotato delle nuovissime gru "Welin", in grado di sostenere complessivamente 32 lance di salvataggio e ammainarne 64[8] (alla fine furono montate soltanto 16 lance, poiché pensavano avrebbe avuto uno stile disordinato). La chiglia della nave aveva un doppio fondo cellulare e lo scafo era suddiviso in 16 compartimenti stagni, le cui porte a ghigliottina si potevano chiudere automaticamente dal ponte di comando (in mancanza di energia elettrica si potevano chiudere sfruttando la forza di gravità). Questi comparti, però, non attraversavano tutta l'altezza dello scafo ma si fermavano al ponte E (più o meno a metà dello scafo, per dare più spazio alla disposizione delle sale). Il Titanic avrebbe potuto galleggiare anche con due dei compartimenti intermedi allagati oppure con tutti i primi quattro compartimenti di prua allagati. Lo scontro con l'iceberg causò però l'allagamento dei primi cinque compartimenti prodieri.

Gli interni
Il Titanic rappresentava un'innovazione anche nello sfarzo con il quale erano decorate le sale e le cabine. Le sale adibite ai passeggeri di prima classe erano disposte dal ponte aperto al ponte E. Gli interni principali erano i seguenti:


Lo scalone di prima classe
Il grande scalone di prima classe, una scala che collegava tutti i ponti riservati alla prima classe, dal ponte aperto al ponte E, ma la doppia rampa iniziava sul ponte di coperta e finiva al ponte D, nello stesso punto in cui terminavano gli ascensori. Lo scalone doveva essere arredato in stile Guglielmo e Maria, ma francesizzato alla Luigi XIV, con balaustre in ferro battuto, alleggerite da fiori e foglie in bronzo; era sormontato al ponte di coperta da una grande cupola in vetro e ferro battuto che illuminava l'intero ambiente.
Il corrimano del pianerottolo del ponte A era decorato da una grande lampada bronzea raffigurante un cherubino. Sul pianerottolo superiore era incassato un orologio fra due bronzi femminili, personificazione di Onore e Gloria che incoronano il Tempo. Sui pannelli dei pianerottoli di mezzo ponte erano situati grandi quadri. La grande scala sfociava al ponte D nella sala di reception, con un grande candeliere di 21 lampade. Sul retro della scala erano situati tre ascensori, decorati nello stesso stile. Un ambiente identico ma rivestito di pannelli di legno chiaro collegava i ponti A, B, e C, ed era utilizzato come sala di reception per i ristoranti del ponte B.

Il salone di prua era situato fra il primo e il secondo fumaiolo e il salone di poppa fra il terzo e il quarto. Sebbene lo scalone a poppavia fosse praticamente identico a quello di proravia, gli mancavano alcuni particolari, quali l'orologio, e la cupola era situata più in basso rispetto a quella a proravia, infatti stava sul ponte A. L'ambiente era stato ideato per i passeggeri che desiderassero trascorrere il tempo leggendo, giocando a carte, bevendo il tè o ascoltando la musica dell'orchestra. La sala era decorata da grandi pannelli in quercia in stile Luigi XV, i cui motivi ornamentali erano stati tratti dal palazzo di Versailles. Su un lato della sala era situato un piccolo camino in marmo, sul quale poggiava una statuetta di Artemide. Al centro della sala un grande lampadario illuminava l'ambiente.
La sala di scrittura e di lettura, ideata per le signore, che qui si potevano riunire ad ogni ora del giorno. La sala era arredata in stile georgiano ed era disposta in due ambienti separati da un grande arco sostenuto da colonne con capitelli corinzi.
La sala-fumatori situata tra il terzo e il quarto fumaiolo. Gli uomini potevano raggiungere la sala durante tutta la giornata, ma soprattutto dopo cena. Era arredata in stile Georgiano (Settecento inglese), con grandi pannelli in mogano scuro e intarsi di madreperla. A decorare la sala vi erano anche grandi vetrate colorate illuminate artificialmente. Le finestre che davano sul ponte di passeggiata erano decorate con scene di porti di tutto il mondo.

Il Café Parisien
Le due piccole salette dei rampicanti, due ristoranti ai quali si poteva accedere dal ponte di passeggiata o da una porta girevole dalla sala-fumatori. Le grandi finestre davano l'impressione di stare all'aria aperta.
Il ristorante A la carte, un ambiente esclusivo situato sul ponte B, decorato in stile Georgiano. Qui i passeggeri potevano recarsi ad ogni ora, ed ordinare qualsiasi tipo di piatto. Il dirigente di questo ristorante era l'italiano Gaspare Pietro Antonio Luigi Gatti
Il Cafè Parisien, dove si poteva gustare lo stesso menù del ristorante adiacente. L'ambiente era ideato per assomigliare a una tipica passeggiata parigina, completa di piante rampicanti e mobili in vimini.[13]
La sala di reception, situata sul ponte D, decorata in stile Seicento inglese, con grandi pannelli laccati bianchi e finestre impreziosite da decorazioni in ferro battuto. Poltrone, sedie, divani e tavolini erano in vimini con rivestimenti bordeaux. In un angolo della sala era collocato un grande piano a coda. Prima di cenare i passeggeri potevano prendere un aperitivo e ascoltare la musica dell'orchestra.
La grande sala da pranzo, dove i passeggeri si recavano per cena. Era l'area più spaziosa riservata alla prima classe, lunga 35 metri e larga 28 poteva ospitare 532 persone. Era arredata come la sala di reception, con stile Giacobiano, ma, al posto dei pannelli scuri in quercia delle residenze inglesi le pareti e il soffitto erano stuccati di bianco. L'ambiente era illuminato grazie a moltissime plafoniere. Le sedie del salone erano rivestite in pelle verde, insieme ai mobili in rovere, dovevano contribuire a sostenere il tono complessivo della sala, purtroppo l'effetto era rovinato dal pavimento di piastrelle in linoleum fantasia.
L'ufficio postale che era situato a tribordo dalle nave e da cui deriva il nome RMS che sarebbe "Royal Mail Ship" che significa nave reale della posta.
Il bagno turco del Titanic, arredato in perfetto stile arabeggiante, era uno degli indicatori dell'esotismo che permeavano il periodo. Venne progettato in stile moresco secentesco, con piastrelle verdi e azzurre.[14]
Le cabine di prima classe erano le più eleganti di qualsiasi altro transatlantico. Erano arredate in vari stili[3] (Reggenza, Olandese moderno, Olandese Antico, Impero, Luigi XV, Luigi XVI, Regina Anna, Georgiano e Rinascimento Italiano). Per i passeggeri più abbienti erano disponibili le suite[15]: 2 presidential suites e 2 royal suites. Le royal suites (b56-b54) erano decorate in stile Luigi XVI e comprendevano un soggiorno, tre camere da letto (due singole e una matrimoniale), due bagni privati, due guardaroba e un ponte di passeggiata privata.

I costi

L'ultimo menu del pranzo a bordo
Alla consegna il transatlantico Titanic costò circa 7,5 milioni di dollari (167 milioni di dollari del 2010), il biglietto di sola andata per New York, in suite di prima classe, costava 3 100 dollari dell'epoca, circa 40 000 euro del 2012[16], mentre in appartamento di prima classe costava 4 350 dollari (o 870 sterline del 1912 pari a 83 200 dollari del 2007, circa 64 100 euro), in cabina di prima classe 150 dollari (o 30 sterline dell'epoca, pari a 2 975 dollari del 2007 o 2300 euro), in cabina di seconda classe 60 dollari (o 12 sterline dell'epoca pari a 1200 dollari del 2007, ovvero circa 930 euro), mentre un biglietto di terza classe solo 32-40 dollari (6-8 sterline dell'epoca, circa 595-793 dollari del 2007, fra i 458 e i 610 euro); inviare un telegramma privato di 10 parole dal servizio telegrafico di bordo costava 3,12 dollari (12 scellini e 6 pence di allora, l'equivalente di 62 dollari del 2007, 48 euro) e 9 pence per ogni parola aggiuntiva.[17] Una partita a squash 50 cent. ed una seduta al bagno turco 1 dollaro (rispettivamente 9 e 18 dollari odierni)[17].

Ed ora il calcolo degli stipendi del personale nel 1912 rapportati al controvalore di un secolo dopo (del 2012). Lo stipendio mensile del capitano Smith ammontava a 105 sterline (circa 6 050 dollari attuali), mentre quello di un marinaio era di 5 sterline al mese (290 dollari attuali), quello di una vedetta era di 5 sterline e 5 scellini (320 dollari attuali) e quello di una hostess era di 3 sterline e 10 scellini (attuali 190 dollari), mentre il salario medio di ciascun operaio addetto alla costruzione della nave era mensilmente pari a poco più d'una sterlina (corrispondente a circa 60 dollari odierni). I telegrafisti avevano stipendi diversi: a Philips spettavano 4 sterline e 5 scellini per il viaggio, mentre a Bride solo 2 sterline, 2 scellini e 6 penny.[18]

Il primo e unico viaggio del Titanic
La durata del viaggio inaugurale del grande transatlantico era prevista di otto giorni. Dopo la sua ultimazione, il 31 marzo 1912, la nave partì da Belfast il 2 aprile per giungere a Southampton due giorni dopo. La nave partì per il suo primo (e unico) viaggio il 10 aprile 1912 da Southampton (Regno Unito) alle 12:00 verso New York, comandata dal capitano Edward John Smith. Per lui, il viaggio del nuovo transatlantico costituiva l'ultimo comando prima del pensionamento, e rappresentava il coronamento di una lunga e brillante carriera durata oltre 40 anni.[5]

In una sua celebre dichiarazione aveva affermato di non riuscire a immaginare alcun tipo d'infortunio che potesse accadere a questi nuovi transatlantici, poiché la tecnica di costruzione era andata ben oltre gli incidenti che si potessero allora immaginare.[11] Egli volle al suo fianco un comandante in seconda più esperto di quello che gli era stato assegnato e all'ultimo momento chiese alla Compagnia di trasferire Henry Wilde al Titanic almeno per il viaggio inaugurale[11]. Wilde, che prima si trovava sull'Olympic, subentrò così a William Murdoch, il quale retrocesse al rango di 1° ufficiale; il 1° ufficiale Charles Lightoller diventò il 2° mentre il 2° fu trasferito (nello svuotare in fretta l'armadietto dei propri effetti personali, egli – inavvertitamente – pose in valigia pure le chiavi dell'armadietto in cui erano custoditi i binocoli). Sembra che Wilde non fosse entusiasta dell'improvviso cambiamento e prima dello scalo a Queenstown scrisse alla sorella: «Questa nave continua a non piacermi, mi dà una strana sensazione».[11]




Il Titanic al momento della partenza

Il capitano Edward John Smith
Molti passeggeri della seconda classe, precedentemente prenotati su altre navi, vennero dirottati sul Titanic a causa di uno sciopero nelle forniture di carbone. Tra loro viaggiava il ceto medio della popolazione, come impiegati, insegnanti e commercianti. La terza classe era affollata di emigranti provenienti da tutte le parti del mondo ed erano coadiuvati dall'interprete di bordo. In prima classe erano imbarcati alcuni degli uomini più in vista dell'epoca. Tra questi vi era il milionario John Jacob Astor IV, possessore di 150 milioni di dollari e proprietario di alcuni preziosi immobili tra cui il noto Waldorf-Astoria Hotel di New York

Vi erano inoltre l'industriale Benjamin Guggenheim (il cui fratello era titolare dell'omonima fondazione d'arte)[20], Isidor Straus (proprietario del centro commerciale Macy) e la moglie Ida, Washington Roebling (figlio del costruttore del ponte di Brooklyn), il Consigliere presidenziale statunitense Archibald Butt (che tornava in America dopo una missione diplomatica in Vaticano insieme al compagno, il pittore Francis Millet), Arthur Ryerson (il magnate americano dell'acciaio), George Widener (figlio del magnate dell'industria tranviaria statunitense), il giornalista William Thomas Stead, la contessa di Rothes, lo scrittore Helen Churchill Candee, lo scrittore Jacques Futrelle[3], i produttori di Broadway Henry e Irene Harris, l'attrice cinematografica Dorothy Gibson, la milionaria Margaret "Molly" Brown, Sir Cosmo Duff-Gordon e sua moglie, la contessa Lady Duff Gordon, George Elkins Widener e la moglie Eleonora, John Borland Thayer e molti altri.

Avevano invece rinunciato al viaggio Lord Pirrie e l'ambasciatore americano a Parigi. In prima classe viaggiava anche l'amministratore delegato della White Star, Joseph Bruce Ismay, che ebbe l'idea di costruire la nave e ne scelse il nome. Era pure presente il principale progettista, Thomas Andrews, che voleva constatare di persona gli eventuali problemi del primo viaggio. Andrews perse la vita nel naufragio, mentre Ismay s'imbarcò sull'ultima scialuppa disponibile, un battello pieghevole del tipo "Engelhardt".[11]

A causa del risucchio causato dalla partenza del Titanic, la piccola nave New York, ormeggiata nelle vicinanze, ruppe gli ormeggi e si avvicinò pericolosamente al gigante[6]. Il mancato incidente causò il ritardo di un'ora. Dopo avere attraversato La Manica, il Titanic arrivò in serata a Cherbourg, in Francia, dove sostò con tutte le luci accese, per poi partire alla volta di Queenstown (oggi Cobh) in Irlanda[6],dove scesero 7 passeggeri e si imbarcarono numerosi emigranti irlandesi. Ripartì da Queenstown alle 13:30 dell'11 aprile. L'ultima fotografia del Titanic in navigazione verso New York venne scattata poco prima che doppiasse lo scoglio di Fastnet rock.

Le ultime ore

L'unica fotografia disponibile dell'iceberg che affondò il Titanic, immortalato pochi giorni dopo il disastro dal marinaio cecoslovacco Stephan Rehorek.[21]
« Anche il giovane Jack Thayer fu colpito dalla bellezza del mare e del cielo, quella notte, giacché, indossato un caldo soprabito sull'abito da sera, passeggiò per qualche minuto su e giù per il ponte lance, deserto e solitario, dove il vento fischiava tra gli stralli e dai fumaioli uscivano torrenti di fumo nerastro. «Era una notte stellata», ricordò poi. «Non c'era luna e non avevo mai visto le stelle brillare più fulgide; sembrava che volessero staccarsi dal cielo. Era una di quelle notti in cui ci si sente felici di essere al mondo» »

Il 14 aprile, dopo quattro giorni di navigazione, verso le 13:30, il capitano consegnò a Bruce Ismay un messaggio appena ricevuto dal vapore Baltic, che segnalava la presenza di ghiaccio a 400 km sulla rotta del Titanic: tuttavia, il capitano non diminuì la velocità. Il direttore della White Star non diede eccessivo peso alla cosa e giudicò sufficiente spostare la rotta del transatlantico sulla Outward Southern Track, un corridoio di navigazione concordato per le navi di linea. I due uomini discussero anche della velocità decidendo di portarla al massimo possibile[8]. Nelle ultime 24 ore, infatti, erano state percorse ben 546 miglia e c'era la possibilità di arrivare a New York con un giorno di anticipo. Non fu mai chiarito di chi fu la responsabilità finale della decisione.

Comunque, l'eventualità di incontrare ghiacci era un fatto assolutamente normale e le navi di linea erano solite mantenere alta la velocità per assicurare l'orario. Questa verità fu confermata durante l'inchiesta britannica successiva al disastro, quando parecchi comandanti (John Pritchard, William Stewart, Alexander Fairfull, Andrew Braes e molti altri) furono interrogati al riguardo. La velocità veniva ridotta solo in caso di effettivo avvistamento, ma finché la visibilità era buona e le vedette allertate si poteva procedere normalmente. Durante il processo sulle cause del naufragio, vi fu chi ipotizzò che la compagnia di navigazione avesse espressamente richiesto di rimanere al di sopra dei 20 nodi di velocità al fine di assicurarsi il prestigioso "Nastro Azzurro" (Blue Ribbon).

Alle 13:45 arrivò un messaggio di "segnalazione iceberg" dal piroscafo Amerika, che inspiegabilmente non giunse al ponte di comando, mentre nel pomeriggio un altro avviso, questa volta dal Mesaba, non fu consegnato. I marconisti erano impegnati nell'invio dei numerosi messaggi privati dei passeggeri, che fin dal giorno prima si erano accumulati a causa di un guasto momentaneo all'apparecchiatura radio (i cavi del trasformatore secondario si erano bruciati)[11].

Verso le 21:00 la temperatura era scesa a un grado sopra zero e l'ufficiale di turno – Lightoller – aveva avvertito il maestro d'ascia che la scorta d'acqua sarebbe probabilmente gelata[11]. Circa a quell'ora, il comandante salì in plancia e discusse con Lightoller le condizioni eccezionalmente calme del mare. Prima di ritirarsi in cabina, Smith ordinò di chiamarlo se fosse accaduto qualcosa di strano[22] e di diminuire la velocità in caso di foschia[11]. L'abbassamento della temperatura indicava probabilmente che si stavano avvicinando ad un banco di iceberg[8] e Lightoller disse alle vedette di prestare attenzione ai ghiacci galleggianti, soprattutto a quelli di ridotte dimensioni detti growlers.

Alle 22:00 il 1° ufficiale Murdoch subentrò a Lightoller, dal quale ricevette gli ordini del comandante. Mezz'ora più tardi Murdoch rispose ad un messaggio per mezzo di una lampada Morse proveniente dal piroscafo Rappahannock, che incrociò il Titanic alle 22:30: lo informava di essere appena uscito da una banchisa circondata da iceberg.[11] Lo stesso Murdoch ordinò al lampista di chiudere i boccaporti sul castello di prua, in modo che la luce non ostacolasse la visuale delle vedette,[8] senza però risolversi a ridurre la velocità della nave. L'esperienza aveva infatti dimostrato che in condizioni normali una massa di ghiaccio era visibile grazie alle onde che si increspavano alla sua base. Tuttavia, con un mare assolutamente piatto come in quel momento, il margine di sicurezza era molto ridotto[11]. Durante l'inchiesta britannica, Lightoller specificò che «…l'oceano era liscio come la superficie di un tavolo o di un pavimento; era un fatto veramente eccezionale».

Alle 23:00 un importantissimo marconigramma giunse infine dal mercantile Californian, che sostava bloccato nella banchisa a poche decine di miglia a nord-ovest dal Titanic: nel messaggio veniva segnalata la presenza di un enorme campo di iceberg proprio sulla rotta del transatlantico, ma anche questo messaggio non venne recapitato in plancia. Anzi, il marconista Phillips rimproverò l'operatore del Californian per aver interrotto il suo lavoro con la stazione telegrafica di Capo Race, a Terranova. In generale, il risultato fu un atteggiamento di leggerezza e di eccessiva sicurezza che si impadronì di tutto l'equipaggio.

Collisione
Alle 23:40 (ora locale della nave, UTC-3), le vedette Frederick Fleet e Reginald Lee[24] videro un iceberg di fronte alla nave. Gli iceberg che affollano le rotte atlantiche settentrionali provengono sempre dalla costa occidentale della Groenlandia o dal Labrador ed impiegano 2-3 anni per giungere al 41° di latitudine nord, sospinti prima dalla fredda Corrente del Labrador che li preserva, poi dalla calda Corrente del Golfo che li scioglie lentamente. L'iceberg che affondò il Titanic era praticamente coevo alla nave che ne rimase vittima ed al momento dell'urto – in base a recenti calcoli – dovrebbe aver sviluppato una pressione di almeno 985 kg/cm² sull'acciaio della fiancata del transatlantico, quando l'acciaio stesso resiste fino ad una pressione di circa 690-750 kg/cm², in base al grado di purezza dalle scorie di fusione.

L'avvistamento avvenne "a occhio nudo" a causa della mancanza dei binocoli, e quindi in ritardo: si disse che la portata visiva della vedetta fosse di almeno 1 miglio in distanza, quando recenti simulazioni computerizzate, tenendo conto che quella notte non c'era il chiarore della luna ed il mare era "di calma piatta", attestano che la portata visiva non poteva superare i 450–550 m in distanza, troppo pochi per evitare la collisione alla velocità di 21 nodi a cui filava il bastimento: per evitare l'urto fatale, la velocità della nave non avrebbe dovuto superare i 9 nodi, il che avrebbe ritardato di tre giorni l'arrivo a New York: la zona in cui avvenne il disastro è nota per essere un'area interessata dagli iceberg durante la primavera e dagli uragani in estate – autunno ed è considerato un fatto eccezionale la contemporanea assenza di luna e di calma piatta del mare, ragion per cui, con la sola illuminazione stellare e senza il frangersi delle onde sulle pareti dell'iceberg, l'iceberg stesso non poteva che esser avvistato a meno di 500 metri dalla prua della nave.

La mancanza dei binocoli – si appurò al processo – era imputabile alla fretta di dover salpare da Southampton nei tempi previsti, ragione per cui non furono distribuiti a bordo già alla partenza. Il motivo è anche spiegabile con il rimpasto dell'equipaggio voluto dal comandante, in quanto il 2º ufficiale Blair (sostituito da Lightoller) prima del trasferimento diede istruzione di togliere dalla coffa i binocoli che lui stesso aveva portato[11]. In pratica, l'iceberg che le vedette si trovarono di fronte era pressoché invisibile: venne "avvistato" non direttamente, ma indirettamente in quanto la sua sagoma nera interrompeva la linea dell'orizzonte e lasciava una piccola porzione della volta celeste priva apparentemente di stelle.

Dopo l'avvistamento, Fleet suonò tre volte la campana e telefonò al ponte di comando dicendo "Iceberg dritto a prua! Iceberg dritto a prua!". Il capitano Edward John Smith era sceso nella sua cabina da mezz'ora ed al comando della nave era in quel momento il primo ufficiale, Murdoch, che comandò di virare immediatamente a sinistra, ordinando anche di mettere le macchine "indietro tutta", ma la nave viaggiava alla velocità di circa 22,5 nodi (velocità calcolata subito dopo dal 4º ufficiale Boxhall) e non riuscì a rallentare nel tempo necessario ad evitare l'impatto, in virtù dell'abbrivo del transatlantico. Inoltre, erano invertibili soltanto le due eliche laterali della nave, non l'elica centrale che doveva necessariamente esser arrestata, impedendo così il supporto della stessa alla manovra in atto.

Dopo il ritrovamento del relitto, in base alla posizione geografica, si scoprì che la velocità effettiva al momento della collisione era di circa 20,5 nodi. Inoltre, a posteriori, è stato ipotizzato che se Murdoch avesse mantenuto la direzione, la nave avrebbe subìto un violento impatto frontale contro l'iceberg, danneggiando i primi due compartimenti stagni e potendo probabilmente continuare la traversata verso New York. Il ghiaccio strisciò sulla dritta piegando le lamiere e provocando sei diversi squarci sotto la linea di galleggiamento. L'iceberg fotografato giorni dopo sul luogo del disastro pare esser proprio quello incriminato in quanto appariva colorato da due strisce, una nera e una sottostante rossa, i colori dell'inaffondabile Titanic. La collisione non fu avvertita in maniera significativa dai passeggeri delle classi prima e seconda in virtù del fatto che le loro cabine erano posizionate al di sopra della linea di galleggiamento e solo chi si trovava sul ponte si accorse della presenza dell'iceberg, pur senza rendersi conto della gravità dell'evento, in quanto piovvero frammenti di ghiaccio distaccatesi dalla massa dell'iceberg in seguito all'avvenuto impatto.

Dalle testimonianze dei superstiti, l'impatto non fu avvertito in prima classe, mentre venne descritto dai passeggeri di seconda classe come "una vibrazione ovattata", come "un botto sordo" dai passeggeri di terza classe, come un rumore "assordante di ferraglia" dai fuochisti, i primi che si resero conto dello sventramento della fiancata (testimonianza dell'unico sopravvissuto del locale caldaie N°. 6, il compartimento risultato più danneggiato in seguito all'impatto). Lightoller, che in quel momento si trovava lecitamente a letto nella sua cabina, testimoniò di aver avvertito soltanto «…un'interruzione nella monotonia del movimento». In seguito i superstiti descrissero l'impatto come «…il rotolare di migliaia di biglie», come «…se qualcuno avesse strusciato un enorme dito contro la fiancata della nave», o come se «…un pezzo di stoffa si fosse lacerato».[8] Ben diversa fu la reazione in sala macchine, dove i fuochisti erano intenti ad alimentare le caldaie. Uno di essi diede la seguente testimonianza: «All'improvviso la murata di dritta parve rovinarci addosso. Si sentì come uno scoppio di arma da fuoco e l'acqua cominciò a scorrere intorno; ci gorgogliò tra le gambe e noi ci precipitammo con un balzo nel compartimento successivo chiudendoci alle spalle la porta stagna. Non pensai, e nessuno lo pensò in quel momento, che il Titanic sarebbe potuto affondare»[27].

Prime fasi dopo l'impatto
Mentre l'acqua cominciava ad invadere i compartimenti, furono immediatamente chiuse le porte stagne e il capitano Smith ordinò di scandagliare la nave. Secondo gli studi compiuti durante la progettazione, la nave sarebbe potuta rimanere a galla anche con quattro compartimenti allagati in successione, ma non con cinque (le sei fessure aperte dall'iceberg interessarono infatti i primi cinque compartimenti prodieri). Inoltre, le paratie stagne non superavano il ponte "E", che si trovava all'incirca a metà dell'altezza della nave. A causa di questo l'affondamento della prua avrebbe fatto tracimare l'acqua verso gli altri comparti rendendo pressoché inutile il lavoro delle pompe idrauliche. La situazione apparve immediatamente drammatica; i 4 compartimenti di carico situati alla prua della nave in 10 minuti imbarcarono più di 4 metri d'acqua causando un conseguente primo abbassamento della carena viva di 2° che facilitò l'ingresso dell'acqua all'interno degli altri compartimenti e del primo dei compartimenti caldaie già colpito dall'iceberg (quinto compartimento da prua). La chiusura istantanea delle paratie non permise, almeno in un primo tempo, di rallentare il flusso d'acqua nei compartimenti stagni di prua ormai destinati ad essere allagati completamente.

Sebbene le paratie fossero state chiuse prontamente, l'intervento delle pompe non facilitò l'evacuazione dei compartimenti caldaie in cui si registrarono le prime vittime: infatti la mancata chiusura di alcuni regolatori di pressione delle caldaie dei primi compartimenti durante le manovre d'inversione permise la fuoriuscita di vapori che compromisero l'evacuazione. Dopo i primi 15 minuti tutti i locali caldaie furono evacuati; allo stesso tempo alle sale macchine e alle zone turbine fu ordinato di arrestare completamente la propulsione ma non fu detto loro di abbandonare i posti e di conseguenza tutti i banchi elettrici degli alternatori rimasero in funzione sino alle ultime fasi dell'affondamento; tutti i macchinisti morirono nell'atto di ritardare il più possibile il triste destino della nave con l'ausilio delle pompe, azione che sarebbe poi stata ostacolata dall'allagamento dei ponti superiori dove si trovavano le stesse. Per tutto il tempo, dopo il contatto con l'iceberg fino all'affondamento, dai fumaioli uscì un forte sibilo dovuto ad una contromisura adottata per evitare lo scoppio delle caldaie ancora attive facendo fuoriuscire vapore in eccesso per ridurre la pressione.

L'allagamento delle sale macchine, ed in particolare la sala delle turbine elettriche, procedette per gradi e fu notevolmente ritardata dalle chiusure stagne e dalle pompe: questo fornì energia elettrica per il funzionamento delle apparecchiature e per l'illuminazione necessarie per le operazioni di evacuazione della nave. Dopo la completa chiusura del reparto caldaie e di tutte le 16 paratie stagne, la situazione risultava essere la seguente: 5 dei 6 compartimenti interessati al contatto con l'iceberg imbarcavano acqua molto rapidamente; 21 delle 29 caldaie erano ancora accese (si vide necessario dunque aprire gli sbocchi per il vapore per evitare l'esplosione); macchine completamente ferme; alternatori ed impianti elettrici funzionanti; inizio inabissamento della prua e della carena frontale con progressivo innalzamento della poppa (ancora poco evidente) e con conseguente inclinazione dello scafo a babordo (lato sinistro); progressivo allagamento dei compartimenti stagni (l'ingresso di tale quantità d'acqua avrebbe, infatti, determinato un "effetto domino" con tutti gli altri compartimenti proprio perché le chiuse stagne erano state progettate per raggiungere soltanto metà dell'altezza della nave); inizio procedure d'evacuazione dei passeggeri dalla nave.

I calcoli effettuati da Thomas Andrews rivelarono che il transatlantico sarebbe affondato entro un'ora e mezza o due ore al massimo. Fu dato quindi l'ordine di abbandonare la nave secondo le regole: Wilde si occupò delle lance, Murdoch chiamò i passeggeri a raccolta, il 6º ufficiale Moody preparò la lista delle assegnazioni di ogni barca, il 4º ufficiale fu mandato a svegliare gli altri[8]. Bisognava assolutamente evitare di diffondere il panico, per quanto la situazione sembrasse ancora relativamente sicura. In effetti, l'unica anomalia era costituita dal terribile sibilo del vapore che fuoriusciva dalle valvole dei fumaioli, onde impedire lo scoppio delle caldaie. Lightoller raccontò che il vapore faceva un tale frastuono che mille locomotive rombanti in un tunnel non sarebbero riuscite ad eguagliarlo. Perfino i marconisti, il cui alloggio si trovava dietro la base del fumaiolo n. 1, avevano difficoltà a sentire le trasmissioni radio. «Non sentiamo nulla per il rumore del vapore», fu il messaggio ricevuto una ventina di volte dal piroscafo giapponese Ypiranga. In seguito, il comandante riuscì a farlo diminuire.[11]

Il Titanic era dotato di 3 560 salvagenti individuali ma di sole 16 lance (più 4 pieghevoli) per una capacità totale di 1178 posti, insufficienti per i passeggeri e l'equipaggio. Le operazioni di carico si svolsero rispettando l'ordine del capitano, che indicava di far salire "prima le donne e i bambini".[28][29] L'equipaggio equivocò questo ordine impedendo agli uomini di salire sulle lance, ma in realtà il capitano intendeva dire che gli uomini sarebbero potuti salire in seguito se fosse rimasto spazio libero.[30] La prima scialuppa fu calata alle 00:40 dal lato destro con sole 28 persone a bordo; poco dopo ne fu calata una con solo 12 persone, sebbene le loro capacità fossero di 65 passeggeri. Sprecando tre quinti dei posti disponibili, molte delle lance vennero calate in mare mezze vuote.

Da parte loro i passeggeri tendevano a considerare la faccenda uno scherzo: se qualcuno aveva il salvagente veniva preso in giro, mentre altri esibivano blocchetti di ghiaccio come souvenir[11]. L'orchestra si posizionò addirittura nel salone di prima classe e cominciò a suonare musica sincopata; si spostò poi all'ingresso dello scalone sul ponte lance.


I componenti dell'orchestra suonarono durante il naufragio.
« Tutto avveniva in termini così formali che era difficile rendersi conto della situazione. Uomini e donne, in piedi, a gruppetti, conversavano. Era uno spettacolo irreale, sembrava un dramma recitato per divertimento. Gli uomini, dopo aver fatto accomodare una signora sulla lancia, dicevano "dopo di lei" e facevano un passo indietro. Molti fumavano, altri passeggiavano. »
Un'altra testimonianza riporta:

« Un po' di tempo dopo, non ricordo con precisione ma comunque parecchio tempo dopo, fu dato l'ordine a tutte le lance di raggrupparsi e uno degli ufficiali disse che non erano state caricate al massimo. In effetti i passeggeri non erano ben distribuiti: ad esempio sulla mia scialuppa non c'era nessuno in grado di remare. L'ufficiale disse allora che, siccome non era stata caricata correttamente, l'avrebbe vuotata, trasferendo due persone su una, quattro sull'altra, tre in un'altra ancora e sei in un'ultima. Nel corso di tutti questi spostamenti, particolarmente angoscianti nel mezzo di un oceano nero per l'oscurità della notte, io mi trovai separato da mia madre.[32] »
I passeggeri di prima e seconda classe ebbero facile accesso al ponte lance tramite le scale che conducevano al ponte, mentre i passeggeri di terza ebbero notevoli difficoltà a trovare il percorso. Del totale dei passeggeri di terza classe se ne salvò solo un terzo, dando origine alla "leggenda" – supportata da alcune testimonianze – secondo cui vennero intenzionalmente trascurati.[33]


La posizione registrata del Titanic al momento dell'impatto fu 41° 46' N 50° 14' O. Il relitto fu trovato al 41° 43' N 49° 56' O.
L'ordine di far salire donne e bambini di terza classe sul ponte lance pare che fosse arrivato alle 00:30, quando un cameriere guidò piccoli gruppi di persone attraverso il dedalo di passaggi e il largo corridoio detto Scotland Road sul ponte E].

Intanto, poco dopo mezzanotte, il 4º ufficiale Boxhall scorse le luci di una nave a circa 10 miglia di distanza (si trattava del Californian) e fu autorizzato da Smith a sparare gli otto razzi di segnalazione, uno ogni cinque minuti, senza alcun risultato.[8][11]. Più o meno allo stesso momento, il comandante si recò personalmente in sala radio a consegnare una richiesta di aiuto ai due marconisti[11] i quali, dopo aver usato il CQD, a partire dalle 00:45 cominciarono ad inviare l'SOS, il nuovo segnale di soccorso che aveva sostituito ufficialmente dal 1908 il precedente CQD. I marconisti si servivano raramente del nuovo segnale, che cominciò ad essere utilizzato universalmente dopo che Harold Bride lo usò a bordo del Titanic. A quell'epoca, inoltre, non tutte le navi avevano un servizio radio. Diversi bastimenti risposero, tra cui l'Olympic[34], ma erano tutti troppo lontani per intervenire in tempo.

Il primo uomo ad aver ricevuto una richiesta di soccorso è stato Arthur Moore[35]. La nave più vicina era il Carpathia, distante 58 miglia; il marconista Cottam restò allibito quando ricevette un messaggio di soccorso dal celebre transatlantico al viaggio inaugurale e svegliò di corsa il capitano Arthur Rostron per comunicare la notizia[11]. Subito fu dato ordine di invertire la rotta e dare tutto vapore, ma il Carpathia sarebbe giunto sul posto in non meno di quattro ore. Nell'ultimo messaggio ricevuto dal Carpathia, alla 1:45, il marconista inviò: «Vieni il più presto possibile, amico. La nostra sala macchine si sta riempiendo fino alle caldaie.»[36]

Un'ora dopo l'impatto con l'iceberg, il Titanic aveva imbarcato almeno 25 milioni di litri d'acqua[37] (pari a circa 25.000 tonnellate) e la situazione cominciò ad assumere aspetti drammatici; il ponte di prua si stava inondando e tutte le lance tranne due si erano già allontanate. A bordo rimanevano ancora più di 1 500 persone. Alcuni passeggeri tentarono di assaltare le ultime lance ed il 5º ufficiale Lowe si vide costretto a sparare alcuni colpi di pistola in aria per allontanare la folla[8]. Anche il Commissario di bordo sparò due colpi di pistola in aria, mentre Murdoch sventava un assalto alla barca n.15[11].

Archibald Gracie ricorderà in seguito che l'orchestra di bordo continuò a suonare almeno fino all'1:40 circa[38]. Riferì anche che alcuni suoi conoscenti (i signori Millet, Moore, Butt e Ryerson), una volta accortisi che non c'erano più lance, si misero a giocare a carte indifferenti a quel che accadeva[39]. La signorina Katherine Gold (una cameriera che si trovava a bordo di una delle lance) vide da lontano tanti uomini seduti sul ponte A al suono di un ragtime. Udì anche un valzer ma non ricordò quale[38].

L'ultimo brano suonato dall'orchestra fu un inno religioso, forse Autunno o più probabilmente Nearer, My God, to Thee (Più vicino a te, mio Dio). Particolarmente preziosa è la recente testimonianza di Eva Hart, che all'epoca del disastro aveva 7 anni:

« Non c'è dubbio su quello che suonarono. Quando eravamo in acqua si misero a suonare una delle tre versioni di Nearer, My God, to Thee. Ne esistevano tre diverse versioni e quella che eseguirono la ascoltavo sempre in chiesa. In America quella versione non c'era ed è per questo che gli americani sostengono che non era quello il motivo suonato.[40] »
Tutti i musicisti morirono nel naufragio.

Fasi finali dell'affondamento
Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, e tramite le ricostruzioni effettuate grazie al relitto, si è stabilito che verso l'1:30 la prua della nave era completamente sommersa, con la poppa fuori dall'acqua. Prima di ritirarsi in plancia, sembra che il capitano avesse invitato i passeggeri ad esser galantuomini («Be British!», siate inglesi), diramando poi l'ordine «Save yourselves, if you can!» (si salvi chi può) liberando l'equipaggio dal suo lavoro. Thomas Andrews, il costruttore, aveva trascorso le ultime ore cercando di rassicurare passeggeri e camerieri incitandoli ad indossare i salvagente («Dabbasso è in pezzi ma non affonderà se reggono le paratie poppiere»)[41]. Alla fine fu visto dal cameriere John Stewart, in piedi, nel salone fumatori, con lo sguardo fisso su un quadro: Il porto di Plymouth, del pittore Norman Wilkinson.[42]

Il cameriere (che riuscì a salvarsi) gli chiese se non voleva fare nemmeno un tentativo, ma Andrews «…restò lì come inebetito»[11] Ida Straus rifiutò di salire sull'ultimo posto dell'ultima scialuppa per restare accanto al marito, Isidor Straus. Anche di Benjamin Guggenheim si ha una testimonianza curiosa, secondo la quale egli rifiutò il salvagente indossando l'abito da sera insieme al suo segretario. «Ci siamo messi gli abiti migliori e affonderemo come gentiluomini.»[8][11][42] La frase passò alla storia ma non è chiaro a chi fosse rivolta. Il direttore del ristorante, monsieur Gatti, se ne stava in disparte in mantello e tuba, mentre il milionario J.J. Astor – che si era visto rifiutare da Lightoller un posto nella scialuppa n. 4 accanto alla moglie[8] – rimase sul ponte lance fino alla morte. Si disse che avesse messo in testa ad un ragazzino un cappello da bambina dicendo «Ecco, adesso puoi andare»[11].

Poco dopo le 2:00 Lightoller tentò di calare in mare il battello pieghevole B arrampicandosi sul tetto degli alloggi ufficiali, ma non ci riuscì. Il pieghevole A venne portato via dal risucchio galleggiando capovolto. Il D venne calato in mare con 44 persone a bordo (la capacità era di 47) dopo che Lightoller e i suoi marinai lo difesero dall'assalto dei passeggeri tenendosi per le mani formando una catena umana[8]. Queste lance erano le ultime lance rimaste a disposizione. Il colonnello Gracie riferì che in quel momento una folla immensa proveniente dai ponti inferiori emerse coprendo tutto il ponte lance: si trattava dei passeggeri di terza classe rimasti fino ad allora sottocoperta[8]. Circa un centinaio di persone si radunarono intorno a due sacerdoti e cominciarono a recitare il rosario[43]. Con loro arrivarono anche tutti i macchinisti, che avevano lavorato alle pompe ritardando il più possibile l'affondamento e assicurando la luce elettrica fino quasi alla fine. I macchinisti morirono tutti[44].


L'affondamento in un dipinto d'epoca di Willy Stöwer.
Verso le ore 2:10 la poppa si era sollevata al punto da formare un angolo di 30° con la superficie del mare, stagliandosi contro il cielo stellato. La forza terrificante generata dall'emergere dello scafo provocò il lento schiacciamento della chiglia e la dilatazione delle sovrastrutture, che portarono lo scafo quasi al punto di rottura[37]. Secondo i calcoli effettuati dagli scienziati della spedizione del 1997[37], sul Titanic agì in quel momento una pressione di tre tonnellate per centimetro quadrato. La ciminiera di prua si staccò, mentre l'acqua ruppe i vetri della cupola e inondò lo scalone riversandosi nella nave.

Il testimone oculare Jack Thayer, da bordo di una lancia, rese questa testimonianza:

« Il ponte era leggermente girato verso di noi. Si vedevano mucchi dei quasi 1500 passeggeri rimasti a bordo che si affastellavano come sciami d'api, ma solo per ricadere a gruppi, a coppie, da soli, mentre circa 80 metri di scafo si alzavano formando con la superficie un angolo di circa 70°. Poi la nave, e con essa il tempo stesso, sembrarono fermarsi. Infine, gradualmente, il ponte si girò, come a voler nascondere l'orrendo spettacolo alla nostra vista. »
(Testimonianza di Jack Thayer[8])
Alle ore 2:15 il circuito elettrico dell'intero scafo s'interruppe all'improvviso e si udirono rumori cupi di "strappi e fratture"[45], come se le caldaie e le macchine si fossero staccate dalle loro sedi precipitando in avanti; la poppa sembrò improvvisamente arretrarsi e abbassarsi, evidente segno che lo scafo si era spezzato in due tronconi. Le testimonianze contraddittorie dei superstiti fanno pensare che la rottura non si sia verificata fuori dalla superficie dell'acqua, e ciò che sicuramente si vide fu la repentina minore inclinazione della parte poppiera[46].

Jack Thayer riferì ancora:

« Improvvisamente, tutta la struttura del Titanic sembrò rompersi in due, abbastanza chiaramente sulla parte anteriore, una parte s'inclinava e l'altra si ergeva verso il cielo.[47] »
Lawrence Beesley aggiunse:

« Prima che il ponte fosse completamente sommerso, il Titanic s'innalzò verticalmente per tutta la sua lunghezza e, forse per 5 minuti, vedemmo almeno 150 piedi della nave alzarsi sopra il livello del mare, diretta contro il cielo; poi precipitando obliquamente disparve sott'acqua.[48] »
L'acqua penetrò all'interno della crepa di spezzamento e velocizzò l'affondamento del troncone di prua (nonostante ancora non si fosse completamente staccato dal troncone di poppa), consentendo alla poppa di rialzarsi perpendicolarmente; nel frattempo la prua si staccò e si inabissò, lasciando galleggiare la poppa per qualche minuto[49].

Il colonnello Gracie, che era stato risucchiato in acqua da un vortice poco prima della fine[36], scrisse nel suo libro La verità sul Titanic:

« Nella zona di cui parlo, fin dove riuscivo a vedere, salivano al cielo le grida più atroci mai udite da uomo mortale, se non da chi sopravvisse a quella terribile tragedia. I gemiti e i lamenti dei feriti, le urla di chi era in preda al terrore e lo spaventoso boccheggiare di chi annegava, nessuno di noi lo dimenticherà più fino al giorno della sua morte.[11] »
Alle 2:20 anche la parte poppiera si inabissò, portando a termine la breve vita del Titanic.

Ricostruzione a posteriori della dinamica dell'affondamento
La dinamica dell'affondamento venne ricostruita a posteriori dalle inchieste parallelamente aperte dal Congresso statunitense (gran parte dei naufraghi della prima e della seconda classe erano cittadini statunitensi e praticamente tutti i passeggeri della terza classe erano in procinto di diventarlo) e dal Ministero del Commercio britannico (tenutasi presso la Scottish Drill House) che seguirono il naufragio, tra l'aprile ed il luglio del 1912.[50] Nel corso di queste inchieste alcuni testimoni indicarono che – come effettivamente appurato al momento del ritrovamento del relitto settant'anni più tardi – lo scafo si squarciò rompendosi in due tronconi (un testimone addirittura eseguì un bozzetto delle fasi dell'affondamento), mentre altri non furono in grado di confermare l'accaduto. Gli ingegneri navali smentirono categoricamente la possibilità che la pressione idrostatica avesse potuto prevalere sulla tenuta dell'acciaio e che – quindi – il transatlantico si fosse spezzato, ma le testimonianze dei pescatori dell'isola di Terranova confermarono l'accaduto in quanto avevano recuperato, tanto al largo, quanto a riva, per alcuni mesi dopo il naufragio diverse tavole di mogano e di ebano (presenti nei rivestimenti delle cabine di prima classe) e di tek (di provenienza dal ponte della nave). La compagnia di navigazione – dal canto suo – appoggiò la versione dell'affondamento del transatlantico integro per evidenti motivi d'immagine. Dalle innumerevoli fotografie scattate negli abissi ove il relitto giace, a partire dal 1985, appare ora possibile ricostruire il drammatico affondamento della nave, che non avvenne, come descritto nella relazione finale delle inchieste «…scivolando lo scafo integro sotto le onde dell'oceano, andando, quindi, ad adagiarsi dolcemente sul fondo.» Gli istanti finali della vita del Titanic furono spaventosamente violenti e dipingono un drammatico e raccapricciante quadro di distruzione a carico della nave:

la nave, strisciando la fiancata destra, urta lateralmente l'iceberg alle ore 23:40 di domenica 14 aprile 1912. L'impatto, avvenuto ad una velocità di crociera di 21 nodi, deforma in modo permanente una sezione del lato di dritta lunga almeno 90 metri. Ciò si traduce nello squarcio di ben sei compartimenti stagni in quanto i rivetti, per l'immane pressione, saltano uno dopo l'altro creando almeno sei fenditure tra le piastre d'acciaio che – a mo' di mosaico – erano imbullonate sull'intelaiatura dello scafo. Da quel momento in poi l'affondamento era inevitabile, sebbene alcuni altri fattori possano aver contribuito ad accelerare il processo in atto, siano essi fattori umani (alcuni membri dell'equipaggio aprirono il portello di murata di sinistra nel fallimentare tentativo di calar in mare delle lance da un'altezza inferiore; poiché lo scafo aveva iniziato ad inclinarsi a babordo, il portello non poté più essere richiuso, e quando – verso l'1:50 di lunedì 15 aprile 1912 – la prua s'era abbastanza abbassata, l'acqua entrò copiosamente anche da quell'apertura), o progettuali (la cupola in cristallo che sovrastava il salone della scalinata di poppa non resse alla pressione dell'acqua che pochi secondi; la sua disintegrazione permise all'acqua di inondare assai rapidamente i compartimenti interni della nave). La manovra d'allontanamento della nave dall'iceberg risparmiò i danni al timone ed alle eliche, come era negli intenti dell'ufficiale al comando, il quale – tuttavia – sottovalutò alcuni importanti fattori quali il fatto che l'iceberg era alto circa 30 m nella parte emersa (il che significa che era profondo circa 270 m nella parte sommersa che, approssimativamente rappresenta circa i 9/10 delle dimensioni totali), che l'inerzia della nave lanciata a circa 21-22 nodi non poteva evitare la collisione con un iceberg intravisto in condizioni d'emergenza (ad occhio nudo, di notte, all'ultimo istante) nemmeno con l'inversione della propulsione (che, in ogni caso interessava unicamente le due eliche laterali in quanto l'elica centrale non era invertibile, ma – al massimo – arrestabile), che l'urto frontale non avrebbe fatto affondare la nave (in quanto la deformazione della prua avrebbe allagato al massimo quattro compartimenti stagni);
dopo aver imbarcato acqua per due ore, inutilmente contrastata dal pieno regime delle pompe che lavoravano per espellerla, la prua inizia ad inabissarsi all'1:50 di lunedì 15 aprile 1912. La prua, nel contempo, inizia ad inclinarsi a babordo. A questo punto iniziano ad esser calate le lance, che erano in numero di venti perché la compagnia armatrice ne aveva radiate quattro in quanto «toglievano spazio e visuale sul ponte della camminata»;
alle 2:15 la prua è pienamente sommersa e la pressione dell'acqua piega in avanti il fumaiolo della prima sala-macchine staccandolo. L'acqua penetra anche da questa nuova falla accelerando l'affondamento della nave;
verso le ore 2:20 la prua è interamente sommersa e – di conseguenza – la poppa s'innalza con un angolo di 30° sulla superficie dell'oceano, mettendo in mostra eliche e timone. Il tutto si traduce in una catastrofica sollecitazione sul fulcro della leva, sito tra il secondo ed il terzo vano-macchine. A questo punto la pressione dell'acqua stacca il secondo fumaiolo espellendolo verso destra. Il Titanic si spezza in quel punto quando, circa cinque minuti dopo, l'affondamento continuato della sezione prodiera aveva innalzato a 90° l'intera sezione poppiera;
la rottura dello scafo avviene quando la nave è già sommersa (per il troncone di prua) ed emersa (per il troncone di poppa). Esso inizia procedendo dall'alto (quindi nella parte ancora emersa) e diffondendosi a tutto spessore fino al doppiofondo della nave che resiste per qualche istante tenendo per poco uniti i due tronconi in cui s'era diviso lo scafo. Ciò smentisce gli ingegneri navali e le loro dissertazioni durante i processi tenutisi a Londra ed a New York: non è la pressione idrostatica a frantumare l'acciaio dello scafo, bensì la forza di gravità agente sulla parte prodiera appesantita dall'acqua che tende inevitabilmente a sprofondare e sulla sezione poppiera innalzatasi quasi ad angolo retto sulla superficie dell'oceano (in sostanza, la causa ultima fu il peso eccessivo della poppa, innalzato di 70-90 metri sulla superficie dell'oceano). La rottura dello scafo avvenne con un modo non dissimile dalla tipica frattura "a legno verde" dell'osso, ben nota in ortopedia;
questo evento fa espellere con violenza il terzo fumaiolo, che per poco non piomba su una scialuppa e sui suoi occupanti. La rottura dello scafo non avviene in modo improvviso: le lamiere iniziano prima a contorcersi, poi a fendersi, quindi a fratturarsi e, nel giro di pochi secondi, la sollecitazione di flessione raggiunge il livello massimo tale da vincere la resistenza opposta dall'acciaio. Lo scafo si spezza in due tronconi lasciando cadere verticalmente verso il fondo gli oggetti pesanti (la terza caldaia in primis), mentre la poppa beccheggia a sinistra, scaraventando le persone ancora a bordo contro il parapetto di babordo;
alle 2:25 la sezione di prua, ancora intatta nella struttura, affonda per prima ed inizia la discesa mentre le sezione poppiera – liberatasi dalla zavorra della prua allagata – rimane sollevata a 90° per un istante, ripiombando sulla superficie dell'oceano in un attimo, iniziando ad imbarcare acqua e si trovava ancora emersa. Separata e liberata dalla poppa, la prua inizia la sua discesa nel baratro mantenendo una forte inclinazione, circa 75°;
la poppa rimane a galla, in posizione orizzontale solo pochi istanti, giacché l'acqua irrompe copiosa dallo squarcio anteriore, facendola inabissare. L'ultima sezione della poppa si riposiziona in verticale. Prima di scomparire definitivamente dalla vista fa rotolare fuori dallo squarcio tutti gli oggetti pesanti, che s'avvitano velocemente verso il fondo. Da questo momento, i due tronconi della nave cessano di comportarsi come unica sezione ed affondano seguendo traiettorie differenti;
la sezione prodiera, pertanto, plana mantenendo un'accentuata angolazione per 3 800 metri verso il fondo, ad una velocità di circa 30 nodi: la conformazione idrodinamica della prua si accentua, avendo essa perso le due restanti ciminiere quasi in linea retta, inclinandosi molto per i primi 1 200 metri di discesa. L'albero di trinchetto si stacca piombando sulla plancia di comando, devastandola, quando la pressione dell'acqua riesce a vincere la tenuta delle saldature (vale a dire verso i 300 metri di profondità). Poco dopo si frantuma la timoniera. La veloce discesa della prua trascina dietro al troncone una colonna d'acqua del peso di 50 tonnellate;
il troncone di poppa discende verticalmente, ribaltandosi e roteando a spirale in senso orario su se stesso. Per prima viene persa la sezione corrispondente al punto di frattura dello scafo, già lesionata, ovvero l'intera sezione compresa tra il secondo ed il quarto fumaiolo, che precipita sul fondo dritta, aprendo un cratere da impatto e scomponendosi in quattro sottosezioni, tutte presenti ad est di dove precipiterà la sezione poppiera rimanente. La repentina pressione dell'acqua e dell'aria fa letteralmente "esplodere" a circa 150 metri di profondità sia la sezione centrale, che la sezione poppiera (le sacche d'aria rimaste intrappolate al loro interno implodono e disintegrano i compartimenti-stagni). A questo punto, l'intera sezione poppiera si rigira e precipita nell'abisso con la zona puntata (il timone) verso il basso, perdendo nella discesa intere sezioni di ponti, distaccate al momento dell'esplosione. Il crollo dei ponti l'uno sull'altro provoca la lacerazione delle lastre dello scafo, il distacco del doppio fondo, la parziale rottura dell'intera struttura, il suo piegamento, la sua deformazione, il suo schiacciamento e la sua parziale disintegrazione; nell'esplosione si staccano cinque caldaie, del peso di 50 tonnellate cadauna, che precipitano poco lontano dalla poppa e molti altri oggetti e zolle di carbone, che, invece, la corrente farà posare dolcemente sul fondo a debita distanza dopo parecchie ore, visto il loro peso contenuto;
a causa della forma allargata, entrambe le sezioni, di prua e di poppa, alternano momenti di caduta (con angolo compreso tra i 75° ed i 90°), in cui acquistano velocità, a momenti di stallo (con angoli di 15°-20°), in cui la riducono. In cinque minuti di discesa inarrestabile entrambe le sezioni del relitto raggiungono ed impattano il fondale marino distruggendosi nel contraccolpo;
la prua penetra nel fango del fondale marino con un angolo di 20° ed una velocità di circa 30 nodi, cosicché la punta si conficca per 18 metri nel fango, arandolo, mentre il contraccolpo violento piega l'intera sezione incurvandola con la concavità rivolta verso il basso e rompe lo scafo. A questo punto, dopo qualche istante, s'abbatte sul relitto anche la colonna d'acqua che la prua si trascinava dietro. La colonna d'acqua completa la devastazione in quanto piomba sulla prua con un peso di 50 tonnellate alla velocità di 30-40 nodi, comportandosi a mo' di rullo compressore, schiacciando i ponti, facendo saltare le giunzioni delle finestre (che – da chiuse – si aprirono) e facendo espellere il portellone del boccaporto di prua, che viene eiettato ad 80 metri avanti alla prua. La parte posteriore della prua si accascia facendo accartocciare le lamiere di entrambe le fiancate e facendo crollare i ponti;
il troncone di poppa s'incunea nel fango del fondale col timone seguendo un angolo di circa 25° e viene completamente devastato dallo schianto, con la distruzione totale dei ponti e delle fiancate, che si piegano con un angolo di 90°. La carena dello scafo, nella sezione poppiera, pesantissima a causa delle motrici alternative (che erano rimaste al loro posto), si schianta sul fondo con una tale violenza che i ponti crollano l'uno sull'altro. Il collasso dei ponti ricopre di lamiere entrambe le fiancate ed il contraccolpo dovuto all'impatto sul fondale limaccioso sradica l'albero di poppa facendolo abbattere su ciò che rimane dei ponti;
i due tronconi si dispongono a circa 600 metri di distanza l'uno dall'altro, la prua (la porzione più consistente del relitto) in direzione nord-est, separata dalla maggior parte dei reperti, e la poppa – rivolta col timone verso la prua – a sud-ovest, circondata da suppellettili e porzioni d'infrastrutture d'ogni genere. La sezione centrale giace, invece, ad est delle altre due sezioni, irriconoscibile per le devastazioni subìte. Dietro la prua, il fango del fondale è tuttora disposto a ventaglio per effetto dell'onda d'urto dell'impatto della sezione col fondale oceanico. Essi giacciono sull'ultimo tratto della scarpata continentale in un'area di lieve pendio;
nelle ore successive, i detriti raggiungono il fondale e si posizionano intorno al relitto. Il campo in cui giacciono i rottami si trova al confine tra la scarpata continentale nordamericana e la piana abissale atlantica, in un lieve e dolce declive. Il campo dei rottami copre un'estensione di fondale di circa 400 hm². Le vorticose correnti sottomarine modificano continuamente il fondo oceanico, spostando sedimenti e dune che ora ricoprono ed ora scoprono i reperti, molti dei quali tuttora giacciono sotto il fango. Alcune dune, in molti casi, sono – addirittura – più larghe, lunghe ed elevate delle sezioni di prua e di poppa della nave. Con ogni probabilità, se non viene corroso prima dai batteri che si nutrono di ferro, l'intero relitto potrebbe venir sepolto sotto il fango nell'arco del prossimo mezzo secolo.
Le operazioni di salvataggio[modifica | modifica wikitesto]
Exquisite-kfind.png Lo stesso argomento in dettaglio: Passeggeri del RMS Titanic.

Sopravvissuti a bordo di una zattera smontabile, visti da bordo del Carpathia.
La quasi totalità dei 706 superstiti risultò consistere nelle persone che avevano preso posto sulle lance, mentre pochissimi furono i superstiti tra quanti si trovavano a bordo del Titanic nella fase finale dell'affondamento. La temperatura era di circa 0 gradi e tutti coloro che erano in mare avrebbero potuto resistere al massimo 10 minuti prima di assiderarsi. Infatti, gran parte dei naufraghi morì appunto per ipotermia e non per annegamento, dato che quasi tutti indossavano il giubbotto salvagente. Nessuno fu vittima degli squali (peraltro presenti anche a quelle latitudini). Delle circa 1550 persone che erano a bordo del Titanic nella fase conclusiva dell'affondamento, quando 18 delle 20 lance erano state calate (le rimanenti due, le pieghevoli «A» e «B», non poterono essere correttamente calate e furono trascinate in mare quando la nave affondò), i sopravvissuti furono circa 50-60.

Otto membri dell'equipaggio, due dei quali morirono per ipotermia dopo il salvataggio, furono recuperati dalla scialuppa numero 4, la penultima a lasciare la nave, che, al comando del timoniere Walter Perkis, si era trattenuta nei pressi del transatlantico allo scopo di imbarcare altri passeggeri dai portelloni laterali (che però furono trovati chiusi) e che si avvicinò agli uomini in mare, recuperando quelli che riuscirono a raggiungerla a nuoto


Due lance di salvataggio del Titanic fotografate da bordo del Carpathia; la scialuppa sulla destra è la n. 14, sulla quale si trovava il 5º ufficiale Harold Lowe
Altri quattro naufraghi, uno dei quali deceduto dopo il recupero, vennero tratti in salvo dalla scialuppa n. 14, che, al comando del quinto ufficiale Harold Godfrey Lowe, fu l'unica imbarcazione a tornare verso il gruppo dei naufraghi in cerca di superstiti. Ad eccezione delle persone recuperate dalle lance 4 e 14, gli unici altri superstiti tra quanti erano a bordo del Titanic nei suoi minuti finali furono 40-50 persone che riuscirono a raggiungere i relitti delle lance pieghevoli «A» e «B».

Venti o trenta naufraghi riuscirono a raggiungere la pieghevole «A», rimasta alla deriva semiallagata (all'interno vi erano 30-35 centimetri d'acqua) e con i fianchi di tela abbassati (tanto che i superstiti dovettero trascorrere ore con l’acqua alle ginocchia), ma molti di essi (alcuni dei quali non erano riusciti a salire sull’imbarcazione, ma solo ad aggrapparsi al suo bordo, in particolare gli ultimi arrivati, già troppo sfiniti ed assiderati per riuscire a salire) morirono di ipotermia nel corso della notte[70], mentre i sopravvissuti, il cui numero non è mai stato del tutto accertato ma risulterebbe verosimilmente ammontare ad una cifra compresa tra le 14-15 (nove o dieci passeggeri – tre di prima classe e sei o sette di terza classe – e cinque membri dell'equipaggio) e le 18-20 persone, vennero recuperati, la mattina seguente, dalla scialuppa numero 14.

Tra i superstiti della pieghevole «A» vi fu anche Rhoda Mary Abbott, l'unica donna sopravvissuta a non essere salita su una scialuppa prima del definitivo inabissamento[51]. Alcune decine di superstiti si arrampicarono invece sul relitto della pieghevole «B», che si era capovolta, ma alcuni dei naufraghi (tre o quattro, secondo quanto riferito dai superstiti), tra cui il primo radiotelegrafista John George Phillips (e probabilmente anche il passeggero di terza classe David Livshin), morirono anch’essi d’ipotermia nel corso della notte, mentre 30 superstiti (11 passeggeri – tre di prima classe, uno di seconda classe e sette di terza classe – e 19 membri dell’equipaggio) vennero presi a bordo, la mattina successiva, dalle lance 4 e 12[51][73]. Tra i superstiti della pieghevole «B» vi furono il secondo ufficiale Charles Herbert Lightoller, il secondo radiotelegrafista Harold Sidney Bride ed i passeggeri di prima classe Jack Thayer ed Archibald Gracie, che furono tra i principali testimoni oculari delle fasi finali dell'affondamento del Titanic[51][74]. Il capo panettiere Charles John Joughin affermò di essere sopravvissuto in acqua per circa due ore, prima di riuscire a raggiungere dapprima la pieghevole «B» ed in seguito la scialuppa numero 12, sopravvivendo senza quasi riportare sintomi di congelamento, ma il suo racconto è discusso.

L'unica altra scialuppa a recuperare dei superstiti dall'acqua fu la scialuppa pieghevole «D», i cui occupanti trassero in salvo il passeggero di prima classe Frederick Maxfield Hoyt, che era riuscito a raggiungere a nuoto la scialuppa, una delle più vicine al Titanic, saltando in mare dopo avervi fatto imbarcare la moglie[78][79]. Verso le 8 della mattina, giunse sul posto il Carpathia che recuperò i naufraghi sopravvissuti sulle lance. Le salme di quattro vittime decedute a bordo delle lance furono sepolte in mare dal piroscafo[80]. A bordo fu poi tenuta una cerimonia religiosa per i dispersi ed alle 8:50 la nave partì per New York, dove arrivò il 18 aprile con 706 superstiti[12].

Luogo di sepoltura delle vittime
Una volta stabilito il numero di vittime, la White Star Line inviò la nave posacavi Mackay-Bennett a recuperare i resti. Il piroscafo, partito il 17 aprile 1912, recuperò 306 salme, 201 delle quali furono portate ad Halifax in Nuova Scozia[81][82]. Le altre tre navi inviate alla ricerca dei corpi, i piroscafi Minia, Montmagny ed Algerine, partiti rispettivamente il 25 aprile (protraendo le ricerche per una settimana), il 6 maggio ed il 15 maggio, recuperarono rispettivamente 17, 4 ed 1 corpo[81][82]. I corpi non reclamati furono sepolti nel cimitero di Halifax. La White Star Line s'incaricò di mantenere il decoro di queste tombe fino al 1927, anno in cui si fuse con la Cunard, la quale tuttora espleta tale servizio. Nei mesi successivi al disastro anche i piroscafi Oceanic, Ottawa ed Ilford trovarono casualmente altre salme: l'Oceanic s'imbatté nel relitto della pieghevole A, con tre corpi a bordo, il 16 maggio, mentre l'Ottawa e l'Ilford recuperarono ciascuno una salma dal mare rispettivamente il 6 e l'8 giugno 1912[81][82]. In tutto furono recuperate 333 salme[83] (39 di passeggeri di prima classe, 32 di seconda classe, 75 di terza classe e 213 di membri dell'equipaggio, oltre a 14 non identificate), 119 delle quali furono sepolte in mare, mentre 150 vennero tumulate ad Halifax e 59 restituite alle famiglie.

Su un totale stimato di 2 228 persone a bordo, solo 705 sopravvissero[3] e circa 1523 (il 68%) morirono. In realtà, il numero preciso non è certo, poiché la lista esatta dei passeggeri e dell'equipaggio andò perduta. I dati citati sono quelli forniti dall'inchiesta ufficiale americana[84]. Secondo la commissione d'inchiesta americana morirono 1 517 persone e solo 706 sopravvissero così suddivisi[85]:

Passeggeri Perdite Salvati Totale
Prima classe 119 uomini, 11 donne e bambini 54 uomini, 145 donne e bambini 338
Seconda classe 142 uomini, 24 donne e bambini 15 uomini, 104 donne e bambini 285
Terza classe 417 uomini, 119 donne e bambini 69 uomini, 105 donne e bambini 710
Equipaggio 682 uomini, 3 donne 194 uomini, 20 donne 899
Totale 1 517 706 2 223

Il caso del Californian
Un evento che per molti anni restò avvolto nel mistero fu la presenza di una nave all'orizzonte, le cui luci furono viste in lontananza da molti testimoni. Gli ufficiali Boxhall e Rowe tentarono di inviare segnali dapprima col faro, quindi coi razzi bianchi di segnalazione, senza però ottenere alcuna risposta, anche in quanto tali razzi non furono – per la concitazione – sparati nella corretta sequenza, il che rese "incomprensibile" la richiesta d'aiuto: il Californian era distante solo 19 km circa, quindi era perfettamente in grado d'intervenire a salvare tutti i passeggeri del Titanic, quando invece il Carpathia, che effettivamente intervenne con quattro ore di ritardo, si trovava a 93 km di distanza. Si trattava, pertanto, del Californian, che in quel momento sostava a macchine ferme per timore dei ghiacci[86].

Particolarmente suggestiva fu la descrizione che il 2º ufficiale Stone del Californian diede dell'accaduto, quando affermò di aver visto un razzo bianco levarsi dalle luci di un piroscafo. Anche uno dei fuochisti ebbe la stessa visione:

« Salii in coperta alle 23:56 e vidi le luci di un grosso piroscafo. Era ormai mezzanotte e andai nella mia cabina. Non riuscendo a dormire, dopo mezz'ora mi alzai pensando di fumare una sigaretta e tornai in coperta. Ero lì da dieci minuti quando a una decina di miglia di distanza vidi un razzo bianco. Pensai che fosse una stella cadente. Dopo sei o otto minuti vidi un secondo razzo nello stesso posto e dissi tra me: 'dev'essere un bastimento in pericolo'.[87] »
Il capitano Stanley Lord fu informato dello sparo dei razzi ma si limitò a ordinare le segnalazioni con la lampada morse, senza riuscire a stabilire alcun contatto. Il suo comportamento venne criticato aspramente durante le inchieste relative al naufragio ma se la cavò soltanto con durissime condanne morali[8][11][86].

Il sospetto caso del recupero della lancia di salvataggio alla deriva da parte del Majestic[modifica | modifica wikitesto]
Un mese dopo l'affondamento del Titanic, il Majestic recuperò vicino al luogo del disastro una lancia alla deriva: a bordo della stessa vennero rinvenuti alcuni corpi. Quando il medico di bordo analizzò i cadaveri trovò, fra i loro denti, tracce di sughero delle cinghie di sicurezza, ovvero erano morti di fame, a significare che alcune persone si erano salvate dalle acque gelide forse salendo su un blocco di ghiaccio, e salendo poi in un secondo tempo su una delle quattro lance che il Carpathia lasciò alla deriva (dato che a bordo della piccola nave che soccorse i naufraghi non ci stavano), trovando poi la morte per fame e stenti senza che nessuna nave li trovasse mai.


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Il Titanic attraccato al molo nel porto di Southampton prima della partenza

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Il Titanic lascia Belfast il 2 aprile 1912

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La sala di lettura e di scrittura

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la scalinata di prima classe

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Il Café Parisien

640px-Pontelancetitanic
Il ponte lance

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Il capitano Edward John Smith

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L'unica fotografia disponibile dell'iceberg che affondò il Titanic, immortalato pochi giorni dopo il disastro dal marinaio cecoslovacco Stephan Rehorek

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I componenti dell'orchestra suonarono durante il naufragio.

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La posizione registrata del Titanic al momento dell'impatto fu 41° 46' N 50° 14' O. Il relitto fu trovato al 41° 43' N 49° 56' O.

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L'affondamento in un dipinto d'epoca di Willy Stöwer.

statistiche perdite e salvati nave titanic
statistiche perdite e salvati nave titanic

paragone del titanic con il queen mary
paragone del titanic con il queen mary
 
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alessia19902011
view post Posted on 12/4/2016, 15:15     +1   -1




Era una nave bellissima il Titanic si potrebbe ricreare in Flash
 
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maxmaxuell
view post Posted on 13/4/2016, 02:04     +1   -1




affondamento del Titanic
affondamento del Titanic



Il RMS Titanic è stato un transatlantico britannico della classe Olympic, diventato famoso per la collisione con un iceberg nella notte tra il 14 ed il 15 aprile 1912 e il conseguente drammatico affondamento avvenuto nelle prime ore del 15 aprile.

Secondo di un trio di transatlantici, il Titanic, assieme ai suoi due gemelli Olympic e Britannic, fu progettato per offrire un collegamento settimanale di linea con l'America e garantire il dominio delle rotte oceaniche alla White Star Line.[1] Costruito presso i cantieri Harland and Wolff di Belfast, il Titanic rappresentava la massima espressione della tecnologia navale di quei tempi ed era il più grande e lussuoso transatlantico del mondo.

Durante il suo viaggio inaugurale (da Southampton a New York, via Cherbourg e Queenstown), entrò in collisione con un iceberg alle 23:40 (ora della nave) di domenica 14 aprile 1912. L'impatto provocò l'apertura di alcune falle lungo la fiancata destra del transatlantico, che affondò 2 ore e 40 minuti più tardi (alle 2:20 del 15 aprile) spezzandosi in due tronconi.[2] Nel naufragio persero la vita 1 518 dei 2 223 passeggeri imbarcati compresi i 900 uomini dell'equipaggio; solo 705 persone riuscirono a salvarsi (alcuni dei quali morirono subito dopo essere portati a bordo del Carpathia), 6 delle quali salvate fra la gente finita in acqua. L'evento suscitò un'enorme impressione sull'opinione pubblica e portò alla convocazione della prima conferenza sulla sicurezza della vita umana in mare.


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alessia19902011
view post Posted on 13/4/2016, 18:58     +1   -1




Davvero impressionante
 
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alessia19902011
view post Posted on 19/4/2016, 09:00     +1   -1




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5 replies since 11/4/2016, 01:51   1527 views
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