le prime auto in italia

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max_400
view post Posted on 6/4/2013, 18:20     +1   -1




Le prime auto in italia
fiat 500 600

1936 Fiat 500 Coupe Topolino
fiat 500 coupe topolino 1936

La Fiat 500, meglio conosciuta come "Topolino", è un'automobile utilitaria della casa torinese, prodotta dal 1936 al 1955.
Indice

1 Il contesto
2 La "500" mai nata
3 La "Topolino"
4 L'evoluzione
4.1 La "500" balestra corta
4.2 La "500" balestra intera
4.3 La "500 B"
4.4 La "500 C"
4.5 Produzione estera
4.6 Le derivate
4.6.1 Alcune derivate
5 Servizio nelle forze armate
6 Caratteristiche tecniche
7 Fotogalleria Topolino
8 Note
9 Bibliografia
9.1 Libri
10 Voci correlate
11 Altri progetti
12 Collegamenti esterni

Il contesto

La Fiat 500, popolarmente chiamata "Topolino", è senza dubbio fra le automobili italiane più famose, anche se gli eventi e le circostanze che hanno portato all'ideazione di questo modello sono molto meno conosciuti.

Tutto ebbe inizio da un'idea di Benito Mussolini. Nel 1930, il Duce aveva convocato il senatore del Regno d'Italia Giovanni Agnelli per informarlo della "inderogabile necessità" di motorizzare gli italiani con una vettura economica che non superasse il costo di 5 000 Lire.

Un'idea di grande impatto propagandistico che, non appena eletto primo ministro, Hitler si affrettò a copiare convocando Ferdinand Porsche ed intimandogli di realizzare un'automobile dal costo non superiore ai 1 000 marchi; quella che sarebbe divenuta famosa in Italia con il nome di "Maggiolino".[1]
La "500" mai nata

Preoccupato per il difficile incarico, cui avrebbe volentieri rinunciato, Agnelli rimise la questione ai progettisti dell'ufficio tecnico della Fiat che si divisero in due opposte correnti di pensiero. La prima riteneva possibile raggiungere lo scopo con tecnologie e schemi già utilizzati dalla Fiat, risparmiando all'osso su dotazioni e materiali. La seconda, valutando che l'azienda torinese non fosse in grado di fornire un prodotto adeguato in tempi brevi, proponeva di affidare il progetto a Oreste Lardone, un estroso tecnico allievo di Giulio Cesare Cappa, che aveva già realizzato un interessante prototipo di piccola vettura economica per l'Itala.

All'inizio, la direzione aziendale Fiat decise di sperimentare entrambe le soluzioni: incaricò l'ufficio tecnico di procedere alla progettazione del modello con standard aziendali e, contemporaneamente, assunse Oreste Lardone, assegnandogli un piccolo gruppo di tecnici ed operai con il quale sviluppare le proprie teorie meccaniche.

A Lardone non parve vero di poter disporre delle potenzialità Fiat per attuare le proprie idee che, del resto, erano semplici e chiare: la nuova automobile avrebbe dovuto disporre di quattro posti e di un propulsore bicilindrico di 500 cm³ raffreddato ad aria e dotata di trazione anteriore.
Visita di Mussolini alla Fiat il 24 ottobre 1932

Era l'estate del 1931 quando il prototipo della "500 – tutto avanti" fu pronto per la sua prima uscita con a bordo il collaudatore, il progettista ed il senatore Agnelli, impaziente di verificare il prodotto e telegrafare la buona notizia a Mussolini. L'antesignana del "Cinquino" esce dal Lingotto e percorre tranquillamente alcuni chilometri, ma sulla salita del Cavoretto, un incendio propagatosi dal motore costrinse gli occupanti a saltare lestamente a terra. L'incidente era probabilmente dovuto ad una banale fuoriuscita di carburante, ma il senatore ordinò che fossero bandite per sempre le automobili a trazione anteriore dalla FIAT, mentre Lardone venne immediatamente licenziato.

La progettazione della piccola vettura proseguì senza entusiasmo fino ad un'improvvisa visita del Duce allo stabilimento (24 ottobre 1932), che rammentò ad Agnelli l'impegno assunto.

Il vero motivo dell'improvvisa carenza d'idee consisteva nel fatto che i "mostri sacri" dell'ufficio progetti Fiat (Antonio Fessia e Tranquillo Zerbi) avevano ormai maturato la convinzione che l'idea giusta fosse quella "proibita" di Lardone e, probabilmente, non si sentivano di procedere ad un progetto palesemente sbagliato solo per assecondare le strampalate fobie del Senatore. È lo stesso Fessia che affida l'incarico a Dante Giacosa, un giovane ingegnere già suo assistente nella progettazione della "Balilla", consapevole che è l'uomo adatto per fare ciò che la dirigenza si aspetta.
La "Topolino"
Dante Giacosa accanto alla "Topolino"

Dante Giacosa prese le redini del progetto e dopo mesi di febbrili disegni e calcoli ne uscì una copia in dimensioni ridotte della "Balilla"[2]. Introdusse comunque alcune innovazioni tese a risparmiare peso e costi: il radiatore è posto sopra il motore per risparmiare la pompa dell'acqua, secondo il principio che l'acqua calda va in alto e quella fredda in basso (circolazione d'acqua a termosifone); il telaio è assai semplice con due travi a V dall'anteriore al posteriore; il motore 4 cilindri è con valvole laterali. Ulteriori elementi i risparmio nella progettazione e realizzazione del motore sono l'alimentazione della benzina a gravità (eliminazione della pompa d'alimentazione) e la lubrificazione a sbattimento, con eliminazione della pompa dell'olio: il lubrificante veniva distribuito ("sbattuto") ai vari organi meccanici del propulsore dal movimento degli organi stessi.

La dirigenza Fiat è soddisfatta del rispetto della tradizione e autorizza la realizzazione dei prototipi della "500".

Il 15 giugno 1936 è messa in vendita la FIAT 500 (oggi comunemente ribattezzata 500 A, nome improprio e mai certificato nella documentazione ufficiale) che gli utenti cominciarono a chiamare "Topolino", a causa della similitudine del frontale al profilo del roditore e, molto probabilmente, sotto l'influenza del successo che l'omonimo fumetto della Disney stava ottenendo in quel periodo.[3]. Una vetturetta modesta per tecnica e prestazioni, il cui prezzo era di 8 900 lire: venti volte lo stipendio medio di un operaio specializzato e ben oltre le preventivate 5 000 lire. Per la cronaca, nel 1936 Porsche aveva già realizzati i prototipi definitivi della "Maggiolino" che veniva messa in "prevendita" alla cifra di 990 Marchi, ovvero cinque volte lo stipendio di un operaio specializzato.

Tuttavia, la Fiat 500 riuscirà ad ottenere un discreto successo, anche grazie alla "fame di automobili degli Italiani". Infatti, nell'Italia del 1936 circolano solamente 222 000 automezzi (di ogni tipo, compresi quelli pubblici e militari) per oltre 42 milioni di abitanti. All'incirca, un veicolo ogni 200 persone. Un rapporto dieci volte inferiore a quello della Francia e quaranta volte inferiore a quello degli Stati Uniti nello stesso anno.
L'evoluzione
La "500" balestra corta

La vettura veniva venduta in due allestimenti: la normale "Berlina due porte" e la "Berlina due porte trasformabile", ovvero con tetto apribile, quest'ultima al prezzo maggiorato di Lire 9 750. Dalla fine del 1936 fu allestita anche una versione "Furgone", con portata di 300 kg e principalmente destinata al Regio Esercito. Alcuni casi di cedimento del piano di carico nella parte posteriore, dovuti all'eccessiva lunghezza dello sbalzo esterno ai puntoni, fecero propendere per una modifica alle sospensioni. Il primo lotto di "500" del tipo a balestra corta, cessò con in numero di telaio 046000, nella seconda metà del 1938.
La "500" balestra intera

Per ovviare ai problemi di carico del furgone militare, venne studiato un allungamento del telaio mediante sostituzione delle mezze balestre con balestre intere. Vista l'impossibilità di avviare due distinte linee d'assemblaggio, si pensò di unificare la produzione sul nuovo telaio. Vista l'immutata denominazione della casa, la prima versione venne popolarmente definita "balestra corta" e la seconda "balestra intera" o "balestra lunga". In tutte le sue versioni la "500" a valvole laterali fu costruita fino agli inizi del 1948, pressoché immutata, in oltre 110 000 esemplari.
La "500 B"
La Fiat 500 B Giardiniera Belvedere del 1948

Nella primavera del 1948 fu presentata la "500 B", esteticamente piuttosto simile alla precedente, ma con sostanziali modifiche tecniche. Il motore presenta una nuova testata in ghisa con valvole in testa comandate da aste e bilancieri e aumentato nella potenza a 16,5 CV, che consente una velocità massima di 95 km/h e consumi inferiori. Fortemente rivista anche la parte telaistica con molte piccole migliorie e con l'adozione della barra trasversale stabilizzatrice posteriore e degli ammortizzatori idraulici telescopici sulle quattro ruote. Il comfort invernale risultò migliorato dall'adozione dell'impianto di riscaldamento su richiesta.

La novità più importante e maggiormente gradita dai potenziali clienti, però, fu l’introduzione della versione "Giardiniera Belvedere" che proponeva loro una piccola familiare con quattro posti e un portellone posteriore, il quale dà accesso al considerevole vano di carico, aumentabile tramite il ribaltamento in avanti dello schienale posteriore.

La nuova versione, che riproduce in formato ridotto la geniale soluzione di "carrozzeria funzionale" ideata nel 1946 da Mario Revelli per la Carrozzeria Viotti, è caratterizzata da lussuose fiancate realizzate con listelli di frassino e faesite, sullo stile delle woodie americane e poteva essere impreziosita con tinte metallizzate. La "Giardinetta Belvedere" è la prima automobile al mondo di tipo station wagon, costruita in grande serie.

La "500 B" rimase in produzione per poco più di un anno, con oltre 21 000 esemplari costruiti.

Può essere utile segnalare che il riconoscimento del veicolo avviene tramite numero di telaio punzonato su supporto di collegamento (arco tra i due longheroni anteriori) che sostiene il gruppo cambio ed è leggibile aprendo il cofano parte dx dietro il collettore di scarico, inoltre il veicolo è munito di targhetta metallica fissata su parete verticale sotto parabrezza lato dx
La "500 C"
La Fiat 500 C Trasformabile del 1952

In seguito alle importanti innovazioni tecniche, fu deciso un avvertibile rifacimento della carrozzeria teso a renderla più moderna. Il frontale venne modificato incassando i fari nei parafanghi e dalla coda scomparve la classica ruota di scorta a vista, tipicamente anteguerra.

Dal punto di vista tecnico venne abbandonata la ghisa per la testata e sostituita con l'alluminio. Per unificare la produzione, la versione "Berlina trasformabile" fu resa di serie, mentre la berlina con tetto in lamiera si poteva avere a richiesta e con lunghe attese.

Nel 1951 la "Giardiniera Legno " vide l'abbandono delle fiancate in legno e faesite, abilmente costruite a mano dalla Sezione Carrozzerie Speciali, in favore della "Belvedere", con nuovi lamierati metallici realizzati mediante stampaggio. L'innovazione portava grandi vantaggi dal punto di vista pratico e le vendite aumentarono considerevolmente. La produzione della "Topolino Berlina" cessò nel 1954, lasciando il posto alla Fiat 600, mentre quella della "Belvedere" si protrasse per tutto il 1955.
Produzione estera

La "Topolino" fu prodotta, su licenza, anche all'estero in stabilimenti consociati alla FIAT o mediante la creazione di apposite joint venture. Con limitate differenze esteriori, più o meno rilevanti, veniva assemblata in Polonia dalla Polski Fiat, in Austria dalla Steyr-Puch, in Germania dalla NSU-Fiat Neckar e in India dalla Premier. Grande fu il successo delle versioni francesi prodotte dalla Simca con i modelli "Cinq" e "Six", che totalizzarono oltre 50 000 esemplari, prodotti dal 1937 al 1950.

Nell'ambito degli accordi tra FIAT e Nash Motors per realizzare anche a Torino automobili con scocca autoportante, nel 1948 le due case presero accordi per produrre negli Stati Uniti una versione spider della "Topolino", con autotelaio fornito dalla FIAT e carrozzeria Nash, disegnata da Bill Flajole. Dopo la presentazione alla stampa del prototipo "NXI", nel 1949, l'accordo tra Nash e FIAT sfumò.
Le derivate

Gli autotelaio della "Topolino" furono utilizzati praticamente da tutti i carrozzieri italiani e buona parte di quelli esteri, per realizzare versioni speciali di tipo sportivo, commerciale o da competizione. Degne di nota le Siata Amica, cabriolet, le Fiat Giannini 750 sport (berlinetta "Mille Miglia", 500 C Furgone Abarth e un esemplare unico di 500 C berlina carrozzata Pitton del 1955.

Siata Amica Cabriolet 1951

Siata Amica Cabriolet 1951 dettaglio telaio scatolato

Alcune derivate
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Le corse erano un severo banco di prova e soprattutto una insostituibile cassa di risonanza per pubblicizzare prestazioni e doti di affidabilita' Le "Topolino" più o meno modificate e elaborate avevano partecipato a centinaia di competizioni e avvicinato allo sport automobilistico un esercito di dilettanti, alcuni dei quali erano diventati piloti famosi, come Elio Zagato che, per il suo esordio nelle corse nel primissimo dopoguerra, aveva smantellato la 500 furgoncino della sua carrozzeria trasformandola in una sport barchetta.
Servizio nelle forze armate

La "Topolino", per la sua stessa filosofia progettuale, non si adattava ad un uso militare: la sagoma alta, le ruote piccole e strette ed i pesi sbilanciati sull'assale anteriore ne riduceva l'uso a percorsi piani e fondi duri. Nonostante tutto già dal 1936 venne acquisita dal Regio Esercito la "500" (sia balestra corta che, poi, balestra intera) come mezzo di collegamento nei comandi cittadini. Durante la seconda guerra mondiale, la cronica e grave carenza di mezzi motorizzati portò l'esercito ad impiegare la vettura anche al fronte, molte delle quali vennero utilizzati anche dalla Wehrmacht dopo l'8 settembre 1943.
Caratteristiche tecniche
▼ mostra
Caratteristiche tecniche - Fiat 500 "Topolino" del 1936
▼ mostra
Caratteristiche tecniche - Fiat 500 Giardiniera Belvedere del 1955
Fotogalleria Topolino

fonti: wikipedia
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_500_%22T..._%22Topolino%22

Dante_Giacosa_con_la_Topolino
Dante_Giacosa_con_la_Topolino

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La Fiat 500 B Giardiniera Belvedere del 1948

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La Fiat 500 C Trasformabile del 1952

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Fiat Nuova 500 1ª serie del 1957.

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La maquette della "Nuova 500". Si noti il padiglione posteriore più basso, per scoraggiare il trasporto di altri due passeggeri, che sarebbe andato a scapito, secondo la FIAT, del successo di vendite della coeva 600.

Dante_Giacosa.jpg
L'ingegnere Dante Giacosa tra i due modelli di automobili che lo hanno reso celebre, la Topolino e la Nuova 500.

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Una foto pubblicitaria per la "Nuova 500 N" del 1957. Alla guida Mariella Giacosa, figlia del progettista.

640px-500giardiniera
La 500 Giardiniera in una cartolina pubblicitaria

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Vista di tre quarti anteriore di una "Giardiniera" del 1969.

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Vista posteriore di "Giardiniera" del 1969.

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Una Fiat Nuova 500 D del 1963. Sono ben visibili le portiere incernierate ancora dietro, le coppe e le modanature lungo le fiancate in alluminio lucidato, il tetto posteriore in lamiera e imbullonato, per consentirne la rimozione e la sostituzione con il telo capote lungo, tipo 500 N. Sulla carta di circolazione, infatti, la 500 D riporta la dicitura "trasformabile".

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Uno tra i più famosi cartelloni pubblicitari dell'epoca per la Fiat 500 D.

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La fiancata di una Fiat Nuova 500 F del 1966, in cui sono visibili le modifiche e le semplificazioni estetiche rispetto al precedente modello D: cerniere delle porte controvento; modanature d'alluminio assenti; nuove maniglie esterne a pulsante; parabrezza più alto e ampio; tetto posteriore integrato nello stampo del padiglione. Rimangono le molure cromate sotto gli sportelli e le coppe di vecchio disegno, anche se in metallo e non più in alluminio lucidato.

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Lo spot dell'epoca per la Fiat 500 L del 1968. In basso a sinistra dell'immagine, è possibile veder riprodotta la targhetta identificativa del modello collocata sul cofano posteriore.

FIAT_500_R_SPOT_1972.JPG
1972 Un'immagine pubblicitaria d'epoca della FIAT 500 R. Sono ben visibili il fregio frontale FIAT a losanghe e i cerchi in lamiera stampata tipo 126. Da notare anche l'assenza di cromature, compresi i sottoporta.

FIAT_500_F_fregio.JPG
La scritta identificativa posteriore di una FIAT 500 F delle prime serie. In seguito sarà sostituita da una targhetta a barre orizzontali sovrapposte con la scritta "Fiat 500" e l'aggiunta di una "L" finale per il modello Lusso che l'affiancherà a partire dall'agosto del 1968.

fiat 500 vignale
Una Fiat 500 Vignale Gamine del 1971

Edited by maxmaxuell - 10/6/2015, 23:51
 
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max_400
view post Posted on 6/4/2013, 20:56     +1   -1




Fiat_500_Convertible_Coupe_1947
Fiat Topolino, 1947

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Fiat Panda, 1980 (1980-86)

Descrizione generale
Costruttore Italia Fiat
Tipo principale Superutilitaria
Altre versioni Van
Produzione dal 1980 al 2003
Sostituisce la Fiat 126
Sostituita da Fiat Panda (2003)

Altre antenate Fiat Nuova 500
Altre eredi Fiat Cinquecento
Stessa famiglia SEAT Marbella e SEAT Panda


La Fiat Panda è un'autovettura prodotta tra il 1980 ed il 2003 dalla casa automobilistica torinese.

fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_Panda_%281980%29

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Panda_fiat
1986-2003
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La seconda generazione di Fiat Panda è stata prodotta dalla casa automobilistica torinese Fiat a partire dal 2003 come erede della prima serie di Panda uscita nel 1980. Rispetto alla progenitrice, il nuovo modello rimane una segmento A ma abbandona la carrozzeria compatta a 3 porte per adottare uno schema a 5 porte. Nel 2012 viene affiancata dal nuovo modello, rimanendo in produzione con un listino ridotto[1].

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La terza generazione della Fiat Panda è un'auto superutilitaria prodotta dalla casa automobilistica italiana Fiat a partire dal novembre 2011 e commercializzata a partire da febbraio 2012. La vettura è erede diretta della seconda generazione, prodotta a partire dal 2003 che a sua volta era erede e reinterpretazione dello storico modello del 1980. Con questo modello la piccola utilitaria torna a essere prodotta in Italia.[2]

fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_Panda_%282012%29
fonti
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_Panda_%282003%29
 
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max_400
view post Posted on 6/4/2013, 21:25     +1   -1




 
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max_400
view post Posted on 7/4/2013, 14:06     +1   -1




598px-Benz-velo
Benz, 1894

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Benz, 1886

Jamais_contente
La Jamais contente 1899

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Mercedes simplex, 1906

320px-Citroen_Ami_8_Tours
Citroën Ami, 1974

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Renault 4, 1961



www.auto-antiche.it/fiat.htm
La storia della Fiat dal 1899 ad oggi

Fiat MirafioriLa Fiat, Fabbrica Italiana Automobili Torino, nasce l'11 Luglio 1899. Proprietari, alcuni aristocratici e borghesi torinesi rimasti entusiasmati dal nuovo mezzo di trasporto.

Lo stabilimento storico della Fiat è in Corso Dante. Giovanni Agnelli assume la carica di amministratore delegato nel 1902. L'Italia è un paese arretrato e fortemente agricolo e l'auto è un bene di lusso.

Per questo, la Fiat realizza auto soprattutto puntando ai mercati esteri. Mel 1907, dopo una prima crisi, Agnelli ne assume il controllo maggioritario. Durante la prima guerra mondiale l'azienda produsse mezzi militari, decuplicando il numero di operai. Dopo una serie di viaggi negli Stati Uniti, Agnelli torna in Italia con l'idea di importare il sistema di produzione tayloristico che ha visto nelle fabbriche della Ford. Un nuovo stabilimento venne progettato nel 1915 al fine di seguire questo sistema di produzione, quello della catena di montaggio.

Il Lingotto venne costruito dal 1916 al 1922. Il risultato è entusiasmante: il Lingotto non è solo una fabbrica ad alta efficienza, ma anche un edificio di alto valore architettonico (Giacomo Mattè Trucco il progettista). A metà anni 20 Agnelli entrò nel mondo delle banche, fondando l'IFI, che gestisce le partecipazioni della Fiat nel mercato azionario e le altre attività industriali della famiglia Agnelli. Durante il fascismo, il regime spinse affinchè la Fiat si concentrasse sulla produzione interna.

La Fiat oltre alle vetture produce anche nel settore aereo e ferroviario. La Balilla fu la prima auto dai costi abbastanza contenuti, così come il Duce voleva. La Fiat è leader del settore in Italia, ma il mercato è ancora troppo ristretto per competere con i numeri di altre case automobilistiche.

Dal 1937 iniziano i lavoro per la costruzione degli stabilimenti di Mirafiori, secondo le nuove linee guida che prevedono uno stravolgimento delle filosofie di costruzione del Lingotto. Dopo la Seconda Guerra mondiale la Fiat stenta un po', anche per l'assenza di nuovi veicoli più adatti ai tempi. Ma negli anni del boom economico la Fiat si fa trovare pronta.

Con la motorizzazione di massa, la Fiat fa debuttare modelli quali la 600 e la 500, che diventeranno le auto più vendute in Italia. Nel corso dei decenni successivi, la Fiat si espande anche all'estero, fagocitando pian piano il mercato interno. Passa indenne anche il decennio degli anni 70, caratterizzati dalla crisi economica ed energetica. Negli anni 80, la Fiat acquisisce anche marchi storici italiani, quali l'Alfa Romeo e la Lancia. In seguito, anche la Ferrari e la Maserati. La quota del mercato interno si aggira intorno al 57%. Ma a partire dagli anni novanta la tendenza si inverte.

La Fiat è troppo indebitata e le sue auto non piacciono più. Crollano le vendite estere ed anche quelle interne. Prima della morte del mitico Avvocato Agnelli, avvenuta nel 2002, si pensa addirittura che la Fiat voglia abbandonare il settore auto. Ma Montezemolo, Marchionne e il giovane erede di casa Agnelli, John Elkann, credono ancora nell'auto.

Così la Fiat si riprende. Nuovi investimenti e nuovi modelli, molto apprezzati dal mercato. La Nuova Panda, la Bravo, la Croma, la Grande Punto e, per ultima, la Nuova 500, ridanno smalto al marchio. La quota europea della Fiat nel 2007 risale ad oltre l'8%. E le prospettive sono nuovamente rosee.
www.auto-antiche.it/fiat.htm
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La storia della Fiat 508 Balilla (1932-1939)
www.auto-antiche.it/fiat_508_balilla.htm


La Fiat 508 Balilla venne presentata a Milano, nel 1932, dopo una lunga attesa per un'auto rivoluzionaria, un'utilitaria che segnerà la storia della Fiat.
Fu un'auto che superò ogni record in tema di vetture. Fu la prima ad essere prodotta in oltre 100.000 esemplari, la prima ad adottare i freni idraulici, la prima ad essere venduta anche all'estero, la prima ad essere realizzata con il sistema della catena di montaggio che il Senatore Agnelli scoprì in America, negli stabilimenti della Ford.
Disegnata da Dudovich, cercò tra i suoi clienti anche quelli femminili. Le prime donne alla guida guidarono dunque una Balilla. Per presentarla, venne studiata una martellante campagna pubblicitaria, che prevedeva anche un tour lungo tutta la penisola, con momenti topici al fianco dei più importanti monumenti italiani, e il Duce in persona che la guidò e la collaudò a Villa Torlonia, sotto lo sguardo attento e compiaciuto del Senatore Agnelli.
Molti italiani la acquistarono ricorrendo alle cambiali. Un'auto che costava 10.800 lire, ossia l'equivalente di oltre due anni di stipendio di un impiegato. All'estero la Balilla piacque molto, al punto che venne costruita, dietro licenza Fiat, in Germania, in Gran Bretagna, in Cecoslovacchia, Spagna e in Francia.
La Balilla si fece onore anche nelle competizioni sportive. Andò in pensione nel 1939, dopo aver scritto la storia dell'auto in Italia, per venire sostituita dalla 1100.
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La storia della Fiat Topolino (1962-1977)
www.auto-antiche.it/fiat_500_topolina.htm


Era il 1934, quando i manager della Fiat, affidarono l'incarico di progettare una nuova vettura che, secondo le direttive del regime fascista, doveva avere un prezzo inferiore a 5.000 lire, all'ingegner Giacosa.
Giacosa pertanto lavorò a lungo ad un progetto realizzato sulla base della Balilla, in dimensioni ridotte.
La Fiat 500 A, che immediatamente venne ribattezzata dal popolo come Topolino, venne commercializzata nel 1936, una vettura che costava quasi 9.000 lire, ossia almeno 20 volte lo stipendio di un operaio.
Le caratteristiche tecniche e le prestazioni non erano sicuramente entusiasmanti, ma diversamente non si poteva fare. La Topolino evidentemente ottenne un grande successo, nonostante tutto.
In Italia la voglia di automobile era tanta e le classe più abbienti furono disposte a qualche sacrificio pur di avere la macchina. Durante la guerra ed anche successivamente, la Topolino continuò ad essere prodotta, fino a raggiungere quasi 600.000 vetture prodotte di questo modello.
Fu anche concessa la licenza alla Simca, casa automobilistica francese, al fine di produrre sotto il proprio marchio la stessa vettura per il mercato francese.
La terza ed ultima serie della Topolino, la Tipo C, venne prodotta dal 1949 al 1955. Nel 1957 nasce la Nuova 500, la vettura che ha fatto la storia della Fiat e dell'automobile.
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La storia della Fiat Zero (1913)
www.auto-antiche.it/fiat_zero.htm

La Fiat Zero nacque nel 1913, il suo nome completo era Fiat Tipo Zero 1.
Fu realizzata in 2.000 esemplari a dimostrazione del grande successo che riscosse e vantando numerosi tentativi di imitazione.
La Fiat Zero, per la sua bellezza e la sua realizzazione raffinata, rappresenta il desiderio maggiore di ogni collezionista di automobili d'epoca. Una delle caratteristiche di questa vettura risiede nel fatto che l'autotelaio veniva realizzato dalla Fiat, che poi però la cedeva ai vari carrozzieri, che erano così liberi di realizzare le loro versioni personalizzate.
Ad oggi, è possibile ammirare un esemplare, molto raro, della Fiat Zero, a Torino, nel Centro Storico Fiat.

------------------IMPORTANTE---------------------
http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_dell%27automobile
http://it.wikipedia.org/wiki/FIAT#La_produ..._del_dopoguerra
http://it.wikipedia.org/wiki/FIAT#Modelli_anni_.2770
http://it.wikipedia.org/wiki/FIAT
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_525
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_1900
http://it.wikipedia.org/wiki/File:1406Roma...00Quirinale.jpg
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_1

DA CONTINUARE
 
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max_400
view post Posted on 8/4/2013, 14:06     +1   -1




http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_600
La Fiat 600 è un'autovettura prodotta dalla casa automobilistica italiana FIAT, costruita dal 1955 al 1969. Viene considerata l'icona del boom economico italiano.
Sostituita da Fiat 850
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Fiat_600_1955.jpg


Il contesto

Nel secondo dopoguerra la FIAT era governata da Vittorio Valletta, cui era affidato il compito di motorizzare la nuova Italia repubblicana, come già era stato tentato e parzialmente realizzato attraverso il modello "Topolino". Se negli anni trenta il progetto "Topolino" era stato scarsamente innovativo, negli anni cinquanta era sicuramente superato.

Valletta incaricò Dante Giacosa di realizzare la nuova vettura; un compito arduo dato che l'azienda aveva potenzialità veramente modeste, a causa dei bombardamenti che l'avevano pesantemente colpita.

La piccola utilitaria Fiat venne presentata il 9 marzo 1955 a Ginevra, nel Palazzo delle Esposizioni. Dotata di 2 portiere (nelle prime versioni prodotte fino al maggio 1964 con portiere incernierate posteriormente) e con una abitabilità discreta per 4 persone, era equipaggiata con un motore di nuova progettazione, il "100", situato in posizione posteriore di 633 cm³, erogante una potenza di 21,5 CV a 4.600 giri al minuto, in grado di spingere l'automobile fino a 95 km/h. Il prezzo di listino era di 590.000 Lire.

La "600", nata come vettura popolare, ma non del tutto superutilitaria, avrà uno strabiliante successo di vendite e, dopo pochi mesi, il tempo di attesa per la consegna supererà l'anno.

È da ricordare che, in occasione della presentazione della Fiat 600, la televisione, in epoca in cui la RAI non faceva pubblicità televisiva, trasmise un cortometraggio sulla macchina nuova nata, tipico esempio di pubblicità redazionale.
Il progetto
Maquette in legno della Fiat 600

Contrariamente a quanto si sia talvolta ritenuto, la 600 non fu semplicemente figlia di un intervento per ovviare ai ritardi nella presentazione della successiva 500, ma un progetto ragionato, figlio di un lungo studio e di vari progetti alternativi, che partì ancora nel 1945 quando venne sottoposta alla Fiat (azionista della Simca) un progetto spinto dal governo francese di vettura con telaio in alluminio e trazione anteriore. Certamente certe ardite sperimentazioni a cavallo della guerra, furono lasciate da parte quando si delineò il progetto di questa vettura.

Riprendendo degli studi d'anteguerra, Dante Giacosa aveva effettuato sin dal 1945 degli studi e delle prove su un progetto chiamato “102” o “400 sperimentale” in cui erano stati sperimentati anche la trazione anteriore e le leghe leggere. I pochi capitali a disposizione e la necessità di sostituire le più vetuste “1100” e “1500” d'anteguerra, avevano però rinviato i progetti.

Inoltre tali soluzioni presentavano rischi eccessivi per l'elevata innovazione che comportava e quindi si cercarono strade sì nuove, ma meno spinte soprattutto in funzione dei costi di produzione.
Fiat 600 3ª serie del 1960

Dopo che nel 1949 e 1951 era stato completato il lancio della “1400” e della “103” poi presentata nel 1953 come “Fiat 1100”, alla Fiat cominciarono a lavorare sull'erede della 500C ossia dell'ultima versione della “Topolino”

Così nel 1951 si ritornò ad analizzare l'ipotesi di una “tutto dietro” o di una "tutto avanti” soluzioni che offrivano risparmi di peso e di costi. La “Tutto avanti” venne scartata per l'opposizione del management FIAT e per problemi costruttivi; inoltre Giacosa poteva sfruttare l'esperienza maturata con la Cisitalia per la quale aveva realizzato una piccola vettura da corsa con motore posteriore derivato dal “1100” d'anteguerra, in particolare per il cambio. Anche la Volkswagen con il Maggiolino e la Renault con la 4CV avevano intrapreso con successo la strada del “tutto dietro”.

L'impostazione stilistico-dimensionale della vettura fu definita nel 1951, ma si pose il problema della motorizzazione: inizialmente venne studiato un motore a due cilindri a V di 150º abbinato ad un cambio semiautomatico, come quello della Cisitalia. La soluzione, interessante, venne scartata, perché avrebbe richiesto tempi lunghissimi di sviluppo, mentre l'invecchiamento della 500C era ormai evidente.

Dal canto suo, la dirigenza Fiat premeva per l'immediata messa in produzione di un modello economico che potesse sostituire l'ormai obsoleta "Topolino". Fu richiesto il massimo della sperimentazione con il minimo della spesa. La scelta di forme arrotondate fu fatta invece per risparmiare lamiera (e peso).

Fu così che “chiuso in una stanza con un pugno di disegnatori” come ebbe modo di raccontare Giacosa, in pochi mesi venne disegnato un gruppo motopropulsore completamente nuovo, a 4 cilindri verticali, relativamente convenzionale, raffreddato ad acqua e a 4 marce. Era l'inizio del 1953 e poteva avviarsi la sperimentazione definitiva. La morfologia del motore della prima 600, con i dovuti aggiornamenti ed incrementi di cilindrata, sarà riconoscibile ad un occhio esperto nel propulsore di moltissimi modelli futuri. La sua proverbiale razionalità, robustezza, affidabilità e parsimonia lo renderanno uno dei migliori mai progettati a Mirafiori. Sulla base dei vecchi "100" (633 cm³) e "100D" (767 cm³), nasceranno i motori della 850, 127, Panda 34, Panda 45, Panda 750, Panda 899, Uno 899 e Uno 45, senza contare l'Autobianchi A112 e le SEAT Ibiza e Marbella, solo per citare i modelli più popolari.
Il motore
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Motore FIAT 100.

Il motore, progetto “100”, da 633 cm³ presentava grosse novità come il collettore di aspirazione integrato nella fusione della testa (grande vantaggio economico) e per la prima volta per FIAT il basamento monoblocco (e non in 4 pezzi saldati insieme come sulla Topolino). Fu una tipologia di motore con vita lunghissima, basti dire che con cilindrate mano a mano cresciute rimarrà utilizzato sino al 1999, dopo che la produzione era stata spostata in Polonia.

La sospensione a balestra trasversale sarebbe stata utilizzata sul posteriore ancora dalla 127 e dalla 128 quasi trent'anni dopo, con il vantaggio di avere l'elemento elastico facente funzione anche di barra antirollio.

Arrischiata ma efficace fu la soluzione del radiatore posto nel posteriore con il ventilatore calettato sulla pompa dell'acqua (un'integrazione di funzione, evidentemente pensata per ridurre i costi).

Il ventilatore lavorava spingendo l'aria contro il senso di marcia (dal dietro verso l'avanti) ma questo non creò problemi insormontabili, grazie anche all'adozione di un convogliatore di gomma aderente al radiatore. La progettazione terminò di fatto a metà 1954 e fu avviato l'attrezzamento delle officine di Mirafiori, dove la vettura sarà prodotta sino alla fine degli anni sessanta.

Dal suo progetto base, compresa la cellula abitativa, venne messa in produzione dal 1964 la Fiat 850, quella che ne prenderà il posto come secondo modello base della produzione Fiat dopo la Fiat Nuova 500 e può esserne considerata l'erede. Per quanto riguarda il nome invece, la Fiat lo rispolvererà nel 1998 con la presentazione della Fiat Seicento che non aveva però alcun punto in comune con la progenitrice.
Evoluzione del modello

600: (Marzo 1955-Febbraio 1957) motore 633 cc, carburatore Weber 22 DRA, 21,5 CV a 4600 giri/min, velocità massima circa 90 km/h. Portiere incernierate posteriormente (portes suicides), vetri scorrevoli, indicatori di direzione sui parafanghi come sulla Topolino, fregio anteriore "600" con i 6 baffi in alluminio, fanalini posteriori piccoli con base in alluminio, indicatore di direzione posteriore assente nei primi esemplari fino al febbraio del 1956. Nell'estate 1955 viene perfezionato l'indicatore del livello della benzina, eliminandone le oscillazioni durante la marcia.

600 II serie: (Marzo 1957-Febbraio 1959) la cilindrata rimane invariata, ma la potenza diventa di 22 CV a 4600 giri/min, grazie al carburatore Weber 22 IM. Vengono adottati i cristalli delle porte discendenti con meccanismo a manovella, ma senza deflettore, fanalini posteriori con indicatore di direzione giallo e catarifrangente incorporato (successivamente la Fiat fornirà un catarifrangente rotondo adesivo da applicare a cura del cliente).

600 III serie: (Marzo 1959-Settembre 1960) ulteriore incremento di potenza del motore, che con un carburatore Weber 26 IM e il rapporto di compressione aumentato da 7:1 a 7,5:1 raggiunge i 24,5 CV a 4900 giri/min, per una velocità massima di 100 km/h. Consumi invariati. Dinamo da 230 W anziché 180. I fanali posteriori diventano come quelli della 500D (più grandi con catadiottro quadrato), le frecce anteriori sui parafanghi vengono sostituite da ripetitori rotondi al termine della moulure di metà fiancata, e sul frontale vengono applicati fanalini rotondi (luci di posizione/frecce) tipo 500.

600D I serie: (Settembre 1960-Aprile 1964) motore 767 cc, 29 CV a 4800 giri/min, velocità massima circa 110 km/h. Nonostante l'aumento di potenza, i consumi rimangono di 5,7 litri per 100 km. Sul cofano motore le griglie diventano da 30 a 36, deflettori alle portiere che erano ancora incernierate posteriormente.

600D II serie: (Maggio 1964- Ottobre 1965) meccanica invariata. In concomitanza con il lancio della 850 passaggio alle portiere con cerniere all'anteriore.

600D III serie: ("Fanalona") (Novembre 1965- Dicembre 1969) meccanica invariata, proiettori maggiorati (tipo 850), , abolite tutte le modanature eccetto quelle sui sottoporta. Nuovo fregio anteriore tipo 500 F. Serbatoio carburante di forma "a lingotto" da 31 litri. La 600D (familiarmente chiamata anche "750"), fu venduta sui mercati del nord-Europa come Fiat 770 (da non confondere con un modello omonimo prodotto in Argentina e derivato dalla 850)


[img]http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/4/44/MHV_Fiat_600_02.jpg
Fiat_600_02

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Fiat 600 3ª serie del 1960





http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_126

La 126 è un'automobile prodotta dalla Fiat dal 1972 al 2000. La commercializzazione in Europa Occidentale terminò nel 1991, proseguendo la vendita sul mercato polacco, paese in cui la vettura veniva prodotta dal 1975. Fu l'ultima auto con motore posteriore prodotta dalla casa torinese.

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Fiat 126 Base post-1976


La 126 Prima Serie

Stilisticamente derivata dalla concept car "City Taxi", realizzata da Pio Manzù nel 1968, la Fiat 126 venne presentata al Salone dell'automobile di Torino del 1972, con il compito di sostituire la "500", della quale riprendeva integralmente lo schema meccanico.

La novità tecnica più importante si riscontrò nell'intero corpo della scocca che fu progettata, per favorire la migliore sicurezza all'utente finale, osservando dei nuovi principi sulle "resistenze differenziate". Tre le novità tecniche sostanziali: lo spostamento del serbatoio del carburante dal vano bagagli anteriore alla parte posteriore della vettura (precisamente sotto il sedile posteriore), il cambio (a 4 marce) sincronizzato (tranne la prima). A partire dal 1978 e solo per alcuni anni verrà anche adottato lo sterzo a cremagliera in sostituzione del classico sistema a vite e settore elicoidale presente sulla 500.

Anche il motore, il noto bicilindrico raffreddato ad aria montato posteriormente a sbalzo, era lo stesso. Come sulla contemporanea 500 R la cilindrata era di 594cm³.

Totalmente nuovi, invece, gli interni, la strumentazione ed i comandi, non privi di un misurato livello di rifinitura.

Le migliorie della 126 erano costituite, essenzialmente, dalle aumentate dimensioni della carrozzeria squadrata che, pur mantenendo invariato il passo, consentiva una maggiore abitabilità, oltre che dalle prestazioni più elevate e dalle accresciute doti di sicurezza.

La 126 era disponibile sia con carrozzeria completamente chiusa (novità rispetto alla "500") che con tetto apribile in tela (tipico della sua progenitrice).
La 126 Personal
Fiat 126 Base post-1976

Nel novembre del 1976 videro la luce le 126 Personal (con divanetto posteriore asportabile e tasche laterali portaoggetti sui passaruota) e Personal 4 (dotata di divanetto posteriore fisso più largo senza le tasche portaoggetti), con paraurti in plastica, fascioni laterali nello stesso materiale, cerchi sempre di 12 pollici ma di nuovo disegno, con nuovi mozzi ruota e tamburi dei freni maggiorati (derivati dal minivan 900 T), cofano motore leggermente rivisto (minor numero di feritoie e incavo porta targa di disegno diverso), interni completamente nuovi (con plancia ora rivestita anche in tessuto, come i sedili). Nel luglio del 1977 la cilindrata del motore viene maggiorata a 652 cm³ (24 CV).
La nuova scritta sul cofano posteriore

La 126 prima serie, con cofano motore e cerchi della Personal, rimase, tuttavia, in listino come modello base (o Economica, secondo la dicitura Fiat) fino al 1982. Le Personal, rispetto alla prima serie, avevano finiture migliori e, grazie agli interni più raffinati, un'aria quasi snob, caratteristica che la Fiat sottolineò nel 1978 con le versioni speciali Black e Silver (basate sulla Personal 4), caratterizzate da finiture particolari, dotazioni arricchite (vetri azzurrati, appoggiatesta, luce di retromarcia, lunotto termico) e carrozzerie (verniciate, rispettivamente, in nero e grigio) decorate (modanature laterali, paraurti e fascioni in colore contrastante). Nel 1980 le Black e Silver vennero rimpiazzate dalle Brown e Red, che differivano dalle precedenti solo per la colorazione (testa di moro o bordeaux) e alcuni particolari della finitura. Questi due ultimi modelli furono prodotti negli stabilimenti polacchi FSM.
Le 126 Unificata e FSM

Oltre che in Italia, (prima a Cassino e poi a Termini Imerese e Desio), la 126 venne prodotta anche negli stabilimenti FSM (Fabryka Samochodòw Małolitrażowych - Fabbrica di automobili di piccola cilindrata-litri) Polonia, in particolare dal 6 giugno 1973 dalle catene di montaggio di Bielsko-Biała e dal 18 settembre 1975 anche dal secondo stabilimento di Tychy. In Polonia la piccola utilitaria fu protagonista, negli anni settanta, della motorizzazione di massa del Paese. La 126 rappresentò per i polacchi quello che la 600 aveva rappresentato per gli Italiani negli anni cinquanta. L'8 luglio del 1979 la produzione italiana di 126 viene interrotta (dopo 1 352 912 unità prodotte) e da allora in poi le 126 saranno solo di produzione polacca, compresi quindi anche i modelli per il mercato italiano. Derogò, da questa interruzione, lo stabilimento di Termini Imerese nel quale si continuarono a produrre, per ulteriori due anni, la FIAT 126 con la guida a destra ed il modello con tettuccio apribile: opzione molto apprezzata in Gran Bretagna. Nel maggio del 1983 viene lanciata la 126 unificata (la scritta sul cofano posteriore rimarrà semplicemente Fiat 126, poco dopo accompagnata dalla dicitura Made by FSM in ottemperanza alla legge che protegge il consumatore dall'acquisto di merci la cui origine possa essere presunta dal Marchio aziendale e invece non corrispondente alla realtà [1]). Questa versione dell'83 era detta unificata in quanto venduta in un unico allestimento sostanzialmente identico a quello della Personal 4 non più in listino). Nel 1985 viene presentato un restyling della 126 unificata che prende definitivamente il nome di 126 by FSM: ha gli interni ridisegnati (con un cruscotto completamente riprogettato), inediti paraurti integrali, diversi fascioni laterali, un nuovo specchio retrovisore e l'avviamento non più a levetta sul tunnel ma a chiave come tutte le altre Fiat. La luce di retromarcia venne spostata sotto al paraurti posteriore. La meccanica era quella della Personal 4, al pari dei ridotti consumi (in media si percorrevano 17 km con un litro di carburante).

Venne venduta anche in Jugoslavia come "Zastava 650" (ma la produzione era sempre in Polonia)
La 126 Bis
Il motore della Fiat 126
Fiat 126 BIS

Le ultime novità apportate alla 126, prima di cedere il passo sui mercati occidentali alla Cinquecento, risalgono al 1987 quando debuttò la 126 Bis con motore a sogliola, portellone posteriore e raffreddamento ad acqua. L'idea di creare un vano bagagli posteriore risaliva al 1960, quando Dante Giacosa creò la "500 Giardiniera" ruotando di 90° (da verticale a orizzontale) il motore bicilindrico. La soluzione venne ripresa anche dalla 126 Bis e abbinata, per la prima volta, al raffreddamento ad acqua (anziché ad aria). Anche la cilindrata (704 cm³) e la potenza (33 CV) vennero incrementate.

Con l'occasione l'utilitaria italo-polacca si concesse qualche ritocco estetico: nuovi cerchi (da 13") con coperture in plastica, nuovo paraurti posteriore con spoiler e luci supplementari (retromarcia e retronebbia) integrate, nuovo specchietto e nuovi gruppi ottici posteriori. Gli pneumatici 135/70R13 diedero una migliore guidabilità alla vettura, le cui prestazioni erano migliorate (116 km/h di velocità massima). Questa nuova versione verrà esportata anche in Australia.

Venne anche realizzato il prototipo della "126 Kombi", una versione familiare con soluzioni molto simili alla "500 Giardiniera" che, però, non giunse alla fase produttiva.

Mentre nell'Europa Occidentale la Bis era l'unica 126 disponibile, sul mercato polacco rimaneva in listino anche la vecchia 126 FSM, con la configurazione classica. Nel 1989 alcune strip adesive applicate alla fiancata della Bis diedero vita alla 126 Up, l'ultima 126 d'occidente. L'esportazione terminò nel 1991.
Le ultime 126

Nel 1997 la Bis uscì di listino anche in Polonia, rimpiazzata dalla 126 Maluch ("piccola" in polacco) e dalla 126P, equipaggiate con motore raffreddato ad aria, ma con iniezione elettronica e marmitta catalitica.
La produzione

La produzione cessò definitivamente il 22 settembre 2000. Sono stati prodotti 1 352 912 esemplari di 126 negli stabilimenti italiani, 3 318 674 in quelli polacchi e 2.069 esemplari in Austria dalla Fiat-Steyr[2].

Sono contabilizzati quelli assemblati negli stabilimenti jugoslavi dalla Zastava, che commercializzava il modello come Zastava 126.


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Fiat 126 BIS


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Interno in finta pelle beige di Fiat 126 del 1976 color verde prato

Le 126 occidentali
Interno in finta pelle beige di Fiat 126 del 1976 color verde prato

1972 - 1976

126 (594 cm³)

1976 - 1977

126 (594 cm³) Economica
126 (594 cm³) Personal
126 (594 cm³) Personal 4

1977 - 1985

126 (652 cm³) Economica
126 (652 cm³) Personal
126 (652 cm³) Personal 4
126 (652 cm³) Black
126 (652 cm³) Silver
126 (652 cm³) Brown
126 (652 cm³) Red
126 (652 cm³) Unificata

1985 - 1991

126 (652 cm³) FSM
126 (704 cm³) 3 porte Bis
126 (704 cm³) 3 porte Up
126 (653 cm³) BOSMAL 126 cabrio


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http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_127
La Fiat 127 è una autovettura prodotta dalla Fiat che la casa torinese ha mantenuto in listino dal 1971 al 1987. Il codice di progetto interno alla Fiat è X1/4.
Produzione dal 1971 al 1987
Sostituisce la Fiat 850
Sostituita da Fiat Uno
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Fiat 127 prima serie del 1971



Prima serie
Vista anteriore della 1ª serie

Rispetto alla sua progenitrice la "127" si rivela anche molto più moderna e spaziosa all'interno. Anche il bagagliaio è molto più ampio (365 dm³). L'interno punta sulla razionalità, sia nello sfruttamento dello spazio (l'abitabilità per 4 persone è decisamente buona e rende l'auto idonea alle necessità di una piccola famiglia), sia negli arredi.

Lo stile della vettura era opera di Pio Manzù (figlio dello scultore Giacomo), che però morì in un incidente automobilistico prima di vedere in produzione la vettura.

Su strada, inoltre, la nuova utilitaria Fiat ha un ottimo comportamento: la tenuta di strada è elevata, le prestazioni sono brillanti (oltre 140 km/h di velocità massima) e i consumi contenuti. Di buon livello anche il cambio a 4 marce e l'impianto frenante, dotato di freni a disco anteriori e a tamburo posteriori.

Il successo del modello, sia da parte del pubblico che da parte della critica fu immediato, ben rappresentato dalla conquista, nell'anno della presentazione dell'ambito premio di Auto dell'anno.

Le uniche critiche vennero dai paesi del Nord Europa dove furono riscontrati limitati problemi di corrosione delle parti metalliche, acuite dai climi freddi e dalla presenza del sale antighiaccio sulle strade. Questo problema, imputabile ai modesti trattamenti anti-corrosione era, d'altra parte, ricorrente sulla quasi totalità dei modelli italiani del periodo, e non costituì un grave handicap nella diffusione della "127" che nel novembre 1974 raggiunse il milione di esemplari prodotti.

Nel '72 alla versione standard viene affiancata la 3p, dotata del portellone posteriore, mentre dal '75 è disponibile, sia per la versione a 2 porte che per quella a 3, il livello di finitura "Special" ,che si distingue per una diversa plancia, per i sedili bicolore con poggiatesta, per i profili laterali in metallo e gomma, per la luce di retromarcia, per i diversi paraurti con profilo gommato, per i copricerchi specifici, per l'inedita mascherina a maglia quadrata, per i profili cromati sui gocciolatoi,sui fanali anteriori e posteriori,sulle maniglie apriporta interne,esterne,sui pannelli,sui braccioli e perfino sul lato esterno delle guarnizioni dei vetri. Nello stesso anno vengono importati alcuni esemplari a 4 porte (sia standard che "Special"), prodotti dalla spagnola SEAT, in quel periodo sotto il controllo della Fiat.

Agli inizi del '76 per far fronte alle normative antinquinamento appena entrate in vigore il motore viene opportunamente modificato; si lavora sulla distribuzione e più precisamente su una riduzione delle fasi (aspirazione da 25°/51° a 17°/43°, scarico da 64°/12° a 57°/3°) e sulla diminuzione dell'alzata delle valvole passata da 8,8 a 8,4 mm. Si adotta anche un nuovo carburatore con un diffusore da 22 mm (Weber 30 IBA 22) in luogo dell'originale da 24 mm (Weber 32 IBA 20). Con questa modifica il motore diventa meno brillante e meno grintoso; anche i consumi di carburante, secondo la rivista Quattroruote, aumentano mediamente del 10%. Questi i nuovi dati di erogazione: potenza max. 45 CV/din a 5600 giri/min. Coppia max. 6,5 kgm/din a 3000 giri/min.
Seconda serie
Vista posteriore della 2ª serie

Nel '77 la 127 è oggetto di un profondo restyling e nasce la seconda serie del modello. I cambiamenti sono rilevanti: cambiano frontale, coda, andamento del finestrino posteriore, e tutti gli interni. 4 le varianti di carrozzeria disponibili (2 porte, 3 porte, 4 porte e 5 porte, le ultime due di produzione SEAT) e 3 gli allestimenti (L, C e CL). Tale restyling è esteso anche alla versione 4 porte in allestimento C con motorizzazione 903 cm³. Gli allestimenti L e C erano riservati alla motorizzazione 903 cm³ mentre l'allestimento CL si poteva avere solo con motore 1049 cm³. Esteticamente la L presenta paraurti metallici neri con angolari in plastica, è inoltre priva di luci di retromarcia e ha un interno piuttosto spartano, con sedili anteriori a schienale fisso rivestiti in plastica. La C ha paraurti più grossi ed interamente in plastica, luci di retromarcia, sedili meglio profilati in similpelle, pavimento in moquette, accendisigari. La CL presenta paraurti con parte superiore verniciata in argento metallizzato, mascherina con profilo inferiore argento, cerchi con coppe argento, vetri posteriori apribili a compasso, sedili reclinabili in finta pelle o panno, pannelli porte rivestiti in moquette; a richiesta, secondo le versioni, ci sono contagiri, cristalli atermici, poggiatesta, cinture di sicurezza, lunotto termico, tergilunotto, vernice metallizzata (argento, rame, verde chiaro, azzurro le tinte). Da un punto di vista estetico, la macchina perde un po' di freschezza, complice una nuova plancia dal disegno poco riuscito, soprattutto la strumentazione.

Meccanicamente si segnalala una novità: accanto al 903, viene introdotto un 4 cilindri monoalbero in testa di 1049 cm³ da 50 CV, prodotto in Brasile.
Vista anteriore della 2ª serie

Su entrambe le motorizzazioni venne montato un nuovo cambio di velocità con un rinvio finale del 15% più lungo [14/57(4,071:1)] rispetto a quello montato precedentemente [13/61(4,692:1)]. Tale modifica, istituita per limitare i consumi e la rumorosità a velocità costante, influì pesantemente sulla capacità di ripresa della vettura: in particolare la versione 903 cm³., complice anche il motore depotenziato a 45 CV, perse gran parte delle sue doti di scatto e agilità tipiche della prima versione, trasformandosi in una tranquilla berlinetta senza pretese. Chi voleva qualcosa in più doveva rivolgersi alla versione 1049 cm³. la quale, pur disponendo di un motore dal temperamento meno vivace rispetto alla 900 I serie, ricalcava grosso modo le prestazioni della vecchia versione. Dato il nuovo rinvio finale lungo, si rese necessario sostituire il rapporto della prima marcia con uno più corto [11/43(3,909:1)] rispetto a quello montato in origine [11/40 (3,636:1)] allo scopo di facilitare lo spunto del veicolo in salita e/o a pieno carico.
Una Fiat 127 Sport

Nel '78 arriva la 127 Sport, solo a tre porte e caratterizzata sportivamente ed equipaggiata col motore brasiliano di 1049 cm³ potenziato a 70 CV tramite rifasatura della distribuzione ed adozione di un carburatore doppio corpo. Esteticamente la 127 Sport si presenta piuttosto aggressiva: carrozzeria nera con strisce adesive arancio oppure arancio con strisce adesive nere oppure grigio metallizzato con strisce adesive nere, calandra con disegno reticolare, loghi sport, spoiler anteriore e posteriore, cerchi stampati con disegno sportivo, pneumatici 155/70 larghi e scarico con doppia uscita. All'interno, volante sportivo di piccolo diametro con corona imbottita e due razze in alluminio, strumentazione aggiuntiva al centro della plancia, sedili anteriori anatomici con poggiatesta integrato, rivestimenti in similpelle e tessuto con cadenini a contrasto (arancio sulle nere e arancio, azzurri sulla grigia). Di serie contagiri, orologio, lunotto termico, tergilunotto e sedile posteriore sdoppiato. Nello stesso anno giunge la "127 Top", versione speciale solo a tre porte con finiture e dotazione di accessori migliorate (vernice metallizzata blu o beige, cerchi bicolore, tetto apribile, selleria in velluto, divano sdoppiabile, cristalli atermici, appoggiatesta, lunotto termico, tergilunotto...) disponibile anch'essa con il motore 1049 cm³.

Nel 1980 venne introdotta anche la versione a 5 porte (simile alla versione Seat ma con il portellone posteriore), in allestimento CL però col solo propulsore di 903 cm³.
La 127 Diesel, 127 Panorama e la Fiat 147
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Fiat 127 D, Fiat 127 Panorama e Fiat 147.

Nel 1981 vengono lanciate la Fiat 127 D e la Fiat 127 Panorama, entrambe basate sulla carrozzeria (differente da quella della "127" europea) della "147" brasiliana. La prima è equipaggiata con un motore a gasolio di 1301 cm³ da 45 CV, la seconda (versione familiare della "147" brasiliana) è disponibile sia in versione a benzina (da 1049 cm³), sia in quella diesel (da 1301 cm³). La "147" stessa verrà venduta in Italia, con il nome di 127 rustica: presentata nel 1979 era una versione di aspetto fuoristradistico con allestimento spartano (scocca derivata dalla 147 ed assemblata presso gli stabilimenti Lamborghini), motore 1.050, sospensioni rinforzate (molloni anteriori tipo Tropico e balestre posteriori a lame), protezione della coppa. La fanaleria anteriore e posteriore era riparata da una griglia montata sul paraurti tubolare in metallo. Offerta con vernice semiopaca, cerchi neri e pneumatici winter, prevedeva come unico optional il portapacchi tubolare. Molto rumorosa ed essenziale, la Rustica fu tolta dal listino nel 1981.
Fiat 127 2ª serie Special

Nel frattempo, nella primavera del 1981, la Fiat opera una revisione della gamma. Gli allestimenti L, C, CL e Sport vengono sostituiti dagli "Special", "Super" e "Sport II". La carrozzeria beneficia di un nuovo assortimento di colori, di fasce paracolpi laterali e di bande di identificazione sul portellone; le finiture dei modelli precedenti, sempre molto spartane, vengono finalmente migliorate. Resta invariata la versione a 5 porte, rimanendo in allestimento CL. Questi modelli, che durarono in pratica meno di un anno (prodotti da marzo a dicembre 1981), sono oggi rarissimi.
Terza serie
Una 127 della 3ª serie

Nel 1981, fa il suo esordio la terza serie della 127, caratterizzata da ampi scudi paraurti (in plastica), frontale e coda ridisegnati (con gruppi ottici ricoperti da cornici in plastica), nuovi fascioni laterali in plastica (più ampi e comprensivi di passaruota negli allestimenti superiori) e nuovi interni, fra cui una plancia molto vistosa. La scocca non viene minimamente toccata.

Gli allestimenti riprendono quelli del restyling del 1980 ("Special", "Super" e "Sport"). I motori di 900 e 1050 cm³ rimangono invariati, mentre la "Sport" adotta un 1301 cm³ da 75 CV derivato per maggiorazione dal 1050 cm³. Importante novità della terza serie è finalmente la possibilità di montare il cambio a 5 marce, che sulle prime due serie non era mai stato disponibile (nemmeno sulla Sport) perché la forma dei longheroni anteriori non lasciava spazio a sufficienza. Il 5 marce viene montato soprattutto sulla versione 1050 Super, che per l'occasione sfoggia la scritta "Super 5 Speed" sul portellone. Anche le sospensioni vengono profondamente riviste nelle tarature, e per la prima volta le ruote anteriori hanno un assetto a camber negativo. La nuova carrozzeria, pretenziosa e appesantita, esprime un tentativo di sovrapporre elementi stilistici correnti a un corpo vettura vecchio ormai di dieci anni. Non era facile per i progettisti Fiat rendere alla 127 una parvenza moderna, ma le modifiche convincono i compratori che ancora una volta le regalano il primo posto (seppur insidiato dalla nuova Ritmo, e solo per il 1982) nelle vendite.
Serie Unificata
Fiat 127 unificata

L'introduzione sul mercato della "Uno" (1983), non determina, come si credeva, l'uscita di scena della "127" che, proprio quell'anno, viene nuovamente ristilizzata. Nasce la 127 Unificata (cioè un unico modello per Europa e Sud America, dove viene prodotta). La Unificata dispone di due motori (il benzina di 1050 cm³ e il diesel di 1301 cm³), due corpi vettura (berlina a tre porte e station wagon Panorama) e un unico allestimento, quello del vecchio modello "Super", e nel frontale introduce il nuovo logo Fiat: le cinque barre cromate. Più convincente della precedente, soprattutto nella coda, questa nuova serie deve però vivere all'ombra della "Uno", e il suo impatto sul mercato risulta dunque trascurabile. La carriera europea della "127" si conclude nel 1987, mentre in Sud America la produzione continua fino a metà anni novanta.

Per un certo periodo venne prodotta (con componenti di provenienza brasiliani, ma motori a benzina e non a miscela alcool-benzina) anche in Argentina dagli stabilimenti della SEVEL argentina (joint-venture con Peugeot). Il nome argentino variava. La prima versione (147/Rustica) era denominata "Brio". Successivamente con l'adozione della griglia anteriore con le "cinque barre cromata" divenne "Spazio" (sino 1l 1993) e poi "Vivace" sino al 1996, quando ne cessò la produzione anche in Argentina.

Al termine della produzione si stima che ne fossero stati prodotti oltre 4,5 milioni di unità.




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Vista anteriore della 1ª serie


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Vista posteriore della 1ª serie


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Vista posteriore della 2ª serie


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Vista anteriore della 2ª serie


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Una Fiat 127 Sport


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Fiat 127 2ª serie Special


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Fiat 127 della 3ª serie del 1982


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Fiat 127 unificata

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http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_128
La FIAT 128 è un'automobile prodotta dalla FIAT nello stabilimento di Rivalta di Torino (TO) tra il 1969 e il 1983 in Italia, e fino agli anni novanta in Sudamerica, in Egitto e in Jugoslavia. Il codice di progetto interno alla Fiat è X1/1.


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FIAT 128 1ª serie del 1969

La versione berlina e familiare

La Fiat 128 venne lanciata sul mercato nel maggio 1969, in sostituzione della vecchia Fiat 1100. Prima vettura con marchio Fiat a trazione anteriore, dopo anni di sperimentazione su modelli Autobianchi (come la Primula del 1964 e la A111 del 1968), fu progettata dall'ing. Dante Giacosa (padre di tutti i modelli Fiat fino agli anni settanta), ed era considerata una vettura all'avanguardia. In quegli anni la soluzione tutto avanti era una soluzione poco diffusa e sino a quel momento osteggiata dai vertici Fiat, utilizzata da Lancia (sui modelli Flavia e Fulvia), dalla Citroën, dalla Peugeot, dalla Renault per alcuni modelli (R4 e R6), dalle inglesi (Austin/Morris) o da alcuni costruttori tedeschi (allora) minori (Audi/DKW). La vera innovazione rispetto a quasi tutte le concorrenti "pioniere" della trazione anteriore (gli inglesi lo avevano già fatto nel 1959 con la "Mini") fu il gruppo motore - cambio montato in posizione trasversale, soluzione che consentiva un ottimale sfruttamento dello spazio nell'abitacolo. La 128, era caratterizzata anche da altre soluzioni tecniche moderne: le sospensioni a quattro ruote indipendenti consistevano in uno schema Mc Pherson all'avantreno e in una sospensione con balestra trasversale, con funzione anche di barra stabilizzatrice, al retrotreno; il motore era un 4 cilindri con albero a camme in testa, azionato da cinghia dentata in gomma, che comandava direttamente le punterie senza interposizione di bilancieri.

L'interno era più funzionale che lussuoso, con un cruscotto semplice e razionale, sedili rivestiti in sky, finiture semplici e una notevole abitabilità interna (grazie alla mancanza del tunnel centrale e alla disposizione trasversale del motore).
128 Familiare

Al momento del debutto era disponibile un solo motore: un nuovo 4 cilindri in linea di 1116 cm³ da 55 CV, con asse a camme in testa comandato da cinghia dentata. La velocità massima era di circa 140 km/h.

La linea, piuttosto spigolosa (come in uso all'epoca) e anonima, era ispirata a quella delle sorelle maggiori, le Fiat 124 e 125. La gamma iniziale prevedeva le versioni berlina a 2 o 4 porte e la familiare a 3 porte (chiamata "Familiare").

La 128 ottenne subito un notevole successo di pubblico e di critica, aggiudicandosi il premio di Auto dell'anno nel 1970. Narra la leggenda che Giorgetto Giugiaro, recandosi a Wolfsburg per presentare i bozzetti del disegno della futura Golf, vide nel reparto progettazione Volkswagen una 128 completamente smontata; i tecnici tedeschi ritenevano infatti che la berlina Fiat fosse il miglior esempio di "auto medio piccola" moderna.

Se nei primi anni di carriera la 128 s'era dovuta confrontare con modelli tecnicamente meno evoluti (in Italia ebbero un certo successo le Ford Escort Mk 1 e le Opel Kadett B, entrambe a trazione posteriore e con retrotreno ad assale rigido con balestre semiellittiche), l'avvento della "Golf I" (1974), della Renault 14 del 1976 (che però non ebbe molto successo) e della nuova generazione di medie a 2 volumi con portellone posteriore resero la carrozzeria della 128 obsoleta. Nel 1978, con il lancio della Fiat Ritmo, la gamma della 128 fu semplificata mantenendo il solo allestimento CL con motore 1100; a metà del 1980 uscì di produzione anche la Panorama, mentre la berlina restò in vendita fino alla fine del 1985.
La versione da Rally
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Fiat 128 rally.

Nel 1971, allo scopo di conferire un'immagine di sportività, venne presentata la 128 Rally, basata sulla versione a 2 porte. L'aspetto esteriore presentava lievi modifiche estetiche (mascherina anteriore verniciata in nero opaco, strip adesive laterali nere e gruppi ottici posteriori tondi, gli stessi della 850 Sport Coupé, anziché rettangolari), ma era equipaggiato con un motore potenziato a 67 CV, grazie all'aumento di cilindrata a 1.290 cm³, e caratterizzato da finiture degli interni particolarmente curate e quadro strumenti di impronta sportiva.

Nello stesso anno vennero lanciate anche le versioni coupé (denominate "Sport", come da tradizione), realizzate sul pianale accorciato della berlina. Oltre a modifiche alle sospensioni anteriori (venne aggiunto un braccio inferiore per creare uno schema simile a quello a quadrilateri), le "Sport" potevano contare su motori (di 1116 e 1290 cc) potenziati (rispettivamente 64 e 75 cv) e su due allestimenti: "S" (con fari anteriori quadrati e interni semplificati) e "SL" (con doppi fari anteriori circolari, mascherina specifica, rostri sui paraurti e interni più curati e strumentazione completa di contagiri).
Il modello Coupé
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Fiat 128 coupé.

Il carrozziere Moretti realizzò nei primi anni settanta una propria interpretazione nelle versioni coupé e targa ("Moretti 128 Roadster") costruite in piccola serie, mentre il preparatore Giannini realizzo alcune elaborazioni sportive della 128, sia in versione "berlina" che "Rally".

Un primo restyling (mascherina modificata, paraurti con inserti in gomma e altre varianti minori) del modello avvenne nel 1972. Nel 1974 venne introdotta la berlina 4p in versione Special, meglio accessoriata all'interno e con alcune piccole modifiche estetiche (tra cui una nuova mascherina cromata, fari anteriori quadrati, profili laterali cromati, luci di retromarcia). La "Special" era equipaggiata col motore di 1290 cm³ della "Rally" (uscita di listino), con potenza ridotta a 60 cv.
Fiat 128 3P

Nel 1975 la "Sport" venne modificata nella parte posteriore, completamente ridisegnata e dotata di un ampio portellone. La nuova denominazione del modello fu "128 Coupé 3P", mentre la meccanica (motori compresi) rimase la stessa della serie precedente. Questo modello di sportiva-familiare, forse perché troppo in anticipo sui gusti del pubblico, non incontrò il successo che pure avrebbe meritato per intelligenza progettuale e sobrietà di costi. Nel 1978 uscì la sua ultima evoluzione, un rifacimento della GXL estera, nient'altro che una 3P con spoiler al lunotto, paraurti e specchietti neri e motivi a fasce adesive sulla carrozzeria. Passò quasi inosservata.
Fiat 128 versione del 1976

L'ultima versione messa in produzione fu quella del 1976. L'ammodernamento della linea era affidato al nuovo frontale, ai paraurti e profili in plastica nera (con parte superiore color argento metallizzato), ai gruppi ottici posteriori ridisegnati e ad altre modifiche minori. Anche gli interni vennero riprogettati. La gamma comprendeva ora la berlina a 4p e la "Panorama" (ovvero la Familiare) a 3p, negli allestimenti "base", "C" e "CL" coi motori di 1116 cm³ (55cv) e di 1290 cm³ (60cv). La "1300" era disponibile solo nella versione "CL".
Uso nelle competizioni
Una Fiat 128 da competizione

La 128 ha avuto anche una carriera particolarmente longeva nelle competizioni, grazie alle buone doti del telaio, alla leggerezza e alla trazione anteriore che la facilitava nei rally. Ancora oggi, nelle gare per auto storiche, è una fortissima concorrente nella categoria 1,3 litri.

Nello stesso periodo la Federazione Italiana Motonautica (FIM) ha istituito la categoria Entrobordo Corsa FIAT 128 (N) nazionale. Tutte le imbarcazioni erano dotate di motori Fiat 128 1300 cm³ di serie e scafi "a tre punti" del cantiere Lucini & Frigerio. Nell'aprile del 1979 la FIM omologa a Sabaudia il record di velocità (122,87 km/h) e fondo sulle 24 miglia (112,09 km/h) della categoria. Viene anche assegnato per alcuni anni il titolo di campione nazionale FIAT 128(N).
Produzione estera
La 128 prodotta dalla Zastava

Prodotta in Italia fino al 1983, nelle versioni berlina e coupé in 3.107.000 esemplari e nella versione X1/9 (questa però d'impostazione completamente diversa: a motore centrale e trazione posteriore) in più di 180.000 esemplari, la Fiat 128 fu prodotta su licenza all'estero :

Jugoslavia (sotto il marchio Zastava) con il nome di Zastava 128. Tipica di quel territorio era una particolare versione a tre e cinque porte, nota come Zastava 101, prima e di Zastava Skala 55 poi. La produzione della Zastava 101, iniziata il 15/10/1971 termino' nel 2001 quando venne cambiato nome; fu costruita in 1.031.671 esemplari, mentre è proseguita fino ad ottobre 2008 con il nome di Skala 55.
In Egitto presso la consociata locale Fiat Nasco è attualmente in produzione la Nasr 128.
In Argentina, oltre le versioni berlina a 2 e 4 porte come in Italia,era presente una interessante versione familiare a cinque porte, con terzo finestrino laterale. La produzione presso la Fiat Concord è arrivata a 255.110 esemplari tra il gennaio 1971 e dicembre 1990.

Dopo la produzione della seconda serie (denominata "Europa"), le ultime versioni ("Super Europa") erano dotate di motore 1500 cm³ e caratterizzate da un frontale che le faceva assomigliare alla Argenta.

In Spagna fu prodotta, con marchio SEAT, la sola versione 128 3P fabbricata in 31.893 esemplari. Venne affiancata una versione disegnata autonomamente dalla SEAT e chiamata SEAT "1200 Sport" che non ebbe grande successo.

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FIAT 128 1ª serie del 1969


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Vista posteriore

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128 Familiare


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Fiat 128 versione del 1976


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La 128 prodotta dalla Zastava

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http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_850
Fiat 850
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Fiat 850
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Fiat 850 1ª serie
Descrizione generale
Costruttore Italia Fiat
Tipo principale Berlina
Altre versioni Coupé
Spider
Familiare
Furgonata
Produzione dal 1964 al 1971
Sostituisce la Fiat 600
Sostituita da Fiat 127

La Fiat 850 è un'autovettura prodotta tra il 1964 ed il 1971 in oltre 2 milioni e 200 000 esemplari.

Nata per riempire il vuoto che vi era tra la 600 e la 1100, la Fiat riuscì a creare in poco tempo e con poca spesa una vettura che seppe resistere dal periodo successivo alla fine del Boom economico fino all'inizio della crisi dell'auto degli anni settanta. Essa è inoltre il penultimo modello a motore posteriore prodotto dalla casa torinese. L'ultima sarà la 126.

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Fiat 850 1ª serie


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Fiat 850 vista posteriore


Genesi del progetto e caratteristiche

All'inizio degli anni sessanta la Fiat, forte del 70% delle immatricolazioni che deteneva, avviò lo studio di un nuovo modello da inserire tra la 600 e la 1100. Venne messo così in cantiere il progetto 122, che prevedeva una vettura completamente nuova (mantenendo tuttavia trazione e motore posteriore), ma venne abbandonato per contenere gli investimenti, ripiegando su un'evoluzione della 600 da inserire nella categoria di veicoli immediatamente superiore.

Una delle proposte di stile del progetto 122 fu comunque utilizzata dalla Simca, all'epoca consociata alla Fiat, per la 1000.

Si iniziò così a lavorare su un progetto che doveva essere economico ma remunerativo allo stesso tempo, venne difatti utilizzata come punto di partenza la struttura base della 600 (inclusi tetto e cellula abitativa) e la meccanica (rivista in molti particolari, come le sospensioni posteriori ed il motore), per realizzare una nuova utilitaria che si proponeva come modello più raffinato rispetto alla illustre progenitrice.
Differenze e migliorie rispetto alla 600

Il lavoro di Dante Giacosa (capo progettista Fiat dell'epoca) fu semplice ma innovativo, bastò realizzare un frontale più alto e squadrato che incorporava i fari anteriori, i quali passarono da 13 a 17 cm di diametro (erano gli stessi della 1100 D) mentre i lamierati esterni delle portiere vennero ridisegnati, il parabrezza venne ampliato e i finestrini posteriori modificati per ottenere una maggiore visibilità. La nuova piccola coda posteriore, aggiunta per ragioni aerodinamiche ed estetiche si rivelava in realtà sconveniente se si doveva raggiungere il motore, in quanto bisognava smontare il fascione portatarga. Questi accorgimenti portarono ad aumentare la lunghezza della carrozzeria che passò a 357,5 centimetri, 36 in più della 600. Dell'antenata, oltre all'analoga impostazione ed architettura, la 850 mantenne anche le ruote da 12 pollici con relativi coprimozzo, adottate sulla versione "fanaloni" della 600, ovvero l'ultimo modello prodotto in affiancamento con la neonata 850.

L'abitacolo, benché fosse strutturalmente identico a quello della 600, era in realtà maggiormente spazioso e più ricco, bastò infatti disegnare una plancia più moderna e rivestire il tutto in materiale plastico (nero antiriflettente) al posto della lamiera, un'importante novità era l'introduzione di un impianto di riscaldamento efficiente che non immetteva nell'abitacolo l'aria calda e maleodorante del motore, ma che disponeva di un radiatore proprio. Queste caratteristiche resero la vettura agli occhi del pubblico un enorme passo avanti rispetto alla 600.

Anche per quanto riguarda la meccanica i progettisti decisero di non abbandonare il vecchio Fiat 100 quattro cilindri raffreddato ad acqua anche se vi apportarono sostanziali modifiche, ridisegnarono la testata e l'albero a camme e aumentarono la cilindrata dai 767 della 600D a 843 centimetri cubici (da qui il nome 850) il che fece ottenere un numero maggiore di cavalli, da 29 a 34 (questo consentiva di toccare i 120 chilometri all'ora alla versione "Normale", che diventavano 125 per la "Super"). Ulteriori cambiamenti vi furono con l'introduzione di un nuovo braccio a "Y" che sorreggeva il motore, montato in posizione arretrata rispetto alla 600. L'impianto frenante di questa prima serie, ovviamente a comando idraulico, manteneva il classico schema a tamburo sulle 4 ruote ma debitamente potenziato in virtù dell'aumento di peso e prestazioni rispetto alla 600.

Al momento del lancio nel maggio del 1964 erano disponibili due versioni, la Normale da 34 CV (alimentata a benzina normale), e la Super da 37, (alimentata a benzina super, con maggior numero d'ottano). I due modelli erano identici. L'unico fattore discriminante era una targhetta, posta nel vano motore, recante la sigla 100G000 per la versione Normale, 100G002 per la versione Super.
Versioni derivate
Un Fiat 850 T
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Fiat 850T.

Subito dopo la berlina esordì la 850 T (evoluzione del 600 T), versione che il marketing di oggi potrebbe definire come monovolume o come multispazio, che aveva la connotazione di un minibus con la possibilità di ospitare un maggior numero di passeggeri e da cui venne derivato anche un furgoncino.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Fiat 850 Spider.

Nel '65 vennero introdotte la Coupé (disegnata dal centro stile Fiat) e la Spider (disegnata da Bertone). Entrambe realizzate sul pianale della berlina, ne differivano meccanicamente per i motori potenziati (47 CV per la Coupé e 49 CV per la Spider) e per i freni anteriori a disco (sulla berlina erano a tamburo su tutte le ruote).
Fiat 850 coupé prima serie

Entrambe riscossero grande successo, in quanto stilisticamente (benché la Spider fosse molto più riuscita), sembravano Ferrari in miniatura. Sempre nel '65 venne lanciata la berlina Super Idramatic, dotata di frizione idraulica automatica (ma il cambio rimaneva meccanico a 4 rapporti): molto comoda in città, ebbe scarso successo.

Al di fuori della produzione seguita direttamente dalla casa torinese, diverse sono state le interpretazioni da parte di carrozzieri esterni. Degna di nota è la SIATA 850 Spring, vetturetta spider ispirata delle auto anni '30 scoperte. I pochi esemplari prodotti, quasi tutti finiti all'estero, montavano, appunto, la meccanica della Fiat 850 tipo 100G.002, ossia quelli della Super (anche se molti esemplari, forse dopo la rottura del motore, o per pura smania di cambiare, montano la versione da 47 CV, o preparata o originale del coupé, o addirittura il 903, più adatto come prestazioni al tipo di vettura)

Anche la Carrozzeria Vignale realizzo una sua versione coupé e spider; venne prodotta dal carrozziere in Italia come Fiat 850 Vignale, e con il motore della Fiat 600D in Argentina, direttamente dalla casa con il nome di "770" prima e "800" in seguito (anche in versione Spider)
Seconda Serie
Fiat 850 Special

Nel '68 tutta la gamma fu oggetto di ritocchi. Tra le berline la Super cedette il posto alla Special, meglio rifinita, con profili cromati sulle fiancate, cornici lucide ai bordi di parabrezza e lunotto, mascherina modificata; all'interno, tante piccole migliorie: nuovo volante con corona in simil legno e razze nere in metallo forato, nuova plancia rivestita in plastica, quadro strumenti nero anziché grigio e tachimetro con fondo scala a 160 Km/h anziché 140, aggiunta di un pozzetto porta-oggetti vicino alla leva del cambio, divano posteriore ridisegnato con sostegno per le cosce, specchietto retrovisore interno con posizione antiabbagliante. Nuovi colori interni e esterni, e nuovi cerchioni da 13 pollici (adottati già su coupé e spider, che saranno anche dotazione delle future 128 e 127). Furono mantenuti i rostri gommati e fu equipaggiata col motore da 47 CV della versione coupé del 1965, dotato di carburatore a doppio corpo e collettori di scarico maggiorati, che le consentiva di superare i 135 km/h. In conseguenza di questo incremento prestazionale, si scelse di adottare i più performanti freni a disco sull'avantreno. La 850 Normale, invece, rimase pressoché invariata.

Anche le due versioni sportive furono oggetto di attenzione, soprattutto la Coupé, che venne ristilizzata (nuova coda allungata e incassata con 4 fari circolari anziché due, nuovo frontale con fari supplementari e diversi indicatori di direzione, inedito fregio anteriore) e dotata di motore di cilindrata (da 843 a 903 cm³) e potenza (da 47 a 52 CV) maggiore.
Fiat 850 coupé seconda serie

Anche la Spider venne equipaggiata col motore da 52 CV della coupé, ma i ritocchi estetici furono limitati alla scomparsa della carenatura dei fari anteriori (divenuti più sporgenti), ad una nuova griglia posteriore e ad altri piccoli accorgimenti come l'aggiunta della dicitura in lingua inglese alla strumentazione. Tale scelta (unitamente a quella dei fari anteriori più sporgenti) furono adottate in ossequio al mercato americano, sul quale fu venduta una discreta quantità di Spider. La nuova denominazione adottata dalla seconda serie delle piccole sportive era 850 Sport Coupé e 850 Sport Spider.

La produzione delle berline e delle Familiari cessò nel '71 (anno del lancio della 127), mentre le due Sport rimasero in listino fino al '72 (nel '71 la coupé si dotò di fari supplementari più ampi).


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Un Fiat 850 T


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Fiat 850 coupé prima serie


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Fiat 850 Special

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Fiat 850 coupé seconda serie 1970

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Fiat Ritmo
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_Ritmo
Fiat Ritmo
Fiat Ritmo.jpg
Descrizione generale
Costruttore Italia Fiat
Tipo principale Berlina
Altre versioni Cabriolet
Produzione dal 1978 al 1988
Sostituisce la Fiat 128
Sostituita da Fiat Tipo
Esemplari prodotti 2.044.393
Altre caratteristiche
Dimensioni e massa
Lunghezza 4.015 mm
Larghezza 1.650 mm
Altezza 1.405 mm
Massa 850 kg
Altro
Stile Sergio Sartorelli
per Centro Stile Fiat
Stessa famiglia Fiat Regata
Lancia Delta
SEAT Ritmo e Ronda
Auto simili Chrysler Horizon
Ford Escort
Opel Kadett
Renault 14
Volkswagen Golf

La Fiat Ritmo è un modello di autovettura prodotta dalla casa automobilistica italiana Fiat tra il 1978 e il 1988 negli stabilimenti Fiat di Cassino (FR) e nello stabilimento Fiat di Rivalta (TO).

L'auto è stata prodotta dal 1978 in due diverse serie, di cui la seconda realizzata nel 1982, per essere sostituita nel segmento C, fascia di mercato che copriva nel listino della Fiat, dalla Tipo.

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fiat ritmo 1978


La storia

Il progetto 138, destinato allo sviluppo di un'erede per la 128, venne avviato nel 1972. L'obiettivo era quello di dare alla media Fiat un aspetto più moderno, in modo da tenere il passo delle protagoniste del segmento fuori dai confini nazionali, in particolare Volkswagen Golf e Renault 14. Il marketing ebbe un'importanza determinante nella definizione dell'estetica della vettura, "imponendo" la realizzazione di un'autovettura a 2 volumi con portellone posteriore, abitabilità per 5 persone, interni funzionali e "spiccata riconoscibilità rispetto alla concorrenza". Tale soluzione dieci anni prima era stata scartata per la 128 prodotta in Italia, ma utilizzata per la versione jugoslava.

Il centro stile Fiat, guidato da Gianpaolo Boano realizzò una berlina di dimensioni contenute (meno di 4 metri di lunghezza), con avvolgenti paraurti in plastica (incorporanti anche le luci) e caratterizzata da un forte contrasto fra elementi circolari (fari, maniglie porta) e linee tese (fiancata e coda). Per contenere i costi di produzione, venne elaborato un particolare processo produttivo per la realizzazione dei costosi paraurti sintetici.

Anche gli interni, con plancia e pannelli porta, completamente in plastica, stampati in pezzo unico erano improntati alla massima funzionalità ed abitabilità. Un altro tocco di "modernità" al modello era dato dall'assemblaggio automatizzato (attraverso l'uso di robot) di buona parte dell'autovettura. La meccanica invece era (incluso il pianale, allungato nel passo) la stessa della 128: trazione anteriore, sospensioni a ruote indipendenti MacPherson davanti, balestrone trasversale al posteriore e impianto frenante di tipo misto. Il cambio manuale poteva essere a 4 o 5 marce.

Nel 1979 mancò per un soffio il riconoscimento di auto dell'anno, classificandosi al secondo posto.

La Ritmo, questo il nome scelto per il nuovo modello, debuttò al Salone dell'Automobile di Torino del 1978. Nei mercati di lingua inglese, il nome fu cambiato in "Strada". Circolò la voce che questo fu fatto poiché la parola "ritmo" o "rhythm" indicasse in inglese il ciclo mestruale[1]. In realtà tale interpretazione è da considerarsi una leggenda metropolitana, in quanto tale parola non è comunemente utilizzata con tale significato nei paesi anglosassoni, ed è più probabile che la scelta sia stata fatta per ragioni di pronunciabilità[2][3][4].
Al momento della presentazione erano disponibili due corpi vettura (3 e 5 porte), due allestimenti (L e CL) e tre motorizzazioni, evoluzioni di quelle della 128. Alla base si collocava la versione 60, spinta da un motore da 1116 cm³ di stretta derivazione 128 ma potenziato a 60cv, poi c'era la versione 65 con un inedito 1301 cm³ (evoluzione del 1290 cm³ della 128) da 65 CV ed infine la Ritmo 75, con cilindrata elevata a 1498 cm³ (75 CV) e disponibile anche con un cambio automatico a tre rapporti. La gamma per l'Italia era composta dalle versioni:

60 3p L
60 5p L
60 3p CL
60 5p CL
65 3p CL
65 5p CL
75 5p CL Automatica

Le CL, più accessoriate, potevano montare a richiesta anche il cambio a 5 marce (non disponibile sulle L). La 75, pensata soprattutto per i mercati esteri (e in Italia disponibile solo in versione automatica), ebbe poco successo in Italia anche per via della relativa scarsa potenza che poco giustificava i costi per il bollo (che all'epoca si pagava in base ai cavalli fiscali e quindi alla cilindrata) e l'assicurazione. La vettura, pur bene accolta sia in Italia che in Germania, venne criticata per la scarsa qualità delle plastiche utilizzate e per i pannelli porta completamente privi del minimo inserto in tessuto, nonché per le numerose pecche di assemblaggio. Nessuna critica invece per la parte meccanica, ormai già ampiamente collaudata e sempre moderna.

La Casa corse ai ripari a partire dal 1979 introducendo via via nuove versioni e numerose modifiche di dettaglio distribuite nel corso di tutta la vita del modello. Nel settembre di quell'anno fu introdotta la versione speciale Targa Oro, caratterizzata dalla verniciatura in color visone metallizzato con filetto dorato lungo tutta la fiancata, dai paraurti di colore scuro, dai cerchi specifici (con parti color oro), dai fendinebbia Carello con mascherine e scocca color oro, e dalle finiture interne più curate (sedili e pannelli porta in velluto pregiato e plastiche di colore specifico ed abbinato). Le Targa Oro, disponibili sia con carrozzeria a 3 che a 5 porte, erano basate sulle 65 per il mercato interno e sulle 75 per i mercati esteri. Da notare che le versioni a 3 porte erano disponibili in colore nero pastello. Sempre nel '79 la gamma venne arricchita della versione 65 5p CL Automatica, equipaggiata sempre con il cambio automatico di derivazione Volkswagen. Nello stesso periodo, allo scopo di contenere i costi di produzione, la 60 L fu dotata del motore monoalbero da 1049 cm³ ripreso dalla 127 seconda serie e costruito in Brasile a Belo Horizonte, potenziato a 60 CV dai 50 originari per far fronte al maggior peso della vettura: questo propulsore, all'epoca nuovissimo e molto moderno, dava alla Ritmo L prestazioni analoghe alla CL seppur con consumi globali leggermente superiori per via dell'erogazione leggermente più appuntita.

Le ambizioni della Ritmo furono chiare quando Gianni Agnelli la presentò, col nome di "Strada" e le modifiche del caso (paraurti ad assorbimento, motore 1500 a iniezione dotato di dispositivi antinquinamento e cambio automatico di serie), ai venditori americani. L'operazione, conclusasi 3 anni dopo, non ebbe molta fortuna.
La Ritmo 105TC

Nel 1980 venne introdotta anche la Ritmo D (solo 5 porte), equipaggiata con un nuovissimo 4 cilindri diesel progettato dall'ing.Lampredi, di 1714 cm³ da 55 CV ottenuto a partire dal monoblocco della 132 1800, dotandolo di testa, pistoni ed accessori specifici. Per compensare il maggior peso del motore, l'assetto fu rivisto sostituendo i puntoni anteriori con una robusta barra di torsione. Pur aiutando la manovrabilità di guida aggravata dalla sopportazione di un motore più pesante rispetto quelli a benzina, tale modifica, inizialmente, si dimostrò insufficiente. Furono riscontrati dei casi in cui si ebbe il cedimento della traversa anteriore (telaietto in lamiera dove alloggia il motore). Sicché la FIAT, con discretissima campagna d'informazione, fece richiamare tutti i clienti presso le Concessionarie di vendita le quali applicarono, sul telaietto incriminato, due spessi sopporti in lamiera collegandoli alla sospensione.[senza fonte] La D era disponibile negli allestimenti L e CL. Sempre durante il 1980 furono aggiunte delle modanature parasassi in plastica davanti ai passaruota posteriori, vennero introdotte diverse modifiche all'impianto di ventilazione, e soprattutto rifatte le portiere anteriori: il finto deflettore triangolare sparì per lasciare il posto ad un vetro unico, il caratteristico retrovisore trapezoidale fu sostituito da uno specchietto più normale e predisposto per la regolazione dell'interno, e l'alloggiamento per l'altoparlante fu spostato in basso. Inoltre i famigerati pannelli interni monopezzo furono sostituiti da altri meno ingombranti e dal disegno più ricercato. Meccanicamente fu modificata la tiranteria del cambio con un nuovo comando sdoppiato, e fu adottato in serie il servofreno a depressione in luogo del cosiddetto miniservo meccanico.

Nel 1981 le versioni Targa Oro e 75 vennero sostituite dalle potenziate Super 75 e Super 85, con, rispettivamente, motore di 1301 cm³ da 75 CV e 1498 cm³ da 85 CV entrambi dotati di carburatore doppio corpo ed albero a camme dalla fasatura più spinta. L'allestimento era decisamente ricco: paraurti neri con bordini cromati su calandra e portatarga posteriore, maniglie porta cromate, profili cromati intorno a parabrezza, lunotto e alla base dei finestrini, diversa presa d'aria sul cofano, ed infine inedite ruote da 165/65 su cerchi specifici da 14 pollici. Gli interni furono totalmente ridisegnati: la plancia in particolare aveva un aspetto più imponente ed era costruita in materiale schiumato simile a quello della Lancia Delta, la strumentazione era totalmente diversa ed includeva contagiri ed orologio digitale, i retrovisori erano regolabili dall'interno ed i sedili maggiormente imbottiti e dotati di serie di poggiatesta regolabili in altezza ed inclinazione. A richiesta erano finalmente disponibili anche gli alzacristalli elettrici anteriori e la chiusura centralizzata. Le Super erano disponibili solo con carrozzeria a 5 porte, ed ebbero un consistente successo.

Lo stesso anno debuttarono anche la versione sportiva Ritmo 105 TC e la Ritmo Cabrio (quest'ultima già presentata come prototipo al Salone di Francoforte 1979[5]).

La prima, solo con carrozzeria 3 porte, era caratterizzata esternamente soprattutto dallo specifico paraurti anteriore di colore nero con spoiler e fendinebbia integrati, codolini neri, filetti neri lungo le fiancate e ruote da 14" della Super con copriruota neri (a richiesta cerchi in lega specifici neri). Il look grintoso era giustificato dai 105 CV erogati dal motore bialbero di 1585 cm³ a carburatore che la spingeva fino a 180 km/h con un'accelerazione da 0 a 100 in circa 10 secondi. All'interno sedili avvolgenti, volante sportivo a tre razze e numerosi altri particolari in tono. L'assetto era adeguato con ammortizzatori più frenati ed una barra stabilizzatrice anteriore che coadiuvava i puntoni di reazione. La Ritmo Cabrio, realizzata da Bertone, era realizzata sulla scocca della 3 porte ma ereditava meccanica ed allestimento della 85 Super, e riscosse un immediato e duraturo successo. Caratteristico il vistoso roll bar centrale con montanti in tinta vettura e il "portellone" posteriore, ottenuto (a capote chiusa) ribaltando verso l'alto il lunotto e verso il basso il coperchio del vano bagagli[5].
Fiat Ritmo Abarth, lato posteriore

Nel 1982 la Ritmo ricevette altre modifiche di dettaglio delle quali la più vistosa era sicuramente la sparizione della caratteristica "codina" alla fine del tetto, che si era rivelata controproducente dal punto di vista aerodinamico creando vortici che, fra l'altro, risucchiavano la polvere e l'acqua alzata dalle ruote posteriori sporcando il lunotto. Nonostante la prima serie fosse sul mercato ormai da 4 anni e si avviasse a fine produzione, in quell'anno la Fiat introdusse comunque una ulteriore versione: la 125 TC Abarth. Mossa da un bialbero a carburatore doppio corpo di 1995 cm³ da 125 CV a 6000 giri, la versione curata dalla Abarth aveva una carrozzeria (solo 3 porte) molto sportiva basta sulla 105 TC, con in più cerchi in lega specifici di produzione Pirelli con gomme P6 da 185/60-R14, strip adesiva laterale Abarth 2000, alettone posteriore in gomma alla base del lunotto, terminale marmitta cromato, sedili sportivi e volante racing. Immancabili ovviamente le targhette con il marchio dello scorpione. Inoltre la ruota di scorta, troppo larga per restare nel vano motore, fu spostata nel bagagliaio ed "imbustata" in un'apposita custodia in finta pelle. Oltre al potente motore, questa versione era dotata di un robusto cambio sportivo prodotto dalla tedesca ZF, freni anteriori a dischi autoventilanti con servofreno maggiorato, e tutta una serie di modifiche all'assetto che includevano diversi fuselli anteriori marcati Abarth che conferivano una diversa geometria all'avantreno. La Ritmo 125 Abarth, con i suoi 190 km/h e uno 0-100 in meno di 9 secondi, destò molto interesse presso la stampa italiana ed estera: famoso all'epoca un servizio pubblicato su Gente Motori in cui il pilota di rally Attilio Bettega si cimentava in un'improbabile gara di accelerazione contro un caccia Fiat G-91 delle Frecce Tricolori.
La Ritmo fra design e marketing

La Ritmo idealizzò il rapporto esistente tra il design ed il marketing, risultando la prima vettura alla storia della Fiat per cui il marketing assunse un'importanza molto particolare. Fu anche la prima auto italiana (in Francia la Renault 5 li aveva dal 1972) ad avere i paraurti integrati nel corpo vettura (e non sporgenti a se stanti come fino ad allora succedeva); questo causò inizialmente alcune difficoltà da parte del pubblico ad accettare la vettura che a quel tempo sembrava priva di paraurti.[6]
Seconda serie
Vista laterale della Ritmo seconda serie

Alla fine del 1982 un profondo restyling portò alla presentazione della Ritmo seconda serie. Benché a livello di lamierati sembrava fosse cambiato solamente il cofano motore, in realtà la scocca della vettura subì una totale riprogettazione che la differenziava totalmente dal vecchio pianale di derivazione 128, portando ad un risparmio di peso di circa 70 kg e allo stesso tempo alla risoluzione dei problemi di fessurazioni della zona anteriore del telaio che avevano afflitto numerosi esemplari della prima serie (in particolare le diesel) e che avevano obbligato i progettisti ad introdurre piastre di rinforzo sulla traversa anteriore soprattutto sulle versioni sportive. Le modifiche più evidenti riguardarono lo spostamento del serbatoio in posizione protetta sotto al sedile posteriore (prima era sotto al bagagliaio), il bocchettone di rifornimento passato dal parafango sinistro a quello destro e celato da uno sportello, la definitiva migrazione della ruota di scorta sotto al bagagliaio (stranamente accessibile dall'esterno come in alcune auto francesi), e differenti duomi delle sospensioni anteriori con attacchi a tre viti invece che a due. La personalità della vettura apparve sensibilmente modificata. Meno originale, ma più elegante, il nuovo frontale con 4 fari circolari (due sulla 60 3p base), mascherina nera e nuovo logo Fiat a 5 barre verticali inclinate, mentre in coda cambiarono i gruppi ottici, più grandi e non più inglobati nel paraurti. Di nuovo disegno anche gli scudi paracolpi. Completamente riprogettati, invece, gli interni delle versioni normali (sedili, pannelli porta e plancia erano completamente nuovi), mentre le versioni Super riprendevano la plancia delle precedenti con poche modifiche di dettaglio. Molto apprezzato da stampa e clienti fu il nuovo impianto di ventilazione, maggiorato grazie allo spazio recuperato con lo spostamento della ruota di scorta.
La Ritmo Cabriolet realizzata da Bertone

Alle numerose modifiche estetiche si abbinavano quelle meccaniche. Le sospensioni anteriori adottarono nuove molle coniche disassate che rendevano più preciso il funzionamento degli ammortizzatori e limitavano le reazioni allo sterzo su asfalto sconnesso, il cambio a 5 marce diventava di serie su tutta la gamma "manuale", e i motori 1116 e 1301 cm³ venivano rivisti per renderli più elastici e diminuire i consumi, guadagnando l'accensione elettronica senza puntine ("breakerless") ed una diversa messa a punto: queste modifiche ridussero la potenza da 60 a 55 CV sul 1100 migliorando però la coppia, mentre i 1300 da 65 e 75 CV vennero unificati in un'unica versione da 68 CV dotata di carburatore doppio corpo. Invariato il 1500 da 85 CV. Il 1700 diesel venne rivisto nelle tarature e guadagnò 3 CV (ora 58). Gli allestimenti vennero ridotti a due (base e S) più la 105 TC, mentre la sportiva 125 TC Abarth resta per il momento invariata alla prima serie. La gamma delle Cabrio (aggiornate come le berline) venne ampliata con l'introduzione del motore 1300 accanto al 1500.

La gamma della Ritmo 2 venne completata nel 1983 con l'introduzione delle versioni Energy Saving e Abarth 130 TC. La prima, mossa dal 1116 cm³ da 55 CV con dispositivo "cut-off", grazie anche ad un abbassamento di 4 punti (da 0.42 a 0.38) del coefficiente di penetrazione aerodinamica ottenuto attraverso l'adozione di un piccolo spoiler posteriore alla fine del tetto, dalle cornici anti turbolenza ai finestrini e ai copriruota lisci, consentiva significative economie di carburante. Decisamente profonde le modifiche apportate alla Abarth: il motore guadagnava l'accensione elettronica digitale Marelli Digiplex e l'alimentazione mediante due carburatori doppio corpo orizzontali da 40. Il risultato erano 130 CV a 5800 giri (200 in meno della precedente 125 TC), che abbinati al peso minore e al cambio con il finale leggermente allungato la rendevano capace di uno spettacolare (per l'epoca) tempo di 8 secondi netti da 0 a 100 km/h. La Ritmo 130 ebbe un successo strepitoso presso gli appassionati grazie alle prestazioni (e alla "cattiveria" con cui erano espresse), ulteriormente alimentato dai successi sportivi che la vettura colse nelle gare in pista e su strada, dominando per anni i principali campionati europei di Gr. N. In generale la "cura Abarth" includeva molti particolari mirati ad una facile preparazione agonistica della vettura: ad esempio la stessa adozione, apparentemente anacronistica, dei doppi carburatori (la Golf GTI aveva da sempre l'iniezione), serviva in realtà ad avere già omologato un collettore di aspirazione a quattro farfalle da accoppiare all'iniezione meccanica Kugelfischer (un must delle competizioni di quell'epoca).
La 105TC del 1984

La gamma "italiana" 1983 includeva le versioni:

60 3p
60 5p
60 5p Energy Saving
70 5p Automatica
70 5p S
85 5p S
105 3p TC
130 3p TC Abarth
D 5p
D 5p S
Cabrio 85 S

Nel 1984 la gamma venne rinnovata: la versione "base" venne divisa in due versioni, "L" (con mascherina a soli due fari, cambio a 4 marce e allestimento molto povero) e "CL" (identica alla precedente base, ma con poggiatesta e tergilunotto di serie). Inoltre, l'allestimento S venne esteso anche alle 60. Con la fine della seconda serie, nel 1985 venne presentata la versione speciale "IN", basata sulla 60 S e caratterizzata dai copricerchi integrali, da una fascia adesiva di colore grigio/rosso, dai rivestimenti interni specifici e dall'autoradio di serie. A maggio 1985 un leggero restyling (mascherina anteriore, paraurti diversi e predisposti per i fendinebbia, spostamento della targa posteriore sullo scudo, fascioni neri di plastica sulle fiancate, maniglie porta rettangolari invece che rotonde) accompagnò un aggiornamento della gamma. Il motore della 60 adottò il carburatore doppio corpo guadagnando 3 CV (ora 58). La 105 TC, ormai spiazzata dalla Abarth, venne rimpiazzata dalla 100 S a 5 porte dotata di una nuova versione del bialbero con testa ruotata di 180 gradi (motore poi montato anche sulla Lancia Prisma seconda serie) e potenza ridotta a 100 CV per migliorare elasticità e consumi: questa versione ebbe poco riscontro in Italia, ma fu maggiormente apprezzata all'estero. La 130 TC Abarth ricevette nuovi cerchi in lega dal disegno simile a quelli della Uno Turbo. Le versioni diesel ebbero importanti novità: il vecchio motore da 1714 cm³ lasciò il posto ad una nuova unità da 1697 cm³ facente parte della nuova famiglia di motori derivati dalla "dieselizzazione" dei monoalbero delle ultime 131 del 1981. Il nuovo motore erogava ora 60 CV, risultando inoltre più parco e più elastico oltre che più silenzioso. Completamente inedita invece la nuova versione Turbo DS, mossa da un 4 cilindri turbodiesel con intercooler di 1929 cm³ da 80 CV facente parte della stessa famiglia del 1697 cm³. Dalla gamma vennero tolte le Energy Saving, le 85S e le versioni a 3 porte "non sportive", mentre la Cabrio 85S lasciò il posto alla Supercabrio 100 S.

La gamma '85 italiana includeva:

60 5p L
60 5p CL
60 5p S
70 5p CL Automatica
70 5p S
100 5p S
130 3p TC Abarth
D 5p L
D 5p CL
Turbo DS 5p

Nel 1986, per ridare fiato alle vendite in vista dell'ultimo anno di produzione, vennero introdotte due nuove versioni speciali in edizione limitata: a Maggio arrivò la Team (versioni 60 e D) sulla base della 5p CL e personalizzata con scritte e tappezzeria specifici, mentre in Luglio fu la volta della Super Team, riconoscibile per la mascherina in tinta ed accessoriata con alzacristalli elettrici, chiusura centralizzata e volante regolabile. La Super Team era disponibile con motorizzazione 60, 70 e 100.

Nel 1988 la Ritmo venne sostituita dalla Tipo.
Il funzionamento della Energy Saving

Il lancio nel 1983 di un modello denominato 60 E.S. (come per "Uno" e "Regata"), dove la sigla indicava "Energy Saving", merita un approfondimento a parte.

Questo modello, espressamente votato al contenimento dei consumi, differiva dalla 60 normale per numerosi particolari meccanici e di allestimento. Il motore era dotato di nuovi pistoni che alzavano leggermente il rapporto di compressione, l'albero a camme aveva una fasatura differente, il carburatore doppio corpo era dotato di dispositivo "cut-off" elettronico che tagliava l'afflusso di carburante in rilascio, e l'accensione era elettronica digitale Marelli Digiplex che garantiva una maggior possibilità di variazione dell'anticipo in base alle condizioni di utilizzo del motore, nonché prestazioni più stabili ed una scintilla più potente. Il cambio era dotato di un rapporto della V marcia allungato.

A livello di allestimento la vettura era dotata di copricerchi particolari, deflettori davanti alle ruote posteriori, e spoiler posteriore posto superiormente al cofano (ben diverso dalla "codina" delle prime serie), il tutto per migliorare l'efficienza aerodinamica e quindi i consumi. All'interno la strumentazione era arricchita dall'econometro, che indicava (con una certa approssimazione) il consumo istantaneo del motore: tale strumento era integrato da una spia la cui accensione segnalava al guidatore il momento migliore per passare ad una marcia superiore.

Il risultato di tutte queste modifiche era che la Ritmo ES aveva consumi più contenuti rispetto alla 60 normale, ma allo stesso tempo risultava leggermente più veloce e brillante, segno di un'effettiva maggior efficienza complessiva. Il rovescio della medaglia era rappresentato dal prezzo di acquisto sensibilmente superiore, che innalzava il punto di pareggio, ma nonostante questo ebbe un buon riscontro di vendite. Il "cut-off", per la precisione, è un dispositivo di origine americana inizialmente concepito esclusivamente per ridurre le emissioni dei motori in fase di decelerazione, quando la combustione diviene incompleta e irregolare, tuttavia consente anche un certo risparmio di carburante evitando di alimentare inutilmente i cilindri in fase di "rilascio", quando il motore agisce unicamente da freno.

Da segnalare inoltre il fatto che nel 2001 le poche Ritmo ES rimaste in circolazione hanno evidenziato alcuni problemi di battito in testa quando furono alimentate con la benzina "verde" a 95 ottani in seguito alla sparizione dal mercato di quella "rossa" contenente piombo tetraetile. Il problema, causato dall'elevato rapporto di compressione unito al cospicuo anticipo di accensione garantito dalla centralina Digiplex (anticipo peraltro non regolabile), era facilmente ovviabile usando uno degli appositi additivi in commercio; ciò nonostante, fu un altro fattore che purtroppo ne accelerò la rottamazione prematura.
Modelli derivati
La SEAT Ritmo derivata dalla prima serie di Fiat Ritmo

Fino al 1982, in base all'accordo di collaborazione sottoscritto fra le case automobilistiche, la Ritmo venne prodotta in Spagna dalla SEAT. Allo scadere dell'accordo la casa spagnola riciclò il più possibile le sue catene di montaggio, sostituì un numero di pezzi sufficiente ad evitare problemi di copyright ed uscì sul mercato con un modello molto simile alla progenitrice, la SEAT Ronda, rifacendo di fatto quanto già accaduto con la Fiat Panda, riciclata in SEAT Marbella, e con la 127 (diventata Fura). Nel 1984, con poche modifiche sullo stesso pianale della Ronda la SEAT costruì la prima serie della Ibiza e anche la Malaga, mantenendone anche le sospensioni.

Dalla Ritmo seconda serie fu derivata la berlina Fiat Regata, vettura che aveva talmente tanti elementi in comune con la Ritmo da essere omologata come una sua versione (entrambe avevano sigla di progetto "138", e come tali erano indicate sulla carta di circolazione).

Un fatto curioso: la nuova Fiat Bravo, presentata in Italia dal febbraio 2007, viene venduta sul mercato australiano con il nome di Fiat Ritmo.


Altre versioni Cabriolet
Produzione dal 1978 al 1988
Sostituisce la Fiat 128
Sostituita da Fiat Tipo
Esemplari prodotti 2.044.393

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La Ritmo 105TC

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Fiat Ritmo Abarth, lato posteriore

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La Ritmo Cabriolet realizzata da Bertone

640px-Fiat_Ritmo_105TC
La 105TC del 1984

1983_seat_ritmo
La SEAT Ritmo derivata dalla prima serie di Fiat Ritmo


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Fiat Regata
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_Regata
Fiat Regata
Fiat Regata berlina.JPG
Descrizione generale
Costruttore bandiera Fiat
Tipo principale Berlina
Altre versioni Weekend
Produzione dal 1983 al 1990
Sostituisce la Fiat 131
Sostituita da Fiat Tempra
Esemplari prodotti oltre 900.000
Altre caratteristiche
Dimensioni e massa
Lunghezza 4.260 mm
Larghezza 1.650 mm
Altezza 1.415 mm
Massa da 890 a 1020 kg
Altro
Stile Sergio Sartorelli
per Centro Stile Fiat
Altre antenate Fiat 128
Stessa famiglia Fiat Marengo
SEAT Málaga
Fiat Ritmo
Lancia Prisma
Auto simili Audi 80
Citroën BX
Ford Orion
Opel Kadett
Rover serie 200
Volkswagen Jetta e Passat
Fiat Regata rear 20080326.jpg

La Fiat Regata, autovettura prodotta dalla Fiat e derivata dalla piattaforma in comune con la Fiat Ritmo, venne commercializzata nel 1983 e prodotta fino al 1990.

Le concorrenti nella stessa fascia di mercato erano le Audi 80, Citroën BX, Ford Orion, Opel Kadett, Rover serie 200, e Volkswagen Jetta. Una versione con molti punti in comune con la Regata fu la spagnola SEAT Málaga. La Lancia Prisma invece ne condivideva motori e cambi, anche se i benzina erano generalmente più potenti degli omologhi Fiat (telaio e sospensioni invece erano del tutto diversi, gli stessi della Lancia Delta).

1983

La Fiat Regata nasce nello stabilimento della Fiat Mirafiori nel 1983, ed entra a far parte del segmento delle berline medie. È stata lanciata al Salone di Francoforte nel settembre 1983.

L'auto di casa Fiat inizialmente doveva chiamarsi Fiat Azzurra in onore dell'omonima barca a vela, che aveva tra i finanziatori Gianni Agnelli e che ben figurò all'America's cup del 1983, ma poi si scelse il nome Regata, sempre legato a tale ambito. Con una linea filante e con un abitacolo spazioso, la Fiat Regata venne venduta in varie versioni: la Regata con motore diesel e le 70, 85 e 100 con motore benzina. Il cambio era manuale a 5 marce per tutte (tranne la 1.3 litri, venduta in alcuni mercati con cambio a 4 rapporti), a richiesta era disponibile un cambio automatico sulla 85 ed, in un secondo tempo, sulla 70. La versione più ricca e costosa era di gran lunga la 100, che permetteva lunghi e confortevoli viaggi autostradali; la diesel, invece, per chi percorreva molti chilometri e voleva risparmiare, era disponibile in due motorizzazioni di SOHC, l'iniziale da 1714 cm³ che erogava 58 cv e il successivo, aggiunto nel 1984, da 1929 cm³ con 65 CV. Disponibili in due allestimenti, normale e "S", queste ultime montavano di serie alzacristalli elettrici e chiusura centralizzata, oltre ad una strumentazione più completa; inoltre, le versioni 85S, 100S e DS potevano montare, a richiesta, l'aria condizionata, mentre il servosterzo, di serie sulla DS, a richiesta poteva dotare anche la 100S. Caratteristico della Regata in versione S era il gruppo comandi della climatizzazione a controllo elettronico, in cui i tradizionali cursori a leva erano sostituiti da pulsanti basculanti, e file di led ad indicare portata e temperatura dell'aria.
Fiat Regata Weeekend del 1985

Accanto alle versioni normali venne presentata anche una serie riconoscibile dalla sigla ES (Energy Saving) che presentava alcuni miglioramenti aerodinamici ed accorgimenti tecnici maggiori (più alto rapporto di compressione, differente fasatura della distribuzione, carburatore con cut-off elettronico), un motore da 1301 cm³ da 65 CV (3 CV in meno della 70, che arrivava a 68 CV), un sistema di spegnimento del motore (con vettura ferma, cambio in folle e pedale della frizione sollevato) denominato Citymatic, antesignano del sistema start e stop,[1] ed accensione elettronica digitale Marelli Digiplex, il tutto al fine di ridurre il consumo di carburante.

Venne messa in commercio quale erede della Fiat 131, anche se il pianale era derivato da quello della Ritmo, assieme a buona parte della meccanica: pertanto, aveva motore anteriore trasversale e trazione anteriore, abbandonando la soluzione classica della 131 (motore anteriore longitudinale e trazione posteriore). Nel 1984 venne presentata anche la versione Weekend, che andava a sostituire nel catalogo la Fiat 131 Panorama.

Anche per questo modello proseguì l'abitudine della casa torinese di assegnare un numero al modello seguendo la potenza erogata dal motore; effettivamente il motore base da 1.301 cm³ erogava 68 cv, l'intermedio da 1.498 cm³ ne erogava 82 e il top della gamma da 1.585 cm³ disponeva di 100 CV. A Settembre 1985, con l'introduzione della III serie della Ritmo, furono rivisti i propulsori: il carburatore con cut-off fu introdotto anche sulle 1.3 e 1.5 litri, mentre il rapporto di compressione fu incrementato come nella versione ES, la cui produzione fu interrotta pur rimanendo a listino per un breve periodo. Conseguenza di ciò fu una lieve riduzione della potenza massima, da 68 CV a 65 CV per la 1.3 litri e da 82 CV a 79 CV per la 1.5 litri, ma allo stesso tempo la coppia massima si incrementò, con una maggiore elasticità del propulsore.
1986
Una Regata del 1988, vista frontale
Interni

Un aggiornamento del modello avvenne nel 1986, quando furono cambiati numerosi piccoli particolari estetici (quali le maniglie delle portiere, la linea di cintura che seguiva l'inclinazione del cofano, il paraurti posteriore leggermente più lungo in modo da coprire il sottoscocca, le modanature inox su calandra e paraurti, i nuovi fanali anteriori e posteriori per le versioni S, i nuovi copriruota, i nuovi rivestimenti interni e la nuova grafica del quadro strumenti), ma soprattutto venne aggiornata la gamma dei motori.

La versione 100S i.e. montava l'inedito motore 1600 bialbero con iniezione elettronica single point e prese il posto della 100S. Per i mercati esteri vi erano le versioni 75 i.e. con motore 1.500, e la 90 i.e.che era in pratica una 100S i.e. depotenziata per contenere emissioni e permettere l'uso del catalizzatore già obbligatorio in altri paesi europei. Eliminate dal listino italiano la 85 e 85S con motore 1500.

La desinenza "i.e." qualificava i nuovi propulsori come dotati di iniezione elettronica; in alcuni casi in abbinamento alle nuove marmitte catalitiche. Cambiarono anche i modelli diesel, venne introdotta la TurboDS con motore turbodiesel da 1929 cm³, mentre l'unità della Regata D da 1714 cm³ lasciò il posto ad una nuova unità derivata dal 1929 cm³, ridotto nella cilindrata a 1697 cm³, ma guadagnando in compenso in potenza, raggiungendo i 60 CV e riducendo contemporaneamente i consumi. Anche il peso dei vari modelli venne leggermente ridotto, invariate invece le caratteristiche del motore della regata DS equipaggiata con motore diesel 1929, già abbastanza moderno all'epoca.

Nel 1987 fu presentata una serie speciale, la Riviera, prodotta esclusivamente con motore a benzina 100S i.e e motore diesel 1929 turbo; rispetto alle versioni S era riconoscibile grazie ad un filetto decorativo laterale con scritta "Riviera" e montava di serie aria condizionata oppure in alternativa il tetto apribile, aveva nuovi interni in velluto ed era disponibile soltanto in due tinte metallizzate. Questa serie fu prodotta fino al 1990.

Nel 1989 la versione Riviera fu affiancata da un'altra versione speciale, la Mare, prodotta con motore 1300 a benzina e 1900 diesel aspirato; in questo stesso anno scomparve definitivamente dal listino il motore diesel 1700. La versione "Mare" era in pratica la versione base della Regata che montava in più i vetri elettrici anteriori e la chiusura centralizzata, con nuovi rivestimenti interni. Questa versione fu prodotta fino al 1990.

Quelle descritte furono le uniche modifiche estetiche apportate al modello nei suoi 7 anni di vita. La produzione della Regata ebbe termine nel 1990, in concomitanza con la presentazione dell'erede, la Fiat Tempra.
Altre versioni

In Sud America (prodotta in Argentina) e nel Nord Europa la vettura era venduta come "Regatta" con due "t".

Nel 1986 fu commercializzata una versione, denominata "Star", della Regata 70S prima serie, con vetri elettrici, chiusura centralizzata cruscotto con econometro e contagiri, fregi adesivi laterali. Dopo poco tempo fu commercializzato il restyling.

In Venezuela fu venduta anche una versione 2 litri di cilindrata, con il propulsore bialbero di 1995 cm³ della Croma, mentre in alcuni mercati era commercializzata la versione con il motore di 1116 cm³ della Fiat Ritmo e cambio a 5 marce.

In Egitto è stata prodotta la Nasco Sahin 1.6SL soprannominata "Florida" grazie al progetto venduto dalla Fiat stessa.

In Turchia è commercializzata come Tofaş Şahin, vettura di derivazione 131 ma con estetica della Regata.

Nel 1985 la Giannini realizzò una versione della Fiat Regata con motore Diesel turbocompresso 1714 cc con 80 cv


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Fiat Regata berlina

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fiat regato posteriore

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Fiat Regata Weeekend del 1985

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Una Regata del 1988, vista frontale

Edited by max_400 - 8/4/2013, 22:34
 
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max_400
view post Posted on 8/4/2013, 21:53     +1   -1




Fiat 131
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_131

La 131 è una autovettura prodotta dal gruppo Fiat tra il 1974 e il 1985.

Costruttore Italia Fiat
Tipo principale Berlina
Altre versioni Station wagon
Produzione dal 1974 al 1983
Sostituisce la Fiat 124
Sostituita da Fiat Regata
Esemplari prodotti Italia : 1.513.800
Spagna : 356.670
Turchia : 1.257.651

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Fiat 131 Mirafiori (1974–1977)


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Una Fiat 131 CL del 1979, tratta da una prova di Quattoruote 01/1979

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Fiat 124
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_124

La 124 è un'autovettura prodotta dalla Fiat tra il 1966 ed il 1974.

Sostituisce la Fiat 1300
Sostituita da Fiat 131

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Fiat 124 1ª serie del 1968

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fiat 124 posteriore

Fiat 1300
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_1300


La prima versione della Fiat 1300 berlina, disponibile anche con motore da 1500 cm³, uscita nel'61

Produzione dal 1961 al 1967
Sostituita da Fiat 124

La 1300/1500 è un'automobile Fiat, prodotta a partire dal 1961 con due motorizzazioni, da 1295 e 1481 cm³, di potenza rispettivamente di 65 e 72 cavalli.

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vista posteriore
 
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max_400
view post Posted on 8/4/2013, 22:17     +1   -1




Fiat 1100
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_1100


Costruttore bandiera Fiat
Tipo principale Berlina
Altre versioni Furgonata
Familiare
Produzione dal 1939 al 1969
Sostituisce la Fiat 508 Balilla
Sostituita da Fiat 128

La Fiat 1100 è un'automobile prodotta dalla casa automobilistica Fiat dal 1939 al 1969.


La Fiat 1100 è un'automobile prodotta dalla casa automobilistica Fiat dal 1939 al 1969.

La capostipite di tutte le "1100" fu la Fiat 508C Nuova Balilla 1100, uscita nel giugno del 1937, la cui evoluzione stilistica, presentata alla fine del 1939 e subito ribattezzata popolarmente "musone", fu la prima vettura della marca torinese a fregiarsi della denominazione Fiat 1100. Il soprannome "musone" derivava dall'imponente calandra spartivento (in uso anche sulla Fiat 2800) che la differenziava esteriormente dalla prima versione, poi anche definita "musetto" per retroformazione.

Nell'immediato dopoguerra (settembre 1948), la 1100, lievemente modificata, assunse la designazione di 1100 B, poi, alla fine dell'estate del 1949, uscì la 1100 E — caratterizzata esteriormente dall'adozione di un vano posizionato nella coda, destinato all'alloggiamento della ruota di scorta — che rimase a listino fino alla primavera del 1953 quando nacque la 1100-103. Grazie alla sua abitabilità, la 1100 ebbe in quegli anni un notevole successo specialmente come taxi o come base per gli allestimenti ad ambulanza. In precedenza, durante la guerra, era già stato prodotto un modello modificato in allestimento "ufficio mobile".
Le 1100/103 (1953-60)

Nel 1953 l'auto fu radicalmente modificata: nacque la 1100/103. Si trattava di un'autovettura totalmente nuova, dotata di scocca portante. Della progenitrice manteneva solamente il motore 4 cilindri con albero a camme laterale di 1089 cm³.
La Fiat 1100/103 del 1953 nell'allestimento normale

Le soluzioni tecniche (a parte il passaggio alla soluzione monoscocca) erano classiche: trazione posteriore, avantreno a ruote indipendenti con balestra trasversale, retrotreno a ponte rigido con balestre longitudinali semiellittiche e freni a tamburo su tutte le ruote. Tuttavia non mancava qualche novità, come il telaietto ausiliario che sosteneva il gruppo motore-cambio al quale era ancorata la sospensione anteriore. La 103, messa sul mercato nell'aprile 1953 in due versioni, la Tipo A, più economica, e la Tipo B, maggiormente rifinita, si caratterizzava per una moderna linea a 4 porte e 3 volumi (anche se la coda era molto più corta rispetto ai modelli successivi), con parafanghi integrati e coda tondeggiante.

Pochi mesi dopo il debutto fu presentata anche la 103 Familiare, ovvero la versione giardinetta. La 103 ottenne grande successo, soprattutto nella versione berlina Tipo B (con interni meglio rifiniti, sedile anteriore con schienale separato, maggiori cromature esterne e ampia scelta di colorazioni): la Tipo A (disponibile solo in grigio e con allestimento spartano) non piacque molto, mentre la Familiare era apprezzata da artigiani e commercianti. Tutte le 103, comunque, grazie al sedile anteriore intero e alla leva del cambio al volante, potevano ospitare 6 persone.
La Fiat 1100/103 TV prima serie del 1953-54

Nell'ottobre del 1953 fu lanciata la versione 103 TV (Turismo Veloce) con motore potenziato di 14 HP (per un totale di 50, contro i 36 delle altre versioni), albero di trasmissione diviso in due parti collegate da un giunto, verniciatura bicolore, finiture più ricche, "codine" al bagagliaio e terzo faro centrale (inserito nella mascherina).

Al Salone di Ginevra del marzo 1955 fu presentata la 103 Trasformabile: disegnata dalla Sezione Carrozzerie Speciali della Fiat, si trattava di una piccola spyder a 2 posti, con tratti americaneggianti (anche se non fu mai esportata negli Stati Uniti) e meccanica della 103 TV berlina.
La 1100/103 "E" TV del 1956-57

Nel 1956 un restyling interessò la 103 berlina e familiare, dando vita alla serie 103 E. Oltre a modifiche al frontale (nuova mascherina) e agli interni (plancia, strumentazione, riscaldamento, rivestimenti), la berlina beneficiò di un nuovo disegno dei fanalini posterior e di un diverso posizionamento della ruota di scorta nel vano bagagli. La TV adottò una nuova griglia anteriore e la verniciatura bicolore si estese anche alle fiancate Dal punto di vista tecnico, oltre a motori leggermente potenziati (40 hp per le versioni normali e 53 per le TV), tutte le versioni adottarono l'albero di trasmissione in due parti. Le Trasformabile, invariate esteticamente, adottarono il motore da 53 HP.

Al Salone di Torino dell'autunno 1957 uscì la serie 103 D (conosciuta anche come modello 58), contraddistinta soprattutto dall'incremento delle dimensioni grazie a un bagagliaio più lungo e più capiente, mentre nel 1958 le TV berlina e Trasformabile furono rimpiazzate dalle corrispondenti versioni della 1200.

Nel marzo del 1959 un ulteriore restyling diede vita alla serie 103 H (definita anche come "Tipo Lusso") che andò ad aggiungersi alla 103 D: il nuovo modello si distingueva dalla versione base per il motore più potente ma anche per un equipaggiamento più ricco, per allestimenti interni più curati, per una diversa mascherina anteriore, per la verniciatura bicolore e per l'aggiunta di profili e fregi cromati quali le "rondinelle" sulle codine. Nel 1959-60 la gamma era pertanto composta dalle versioni base (103 D), dalla versione Lusso (103 H) e dalla Familiare.
Le 1100 Export e Special (1960-62)
La Fiat 1100-103 Export del 1960-61

Nell'autunno 1960 la gamma delle 103 fu rivoluzionata: la versione "base" fu denominata "Export" ed ereditò la carrozzeria della precedente 103 H (la cosiddetta berlina Lusso) anche se in edizione semplificata, mentre la versione di maggior pregio, cui venne assegnata la denominazione Special, adottò il corpo vettura della 1200 Granluce reso più piacevole dall'eliminazione di numerosi orpelli cromati. Entrambe montarono il motore da 48/50 hp (55 hp misurati col metodo S.A.E.) che consentiva loro di superare i 130 km orari di velocità massima.

Anche la Familiare beneficiò di qualche piccola modifica e adottò il medesimo motore delle berline. Da segnalare che alla fine del 1961 la versione Special ricevette qualche piccola modifica, la più evidente delle quali alle fiancate, dalle quali furono eliminate le nervature che avevano caratterizzato tutte le 103 precedenti.
Le 1100 D (1962-66)

Nell'autunno del 1962 un ulteriore restyling diede vita alla 1100 D. A cambiare furono soprattutto la mascherina anteriore, i fanalini, i fregi cromati (semplificati) e gli interni.

Dal punto di vista tecnico le novità maggiori erano l'adozione del motore di 1221 cm³ (ex 1200 Granluce) da 55 hp e l'adozione del carburatore monocorpo. Le 1100 D erano disponibili in un unico allestimento, identico tra berlina e Familiare.
Le 1100 R (1966-69)
Una 1100 R del 1967

Nel gennaio del 1966, nell'imminenza del lancio delle più moderne 124 (avvenuto appena due mesi dopo), per evitare ogni possibile concorrenza tra i due modelli, la 1100 fu riposizionata verso il basso e motorizzata di nuovo con un motore da 1089 cm³ e 48 HP.

Contemporaneamente la carrozzeria fu rivista nel frontale (completamente ridisegnato) e negli interni (semplificati dall'adozione di componenti della 850, come la strumentazione). Sulla berlina cambiò anche la coda, ora più squadrata, priva di pinne e dotata di luci circolari (le stesse della 850). Dal punto di vista tecnico si segnalava anche l'adozione di freni anteriori a disco e il comando del cambio a cloche anziché quello ormai in disuso al volante.

La nuova versione, denominata 1100 R (ovvero "Rinnovata"), rimase in listino — sia nella versione berlina che in quella Familiare — fino all'ottobre del 1969, quando fu definitivamente sostituita dalla Fiat 128 immessa sul mercato circa cinque mesi prima.
Le 1100 "estere"

La 1100 R, poi venduta con successo nell'Europa Occidentale, era stata originariamente pensata per il mercato pakistano. La Fiat, infatti, pensava che l'oramai datato modello non fosse più in grado di reggere sui mercati evoluti, anche se invece smentì le previsioni e ottenne successo.

Il costruttore indiano Premier, che aveva già fabbricato su licenza le Fiat 500 Topolino, rilevò nel 1967 la catena di montaggio della 1100 D, avviando la produzione della Premier Padmini, identica all'originale Fiat (a parte il motore che invece era il 1089 cm³ da 48 hp del modello R).

La vettura (adattata con guida a destra) fu costruita fino al 1999, stabilendo un vero record di durata per un modello Fiat di media categoria e più di 1.000.000 di esemplari fabbricati.

La Fiat 1100 fu anche prodotta dalla consociata argentina Fiat Concord nella versione D Export tra il 1960 e 1963. 23.152 furono gli esemplari prodotti.

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Fiat 1100 BL


Una Fiat 1100 103 Familiare del 1954-55

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La Fiat 1100/103 del 1953 nell'allestimento normale


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La Fiat 1100/103 TV prima serie del 1953-54

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La Fiat 1100-103 Export del 1960-61

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Una 1100 R del 1967

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1100/103 E (1956-57)

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Furgone 1100 T (1957-58)

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1100 D, anni sessanta

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Neckar 1100/103 di fabbricazione tedesca

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1100 R (1967)

Fiat 508 Balilla
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_508_Balilla

La Fiat 508 Balilla è una famosa vettura prodotta dalla Fiat negli anni trenta con la quale ebbe inizio la motorizzazione di massa in Italia.


Una Fiat 508 Balilla del 1933

Altre versioni Coupé
Spyder
Torpedo
Produzione dal 1932 al 1937
Sostituisce la Fiat 509
Sostituita da Fiat 508C
Esemplari prodotti 113.165 in Italia + 26.472 in Francia + Germania + Polonia

Il contesto

Il progetto fu attuato da diverse celebri figure dell'automobilismo di quegli anni: Nebbia, Fessia, Giacosa e Zerbi che costruirono una vettura dalle prestazioni di classe ma dai costi relativamente contenuti. Il modello viene presentato alla Fiera di Milano il 12 aprile del 1932 in occasione del Salone dell'automobile e si caratterizzava soprattutto per il cambio a tre marce non sincronizzate.

Montava anteriormente un motore Fiat 108C a benzina, a quattro cilindri in linea a valvole laterali da 995 cm³ di cilindrata, capace di sviluppare circa 20 CV a 3500 rpm. La trazione era posteriore e l'auto montava freni a tamburo su tutte e quattro le ruote; la vettura poteva spingersi a circa 80 km/h di velocità massima.

Tale versione venne sostituita però due anni dopo dalla Balilla a quattro marce e munita di carrozzeria aerodinamica a due o quattro porte. Tale versione venne indicata come Fiat 508B e quindi, per retroformazione, il precedente modello a 3 marce fu chiamato Fiat 508A

Gli esemplari prodotti fra le varie serie dal '32 al '37 furono ben 112.000, complice il basso costo dell'auto, 10.800 lire contro le 18.500 della Fiat 509 che permise alla Fiat una produzione senza precedenti di questa fortunata realizzazione.

Fu protagonista della motorizzazione delle forze armate negli anni '30. Il Regio Esercito la acquisì sia nella versione berlina (per gli ufficiali dei Reali Carabinieri), che nelle versioni Fiat 508M Torpedo Militare e Spider Militare come veicolo tattico[1].

La Balilla veniva prodotta negli stabilimenti torinesi del Lingotto e fu venduta in tante configurazioni diverse berlina, spider, torpedo, coloniale, sport spider e berlinetta Mille Miglia, facendo anche la fortuna di molti carrozzieri che ne sfruttarono il telaio: ricordiamo in particolare Garavini, Savio, Balbo, Bertone, Casaro e Ghia.

Oltre che in Italia venne anche prodotta in Polonia e messa in vendita con il marchio Polski-Fiat 508, al prezzo di 5.400 Zł. Fu prodotta in 3 versioni successive.

Venne fabbricata anche in Francia dalla neonata Simca-Fiat. Presentata il 18 settembre 1932, fu prodotta in 26.472 esemplari fino nel 1937.

Fu anche fabbricata presso la NSU-Fiat in Germania.

La sua diretta erede fu la Fiat 508C "Nuova Balilla 1100" (1100A musetto) presentata nel 1937 con nome di progetto Fiat 508C.

Tra i possessori di tale autovettura ci fu Gigi Meroni, estroso e sfortunato calciatore di Como e Torino. L'automobile è stata recentemente restaurata.
Versioni
La versione spider militare della FIAT 508
La versione sport della FIAT 508

Berlina: fu il primo modello a nascere nel 1932; a due porte, 4 posti e 3+1 marce; i sedili anteriori, scorrevoli, erano ribaltabili in avanti per accedere alla panchetta posteriore; portiere con cristalli scendenti a manovella; parabrezza apribile, dotato di tergicristallo elettrico; interni in panno e tappeti in gomma; tra gli accessori erano presenti lo specchietto retrovisore, lampada centrale, portabagagli esterno e ruota di scorta sul parafango sinistro. L'allestimento "Lusso" prevedeva interni in panno speciale, paraurti e fari, pedane e calandra cromate, come la maniglieria ed i coprimozzi delle ruote. Nel 1934 fu presentata la nuova versione, con carrozzeria più aerodinamica e con cambio a 4+1 marce, disponibile anche a quattro porte. Nel giugno dello stesso anno la quattro porte venne ulteriormente modificata nella carrozzeria, con modifiche sensibili alla calandra ed all'inclinazione del parabrezza (che indicano già la strada intrapresa poi con la Fiat 508C), e divenne l'unico modello di berlina in produzione, disponibile anche in allestimento "Lusso".

Fiat 508B Spider.

Spider: a due posti affiancati e sfalsati, a 3 marce; i sedili erano in pelle; il parabrezza era abbattibile e la capote in tela riponibile in apposita sacca. Disponibile anche in allestimento "Lusso". Dal 1934 fu disponibile con cambio a 4+1 marce, esteticamente immutata.

Torpedo: prodotta la 1933; a quattro posti e quattro porte; 3+1 marce; disponibile solo nell'allestimento "Lusso"; rispetto alla Spider aveva selleria ed ebanisteria foderata in pelle colorata, montanti del parabrezza cromati, capote in tela con archi in legno e metallo cromato con apposito sacco-custodia, pedane in gomma e cerniere cromate. Dal 1934 fu disponibile con cambio a 4+1 marce, esteticamente immutata.

Torpedo Coloniale: si tratta della normale Torpedo con pneumatici maggiorati e colorazione sabbia.

Spider Sport: spider a due posti sfalsati; 3+1 marce; la carrozzeria bassa e morbida per una guida "gomito fuori", con la caratteristica coda da insetto, fu disegnata nel 1933 dalla Ghia ispirandosi alle spider inglesi dell'epoca; il carburatore Veix ed il rapporto di compressione aumentato a 7:1 portarono la potenza a 30 CV a 4.000 giri/min con un rapporto al ponte di 10/43; la Spider Sport raggiungeva così i 110 Km/h. Fu prodotta anche dalla NSU di Neckarsulm, dalla Walter di Praga e dalla Fiat-France. La Fiat 508S, conosciuta come "Coppa d’Oro", è la più ricercata dai collezionisti. Dal 1934 fu realizzata con cambio a 4+1 marce, distribuzione con valvole in testa ed altre modifiche del dettaglio, che portarono la potenza a 36 CV. Le modifiche alla carrozzeria riguardavano nel particolare la coda, più affusolata. Disponibile in allestimento "Corse".

Coupé (Berlinetta Mille Miglia): lanciata nel 1935, la meccanica è quella della Spider Sport del 1934 con motore Fiat 108CS, mentre la carrozzeria è quella di una berlinetta biposto aerodinamica, pensata per le corse in climi rigidi come appunto la Mille Miglia. La soluzione risultò troppo pesante, non risultante competitiva rispetto alla Spider Sport.

Berlina 4 porte con motore 108CS: tra le innovazioni del 1934 a tutta la gamma Balilla, alle versioni "Lusso" ne venne aggiunta una per la Berlina 4 porte cor guida a destra, ruote a raggi, rapporto di compressione diminuito a 6,8:1 e potenza ridotta a 34 CV per 765 kg di peso.

Un Fiat 508 Camioncino.

Balilla Van: autocarro leggero di grande successo, basato sia sulla versione 508A (a 3 marce) che sulla 508B (a 4 marce). Era disponibile sia in versione Camioncino con cassone in legno da 350 kg circa di carico, sia in versione Furgoncino in metallo.

508 Militare: a 3 e 4 marce, prodotta in versione spider, torpedo e camioncino per il Regio Esercito[2].

altre foto nel link sopra
 
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max_400
view post Posted on 9/4/2013, 22:05     +1   -1




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Fiat Uno
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_Uno

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fiat uno

La Fiat Uno è un'automobile prodotta dalla Fiat in Italia dal 1983 al 1995 e in molti altri paesi fino a tempi più recenti. Ancora nel 2011 viene prodotta in Brasile con il nome di Fiat Mille dopo un restyling avvenuto nel 2004.

È stata una delle automobili più vendute e diffuse in Italia, e ha ottenuto un notevole successo anche all'estero. La definizione interna del progetto la identifica come "tipo uno", per indicare la sua collocazione al di sotto della "tipo due", quella successivamente nota come Fiat Tipo. Il numero del modello (o di progetto) è 146.

Altre versioni Van
Produzione dal 1983 al 1995
Sostituisce la Fiat 127
Sostituita da Fiat Punto (1993)
Altre antenate Fiat 147
Altre eredi Fiat Palio
Stessa famiglia Fiat Duna, Mille e Fiorino
Innocenti Mille e Elba

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Fiat Punto
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_Punto

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Con Fiat Punto s'intende una famiglia di autovetture di tipo utilitaria prodotta dalla casa automobilistica italiana Fiat in tre serie: la prima, nata nel 1993 e disegnata da Giorgetto Giugiaro; la seconda nata nel 1999 e disegnata all'interno del centro stile Fiat; e la terza, nata nel 2005 e disegnata dalla Italdesign Giugiaro. Quest'ultima generazione è stata a sua volta declinata in tre modelli; il modello di debutto chiamato Grande Punto, che ha di fatto segnato l'inizio della terza generazione, affiancato nel 2009 dal modello Punto Evo, una sorta di evoluzione del primo, ed entrambi sostituiti da un terzo modello: la Punto 2012. Al debutto di quest'ultima l'intera famiglia della Fiat Punto è stata venduta, dal 1993, in 8,7 milioni di esemplari.[1][2][3][4]

Produzione dal 1993
Sostituisce la Fiat Uno
Serie Prima (176), dal 1993
Seconda (188), dal 1999
Terza (199), dal 2005

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1993-1999

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1999-2003 fiat punto II

640px--_ITALY_-_Punto_Croma
2003-2007 (punto croma)


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2005-2012 fiat punto grande
 
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max_400
view post Posted on 10/4/2013, 15:22     +1   -1




 
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max_400
view post Posted on 12/4/2013, 13:46     +1   -1




61 visite questo venerdi 12 aprile 2013
 
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max_400
view post Posted on 13/4/2013, 17:05     +1   -1




Autobianchi Bianchina
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Autobianchi_Bianchina

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La Bianchina è un'autovettura prodotta dall'Autobianchi dal 1957 al 1969.

Produzione dal 1957 al 1969
Sostituita da Autobianchi A112

Storia

Concepita come versione lussuosa della Fiat 500, della quale utilizzava l'autotelaio, la "Bianchina" fu presentata al pubblico il 16 settembre 1957 al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano[1]. Inizialmente fu proposta nell'unica carrozzeria a 3 volumi, definita "Trasformabile", dotata di pinne posteriori, abbondanti cromature e tetto apribile in tela[2].

Visto il buon successo (nei primi mesi addirittura superiore a quello della spartana 500), l'Autobianchi decise d'ampliarne la gamma e migliorarne le caratteristiche. Nel 1959 la potenza del motore crebbe a 17 CV, mentre nel 1960 vennero lanciate le versioni cabriolet e Panoramica. La prima era un vera e propria vettura scoperta con capote in tela (la Trasformabile aveva un semplice ma ampio tetto apribile in tela) e motore maggiorato a 499 cm³ (21 CV), ma i montanti laterali erano fissi); rispetto alla Trasformabile cambiava anche l'incernieramento delle portiere portato all'anteriore[3], mentre la seconda una giardinetta con motore a sogliola di 499 cm³ (22 CV) e passo allungato, derivata dalla 500 Giardiniera della Fiat.

Dallo stesso anno la Trasformabile, che adottava il motore di cilindrata incrementata a 499 cm³ (18 CV) venne resa disponibile anche in versione Special con verniciatura bicolore e motore potenziato a 21 CV.
La Cabriolet 3ª serie

Nel 1962 la Trasformabile venne sostituita dalla Berlina 4 posti, vale a dire una versione berlina con tetto chiuso e 4 posti. Il motore ed il telaio (a passo corto) erano i medesimi della Trasformabile. A differenza delle altre versioni in listino (Panoramica e Cabriolet), disponibili in allestimento unico, la Berlina poteva essere scelta in versione base (con motore da 18 CV) oppure Special. Quest'ultima, meglio rifinita ed equipaggiata, era riconoscibile per la verniciatura bicolore (col tetto in tinta contrastante), le cornici cromate dei finestrini delle portiere ed il motore da 21 CV[4]. Lo stesso tutte le versioni adottarono un pianale scavato in corrispondenza della zona piedi dei passeggeri, per migliorare l'abitabilità.

Nel 1965, oltre ad un lievissimo restyling (fregio anteriore, plancia ridisegnata con inserto in finto legno e qualche altro dettaglio degli interni rivisto), che interessò tutte le versioni, le varianti Berlina 4 posti e Cabriolet adottarono il motore tipo F, ottimizzato in varie componenti.

Nel 1969 tutte le Bianchina uscirono di produzione, rimpiazzate dalla più moderna A112.
Le Bianchina prodotte

Le varianti della Bianchina prodotte sono state[5]:

Trasformabile: fu la prima versione a esordire nel 1957 e l'unica ad esser prodotta nei primi anni (cioè fino all'arrivo, nel 1960, delle Panoramica e Cabriolet). Caratterizzata dalle porte incernierate dietro, la Trasformabile era una piccola tre volumi 2 posti dotata di un ampio tetto apribile in tela che inglobava anche il lunotto (in plexiglas). A livello estetico questa versione era riconoscibile per il montante posteriore arrotondato e i tre listelli cromati dietro alla portiera. Venne prodotta fino al 1962.

Bianchina berlina

Berlina 4 posti: fu l'ultima versione ad esser introdotta nella gamma nel 1962. La logica della 4 posti va vista nel contesto del pensiero dell'automobilista italiano degli anni sessanta, che considerava le familiari (oggi station wagon) come vetture "da lavoro". Sull'onda di queste considerazioni l'Autobianchi, accanto alla Panoramica (avvantaggiata dal passo lungo), inserì nella gamma la Berlina 4 posti. Realizzata come versione chiusa della Cabriolet (quindi a passo corto), alla quale venne aggiunto un tetto metallico dalle forme piuttosto squadrate (per garantire una certa abitabilità posteriore), questa versione fu la meno apprezzata dal pubblico (che la soprannominò subito Televisore per via della caratteristica forma del lunotto posteriore, praticamente verticale, inserito in un "pagodina" protettiva). In effetti era la Bianchina meno equilibrata esteticamente. Venne prodotta fino al 1969.

Panoramica: basata sulla meccanica della Fiat 500 Giardiniera, era senz'altro la versione che richiese il maggior sforzo tecnico: passo allungato di 10cm, motore a sogliola ruotato di 90º. Pratica (grazie al portellone posteriore e al buon vano bagagli), abitabile e non priva di un certa eleganza, la Panoramica venne prodotta fino al 1969, anche nella versione Decapottabile (dotata di ampio tetto apribile in tela).

Bianchina Cabriolet 3ª serie

Cabriolet: era senz'altro la versione più "frivola" della piccola Autobianchi e, come tale, era arricchita da un maggior numero di cromature e profili lucidi. Attualmente è la versione più rara (circa 3150 esemplari prodotti) e più ricercata dagli appassionati. La meccanica era identica a quella della Trasformabile e della Berlina. Dal 1960 oltre alla capote in tela poteva essere montato, in inverno, un più protettivo hard top. La produzione cessò nel 1969.

Furgoncino: sulla base della Panoramica venne realizzata una versione furgonata, disponibile in 2 varianti: tetto basso e tetto alto. Queste due versioni erano sostanzialmente differenti fra loro: la prima conservava la carrozzeria della Panoramica (con le opportune modifiche, come l'eliminazione dei finestrini posteriori e dei sedili dietro), la seconda condivideva con il modello d'origine solo la parte anteriore della carrozzeria, mentre la parte posteriore, "furgonata", aveva un disegno specifico (soluzione che la Fiat avrebbe riproposto negli anni settanta con il Fiorino).

La produzione di entrambi i furgoncini fu parallela a quella della Panoramica.
La versione Panoramica

L'elenco completo delle varianti prodotte dal 1957 al 1969 è:

Trasformabile 1ª serie (1957-59): 479,5 cm³ - 15,0 CV
Trasformabile 2ª serie (1959-60): 479,5 cm³ - 16,5 CV
Trasformabile 3ª serie (1960-62): 499,5 cm³ - 17,5 CV
Trasformabile 3ª serie Special (1960-62): 499 cm³ - 21,0 CV
Cabriolet D (1960-65): 499,5 cm³ - 21 CV
Cabriolet F (1965.69): 499,5 cm³ - 21 CV
Panoramica (1960-69): 499,5 cm³ - 22,0 CV
Panoramica Decapottabile (1960-69): 499,5 cm³ - 22,0 CV
Berlina 4 posti D (1962-65): 499,5 cm³ - 17,5 CV
Berlina 4 posti F (1965-69): 499,5 cm³ - 18,0 CV
Berlina 4 posti D Special (1962 - 1964): 499,5 cm³ - 21,0 CV
Berlina 4 posti F Special (1965-69): 499,5 cm³ - 21,0 CV
Furgoncino tetto normale (1960-69): 499,5 cm³ - 22,0 CV
Furgoncino tetto alto (1960-69): 499,5 cm³ - 22,0 CV

L'Autobianchi Giardiniera

Terminata la produzione della Bianchina Panoramica, la Fiat, divenuta nel frattempo proprietaria della Casa di Desio, trasferì, nel 1967, all'Autobianchi la produzione della 500 Giardiniera.

La Giardiniera, venduta con il nome di "Autobianchi Giardiniera 500" fu prodotta a Desio fino al 1977. Nonostante il nuovo marchio "Autobianchi", era assolutamente identica all'originario modello Fiat: si trattava di un puro trasferimento dell'assemblaggio del modello.
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Autobianchi Giardiniera.
La Bianchina nel cinema

Una Bianchina Berlina 4 posti di colore bianco fu scelta come autovettura del rag. Ugo Fantozzi nell'omonima serie di film. Non è certo se la partecipazione, durata per tutto il ciclo della saga cinematografica dello "sfortunato" ragioniere (iniziata nel 1975 e conclusasi nel 1999), abbia giovato all'immagine dell'utilitaria di Desio. Se da un lato l'ha fatta conoscere alle generazioni successive, dall'altro le ha fatto assumere un'immagine "ridicola" che, in origine, il modello, pensato come versione snob della Fiat 500, non aveva.

Una Bianchina Cabriolet 3ª serie rossa appare all'inizio del film del 1966 Come rubare un milione di dollari e vivere felici che vede come protagonista Audrey Hepburn. La macchina appartiene proprio alla protagonista e la si vede girare a capote aperta per le strade di Parigi.

Una Bianchina Cabriolet 1ª serie rossa è protagonista delle scene di inseguimento finali del film "La Pantera Rosa" guidata da un attore mascherato da gorilla.
Scheda tecnica

Motore

Posizione: posteriore verticale (Berlina, Cabriolet e Trasformabile); posteriore orizzontale (Panoramica e Furgoncino)
Architettura: 2 verticali in linea (Berlina, Cabriolet e Trasformabile); 2 cilindri orizzontali in linea (Panoramica e Furgoncino)
Cilindrata totale: 479cm³ (1957-60); 499,5 cm³ (1960-69)
Potenza:
15 CV (Trasformabile 1957-59)
16,5 CV (Trasformabile 1959-60)
17,5 CV (Berlina e Trasformabile 1960-62)
18 CV (Berlina 1962-65)
21 CV (Cabriolet, Trasformabile Special, Berlina Special e, dal 1965, Berlina standard)
22 CV (Panoramica, Furgoncino).
Distribuzione: 1 albero a camme laterale, valvole in testa con aste e bilanceri.
Alimentazione: 1 carburatore monocorpo.
Raffreddamento: ad aria con ventilatore centrifugo.

Trasmissione

Trazione: posteriore.
Frizione: monodisco a secco
cambio: maunale a 4 marce (1ª e 2ª non sincronizzate).

Corpo vettura

Tipo: monoscocca in lamiera d'acciaio
Sospensioni: anteriori a ruote indipendenti, balestra trasversale, molloni elicoidali; posteriori a ruote indipendenti, balestra trasversale, molloni elicoidali.
Pneumatici: 125x12
Ammortizzatori: idraulici telescopici.
Freni: a tamburo sulle 4 ruote.
Sterzo: vite e settore elicoidale

Dimensioni e masse

Peso:
530 kg (Berlina)
535 kg (Cabriolet)
510 kg (Trasformabile)
585 kg (Panoramica)
Passo:
1.840 mm
1.940 mm (Panoramica e Furgoncino)
Carreggiate: anteriore, 1.121 mm; posteriore, 1.135 mm
Altezza: 1.320 mm
Lunghezza massima:
3.02 0mm (Berlina e Cabriolet)
2.985 mm (Trasformabile)
3.225 mm (Panoramica)
Larghezza massima: 1.340 mm

Prestazioni

Velocità massima:
90 km/h (versioni con motore da 15 o 16,5 CV)
95 km/h (Panoramica e versioni con motore da 17,5 o 18 CV)
oltre 105 km/h (versioni con motore da 21 CV)
Consumo medio (litri/100 km): da 4,5 a 4,9 (secondo la potenza massima).

Note

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La Cabriolet 3ª serie


Autobianchi_Bianchina
Bianchina berlina

640px-Autobianchi_Bianchina_familiare



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Autobianchi A112
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Autobianchi_A112

Autobianchi_A112E_1973
auto A112

L'A112 è un'autovettura prodotta dall'Autobianchi dal 1969 al 1986

Produzione dal 1969 al 1986
Sostituisce la Autobianchi Bianchina
Sostituita da Autobianchi Y10

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Autobianchi Y10
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Autobianchi_Y10

320px-Autobianchi_Y10_Roma

La Autobianchi Y10 è un'autovettura utilitaria italiana prodotta dal 1985 al 1995 ed è l'ultimo modello prodotto con il marchio "Autobianchi". Sul mercato estero, venne anche commercializzata con la denominazione Lancia Y10.

Produzione dal 1985 al 1995
Sostituisce la Autobianchi A112
Sostituita da Lancia Y


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Lancia Y
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Lancia_Y

640px-Lancia_Y_front101

La Lancia Y è una vettura di segmento B che sostituì dal 1996 la celebre Y10, prodotta inizialmente con doppio marchio Autobianchi/Lancia con grande successo commerciale, soprattutto fra il pubblico femminile. La nuova utilitaria a tre porte ne raccolse la difficile eredità e si impose subito come una delle utilitarie più vendute sul mercato italiano, vendendo tra l'altro quarantaduemila unità a due mesi dalla commercializzazione,[1] sebbene non sia mai stata affiancata alla versione a benzina una a motorizzazione diesel, a differenza della cugina Punto.

Produzione dal 1996 al 2003
Sostituisce la Autobianchi Y10
Sostituita da Lancia Ypsilon


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Lancia Ypsilon
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
http://it.wikipedia.org/wiki/Lancia_Ypsilon

640px-2003_Lancia_Ypsilon

Produzione dal 2003
Sostituisce la Lancia Y
Sostituita da Lancia Ypsilon (2011)
 
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max_400
view post Posted on 14/4/2013, 14:02     +1   -1




fiat 0 (zero)
a1901a

fonti
www.storiologia.it/tabelle/prezziauto.htm

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Fiat 509 1925

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LA BALILLA 1932

Il 12 aprile 1932 e' una data molto importante nella storia dell'industria italiana: al Salone internazionale dell'Automobile alla Fiera di Milano, viene ufficialmente presentata la Fiat BALILLA ...la prima vera utilitaria italiana.

La BALILLA per certi versi puo' essere considerata la risposta della Fiat alla grande crisi economica internazionale, che nel triennio 1930-32 danneggia fortemente il mercato automobilistico nazionale e internazionale. E' sufficiente un solo, significativo dato: nel 1929 in Italia le nuove automobili immatricolate sono 33.436, nel 1931 scendono a 14.760.
Proprio in quegli anni la Fiat e' presente con il modello "sbagliato": nelle stesse settimane del crollo della borsa di Wall Street (ottobre 1929) presenta infatti la "514" che sostituisce la piu' piccola e decisamente piu' "azzeccata" "509" del 1925.

Ma torniamo alla storia più propriamente aziendale: dal 1925 al 1929 la produzione della più piccola "509" sfiora le centomila unità.

LA LANCIA AUGUSTA E LA FIAT ARDITA

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la Lancia Augusta ANNO 1933

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la Fiat Ardita la Fiat Ardita

fonti
www.storiologia.it/tabelle/prezziauto.htm

ANNO 1935 - LA 1500

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Fiat 1500 anno 1935

5 SETTEMBRE 1935 - Benche' la guerra etiopica sia ormai imminente e quindi il prezzo della benzina destinato inesorabilmente ad aumentare, la Fiat inizia le vendite della 1500, modernissima berlina di classe medio-alta. La nuova Fiat ha una filante e bassa carrozzeria dalla linea "audacemente aerodinamica" (cosi' la definisce il periodico specializzato "Auto Italiana); in particolare, nella parte anteriore spiccano i fanali incorporati nei parafanghi e il frontale fortemente inclinato. Con l'apparizione della nuova Fiat, quasi tutte le automobili europee in produzione invecchiano improvvisament

ANNO 1936 - LA TOPOLINO

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Fiat 500 Topolino

Il 15 GIUGNO 1936 e' la data di commercializzazione della popolare Fiat 500, progettata dall' ingegner DANTE GIACOSA (il celebre "papà" di quasi tutte le Fiat uscite dal 1936 al 1971, scomparso nel marzo 1996) e subito ribattezzata "a furor di popolo" con il nomignolo affettuoso "TOPOLINO".
Considerando il limitato numero di autovetture circolanti in Italia (222.000 nel 1936, 290.000 nel 1939) e lo scarso numero di automobili nuove immatricolate annualmente (21.000 unita' nel 1936, 38.000 due anni dopo) la Fiat 500 ha un forte successo commerciale: in tre anni ne vengono prodotte quasi centomila, cui vanno aggiunti i 20.000 esemplari prodotti su licenza da N.S.U. (Germania) e Simca (Francia).

1936 - L'APRILIA

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Lancia Aprilia 1936 davanti

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Lancia Aprilia 1936 dietro

Al salone dell'automobile di Parigi dell'OTTOBRE 1936 la Lancia presenta la modernissima APRILIA, berlina con quattro porte e cinque posti. Equipaggiata con un brillante motore di 1350 cc. e caratterizzata da una carrozzeria aerodinamica a scocca portante, riesce a raggiungere i 125-130 km/h: all'epoca una velocita' elevatissima per un'automobile di quella cilindrata. Rivolta a una clientela elitaria e sportiva, l'Aprilia viene lanciata con un prezzo di 23.500 lire e si merita ben presto l'appellativo di "regina della strada".
E' considerata il "canto del cigno" di Vincenzo Lancia, fondatore e proprietario della fabbrica omonima, scomparso improvvisamente nel febbraio 1937. Sul telaio dell'Aprilia i carrozzieri piu' celebri realizzano superbe fuoriserie, mentre dal 1939 la cilindrata sale a 1500 cc. Numerosi sono anche i successi nelle competizioni sportive. La sue vendite proseguono fino alla primavera 1950, quando viene sostituita dalla elegantissima Lancia AURELIA (vedi più avanti).
 
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max_400
view post Posted on 14/4/2013, 14:24     +1   -1




ANNO 1937 - LA FIAT 1100

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ANNO 1937 - LA FIAT 1100

MAGGIO 1937 - Esce dallo stabilimento Lingotto della Fiat la 1100, nuova berlina media a quattro porte. Erede della "gloriosa" ma ormai datata Balilla, è tra le automobili italiane più popolari a cavallo del secondo conflitto. In realta' la sigla ufficiale della nuova Fiat e' "508 C Nuova Balilla", ma il pubblico -come era gia' avvenuto l'anno precedente per la piccola 500, alias TOPOLINO- la ribattezza subito 1100. La linea della 1100 appare piuttosto moderna e aerodinamica, con elementi in comune con le Fiat 500 e 1500 tra cui commercialmente si colloca. Il motore particolarmente robusto e affidabile (un 4 cilindri 1089 cc. da 32 cv), le prestazioni elevate rispetto alla cilindrata (110 km/h e consumi relativamente limitati), la buona abitalita' interna, la versatilita' di impiego e il prezzo "ragionevole" (19.500 lire), assicurano un ottimo successo di vendite alla 1100, che diventa subito per antonomasia "la vettura media" dell'automobilista italiano. Nel primo biennio di produzione, escono dai cancelli del Lingotto ben 52.000 nuove 1100. In totale, fino al 1953, gli esemplari fabbricati raggiungono la ragguardevole cifra di quasi 200.000 unita'.

ANNO 1939

LE NOVITA' DELLE CASE ITALIANE ALLA VIGILIA DELLA GUERRA


Durante il mese di marzo del '39 appare una vettura sportiva dalla linea particolarmente moderna. Si tratta della 1100 SPORT, derivata dalla berlina 508 C (ribattezzata dal pubblico 1100, cfr. scheda del 1937). Il nuovo modello ha una carrozzeria a due porte bassa e slanciata, mentre fanali e parafanghi appaiono quasi del tutto incassati rispettivamente nel frontale e nelle fiancate. Grazie a queste doti aerodinamiche e a un motore di 42 cv (contro i 32 della berlina) la 1100 SPORT raggiunge i 136 km/h. Claustrofobico l'abitacolo, in grado di ospitare due persone piu' un piccolo bagaglio. Vettura concepita per il solo uso sportivo o turistico, esce dalla produzione nel settembre dello stesso anno, con lo scoppio della seconda guerra mondiale.

LA FIAT 700

15 maggio 1939. Inaugurazione -presieduta da Mussolini- dei moderni e imponenti stabilimenti FIAT MIRAFIORI, situati nella periferia meridionale di Torino.La nuova fabbrica, a un piano unico di lavorazione, vanta una superficie complessiva di 430.000 mq ed e' concepita per ospitare circa 15.000 operai. Davanti alla massa dei 50.000 dipendenti Fiat stipati nella pista di collaudo, il Duce pronuncia un discorso e passa in rassegna tutta la produzione della casa torinese. Tra essa appare un nuovo modello, la "700": Agnelli e i massimi dirigenti Fiat ne illustrano le principali caratteristiche al dittatore. La "700", ormai pronta per la produzione in grande serie, e' un'utilitaria a due porte e quattro posti che si colloca tra la "500" e la "1100". (avrebbe anticipato di molto la famosa 600 del 1955) e con queste ultime la sua linea ha una certa familiarita', del tutto innovativa e inedita per un modello Fiat e' la carrozzeria a scocca portante. Il piccolo motore di 700 cc sviluppa una potenza di 22 cavalli con consumi piuttosto contenuti. Nei mesi successivi prosegue, all'interno dei nuovi stabilimenti, l'allestimento delle linee di produzione della nuova utilitaria, perche' i primi esemplari devono essere commercializzati nelle ultime settimane dell'anno: Il 3 settembre 1939 - che è lo stesso infausto giorno della dichiarazione di guerra di Francia e Inghilterra alla Germania.
L'Italia non è ancora in guerra, ma scatta in tutta Italia il divieto di circolazione per le automobili private (salvo il rilascio di un permesso speciale, difficile da ottenere): la dirigenza Fiat decide subito la sospensione di ogni progetto per la nuova e piccola Fiat che viene presto dimenticata. Gli sforzi della casa torinese si concentrano ormai sulla produzione militare.
Nel precedente 11 luglio 1939 ricorreva il quarantesimo anniversario della fondazione della Fiat. Per l'occasione la casa torinese presentò alla stampa una nuova edizione della "508 C" del 1937, che assumeva anche ufficialmente il nome "1100" ed era prodotta nei nuovi stabilimenti Mirafiori.
La Fiat "1100" differisce dal modello precedente per il frontale a "prua di nave" (simile a quello della 700), gli interni e il cruscotto ridisegnati. Invariate le prestazioni.
Accanto alla normale berlina quattro porte (con un prezzo di 23.500 lire) appaiono nel listino la "Berlina Tetto Apribile", la "Cabriolet", la "L 6 posti" e la "Coloniale". In particolare, la "1100 Cabriolet" (26.500 lit.) presenta un disegno della coda innovativo rispetto alla precedente "508 C Cabriolet": la targa e' incassata in un un moderno e razionale baule, mentre i fanali sono collocati direttamente sui parafanghi. A differenza della "sfortunata" "700" le nuove "1100" vengono commercializzate nei giorni successivi la presentazione, "salvandosi" cosi' dal notevole ridimensionamento della produzione civile Fiat nel settembre successivo.
Durante la durata del conflitto continuano quindi a essere prodotte, sia pure in quantita' limitatissime. Salvo alcune modifiche nel 1948 ("1100 B") e nel 1949 ("1100 E", con un baule al posto della ruota di scorta), questa robusta e popolare Fiat cessa la produzione solo nel 1953. In totale, considerando anche la "508 C" saranno circa 200.000 le 1100 prodotte.

LANCIA

Se la Fiat decide di non iniziare la produzione della "700", assai differenti sono le decisioni della Lancia davanti allo scoppio del conflitto. Fin dai primi mesi del 1937 era allo studio il progetto di una piccola automobile, dalla cilindrata e consumi contenuti ma con prestazioni brillanti.
All'inizio di quell'ultima estate di pace il modello definitivo e' ormai pronto: l'"Ardea" -questo il nome che e' scelto dalla dirigenza Lancia- e' una compatta berlina a quattro porte dal cofano particolarmente corto, con una linea aerodinamica che ricalca -ad eccezione della coda: meno rastremata e piu' arrotondata- quella della piu' grande Aprilia (vista sopra). L'abitacolo dell'"Ardea" e' elegante e raffinato, con una ricca dotazione di accessori e strumenti di bordo. Il motore e' un compatto 903 cc che sviluppa la potenza di 28,8 cv, sufficienti ad imprimere a questa piccola automobile di lusso una velocita' di 108 km/h. I consumi (meno di 8 litri per 100 km) sono particolarmente contenuti per l'epoca. Quando la nuova Lancia e' pronta per la produzione, sono passate ormai alcune settimane da quell'infausto venerdi' 1° settembre, giorno dell'aggressione nazista alla Polonia.

Mussolini dichiara la "non belligeranza" e allo stesso tempo un clima di austerita' cala sul nostro paese: cio' nonostante, alla fine di ottobre, la Lancia inizia le vendite dell'Ardea con un prezzo di 26.000 lire. E, considerando il prezzo triplicato della benzina (il divieto di circolazione viene sospeso dall'inizio di dicembre e per pochi mesi: ma pochi automobilisti ne approfitteranno), da li' fino all'entrata in guerra dell'Italia (10 giugno 1940) le "Ardea" saranno consegnate in un numero tutt'altro che insignificante: oltre 2000, piu' alcuni telai ceduti ai carrozzieri per le fuoriserie. La produzione -sia pure col contagocce, come accade anche per l'"Aprilia"- prosegue durante il confilitto e ancora nel 1941 esce la seconda serie dell'"Ardea", con lievissime modifiche estetiche. Dopo la presentazione della terza (1948) e quarta serie (1949), L'"Ardea" esce dal listino Lancia nel 1953. Gli esemplari prodotti sono circa 23.000.

ALFA ROMEO

Maggio 1939: iniziano le vendite della costosissima "6c 2500", una delle piu' belle automobili italiane di serie mai prodotte. La nuova Alfa Romeo sostituisce il precedente modello "6c 2300 B" e rimane per 10 anni l'unico modello presente nei listini della casa milanese. Tutte le "6c 2500" hanno un raffinato motore a sei cilindri di 2443 cc e sono proposte in quattro versioni: "Berlina normale" (63 cv, 145 km/h, 5 comodi posti), "Berlina Lunga" (63 cv, 135 km/h, 7 posti), "Sport" (coupe' a quattro posti da 98 cv e 160 km/h) e la velocissima "Super Sport" (120 cv e 190 km/h, carrozzerie solo fuoriserie).
Le prestazioni sono davvero eccezionali per l'epoca, ne' sono da meno i prezzi di listino: la "Berlina normale" costava 60.000 lire, quanto un buon appartamento. Mentre la linea di quest'ultima era piuttosto classica e sobria (sebbene la parte posteriore fosse caratterizzata da un disegno piuttosto innovativo), le carrozzerie delle "Sport" e "Super Sport" erano modernissime e slanciate nella loro eleganza, con i fanali quasi incassati nel frontale. Automobile assolutamente elitaria, la "2500 6c" viene prodotta nell'arco dei dieci anni successivi in poche centinaia di esemplari. Molte - con noti piloti - partecipano alla classica Mille Miglia.

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La nuova Alfa Romeo sostituisce il precedente modello "6c 2300 B" e rimane per 10 anni l'unico modello presente nei listini della casa milanese.

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MARZO 1950 - Salone dell'automobile di Ginevra. La prima, nuova automobile italiana del dopoguerra e' la Fiat 1400, berlina quattro porte di classe medio-superiore. Soprattutto, e' la prima Fiat a scocca portante. Dal 1945 la grande fabbrica torinese aveva ripreso la produzione dei modelli d'anteguerra (500, 1100 e 1500), poiche' occorreva innanzitutto riparare gli ingenti danni di guerra. Ora la nuova Fiat 1400 taglia decisamente i ponti con il passato

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Arte & Auto - G. De Chirico - La 1400

ANNO 1950 - L'AURELIA

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ANNO 1950 - L'AURELIA


ANNO 1950 - L'ALFA ROMEO 1900

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ANNO 1950 - L'ALFA ROMEO 1900

OTTOBRE 1950 - E' un anno davvero ricco di novita' per il mercato automobilistico italiano (le vendite interne riguardavano quasi esclusivamente le case nazionali, poichè i fortissimi dazi rendevano pressoché impossibile l'importazione dei modelli esteri).

1955 - IN ARRIVO... LA 600

1955: la Fiat 600 inizia la motorizzazione di massa

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Fiat 600

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Fiat 600

La "Seicento" la nuova vettura utilitaria della Fiat, oggi è stata presentata, ufficialmente, alla vigilia della sua immissione nella vendita, alle autorità e ai rappresentanti della stampa estera ed italiana nella sede della filiale romana di viale Manzoni. "

Nella primavera del 1951, ad un anno di disanza dal lancio della Fiat 1400, prima novita' postbellica della casa torinese, negli uffici di progettazione Fiat si da' l'avvio al progetto "100". Per il nuovo modello si prospetta un "arduo compito": dovra' sostituire la popolarissima "Topolino", l'utilitaria degli italiani per antonomasia, la cui prima serie risale al 1936 e che nel marzo 1949 e' arrivata alla serie "C", dal frontale "americaneggiante" ma con una anzianita' di progetto che ormai appare sempre piu' datata.


www.storiologia.it/tabelle/prezziauto.htm

Le prime 1100 (1939-53)

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Fiat 1100 BL

La capostipite di tutte le "1100" fu la Fiat 508C Nuova Balilla 1100, uscita nel giugno del 1937, la cui evoluzione stilistica, presentata alla fine del 1939 e subito ribattezzata popolarmente "musone", fu la prima vettura della marca torinese a fregiarsi della denominazione Fiat 1100. Il soprannome "musone" derivava dall'imponente calandra spartivento (in uso anche sulla Fiat 2800) che la differenziava esteriormente dalla prima versione, poi anche definita "musetto" per retroformazione.

http://it.wikipedia.org/wiki/Fiat_1100
 
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max_400
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Alfa_Romeo_Giulia_1300_TI_vr.jpg

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ALFA-24-HP

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Alfa_Romeo_20-30_ES

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Alfa_Romeo_Super_Sport_1929

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Giulietta_TI_1960-61

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Alfa-Romeo_Giulietta-1%2C8

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Alfa_164_red_2.0

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Alfa_Romeo_146


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Alfa Romeo
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Alfa Romeo Automobiles
Logo
Stato Italia Italia
Tipo Società per azioni
Fondazione 1910 a Milano
Sede principale Torino
Gruppo Fiat SpA

(tramite Fiat Group Automobiles)
Persone chiave Harald Wester, Direttore operativo
Settore Metalmeccanica (Autoveicoli)
Prodotti Autovetture
Slogan Senza cuore saremmo solo macchine
Note Compasso d'Oro Premio Compasso d'oro nel 2004
Sito web www.alfaromeo.it

« Quando vedo un'Alfa Romeo mi tolgo il cappello »
(Henry Ford discorrendo con Ugo Gobbato nel 1939[1])

Alfa Romeo è un'azienda automobilistica fondata il 24 giugno 1910 a Milano[2] come A.L.F.A. (acronimo di Anonima Lombarda Fabbrica Automobili). È nota per la produzione di autovetture di carattere sportivo.

L’azienda è appartenuta allo Stato italiano, attraverso l’IRI, dal 1932 al 1986. Dal 1986 fa parte del Gruppo Fiat, e a partire da febbraio 2007 è una divisione di Fiat Group Automobiles; nell'occasione, il nome della società è diventato Alfa Romeo Automobiles.

L’Alfa Romeo ha partecipato con successo a differenti categorie di competizioni automobilistiche. Nel 1925 vinse il primo campionato del mondo di automobilismo della storia, mentre nel 1950 e nel 1951 conquistò le prime due edizioni del Campionato mondiale di Formula 1. Nel 1975 e nel 1977 si aggiudicò il Campionato del Mondo Sport Prototipi.

Nel 1929 Enzo Ferrari fondò, in seno all'Alfa Romeo, l'omonima scuderia, che era a tutti gli effetti il reparto corse della casa del biscione. La Scuderia Ferrari diventò poi indipendente nel 1939.
Indice

1 Storia
1.1 La Darracq Italia
1.2 L'ALFA
1.3 L'Alfa Romeo
1.3.1 La nascita del marchio
1.3.2 Tra le due guerre mondiali
1.3.3 Il periodo bellico
1.3.4 Gli anni cinquanta e gli anni sessanta
1.3.5 Gli anni settanta
1.3.6 Gli anni ottanta
1.3.7 Gli anni novanta
1.3.8 Il nuovo millennio
2 Produzione e gamma corrente
3 La storia del marchio di fabbrica
4 I modelli di autovettura prodotti
4.1 Modelli storici
4.2 Tutti i modelli
5 Tecnologia e design
5.1 Lo sviluppo tecnologico
5.2 Il design
5.2.1 Le vetture di serie
5.2.2 Le concept car
6 Le competizioni automobilistiche
6.1 I primi anni e l’epoca dei Grand Prix
6.2 I prototipi
6.3 La Formula 1
6.4 I rally
6.5 La Formula 3
6.6 I campionati turismo
6.7 Le safety car
7 Le Alfa Romeo in dotazione alle forze dell’ordine
8 Altre produzioni
8.1 Autocarri e furgoni
8.2 Motori aeronautici
8.3 Autobus e filobus
9 L'occupazione all'Alfa Romeo
10 I siti produttivi in Italia
10.1 Lo stabilimento del Portello
10.1.1 Le origini e la prima guerra mondiale
10.1.2 Il primo dopoguerra ed il secondo conflitto mondiale
10.1.3 Dagli anni cinquanta alla chiusura
10.2 Lo stabilimento di Arese
10.2.1 Gli anni sessanta
10.2.2 Gli anni settanta e ottanta
10.2.3 Gli anni novanta e la chiusura
10.3 Lo stabilimento di Pomigliano d'Arco
10.3.1 Le prime attività produttive
10.3.2 Il progetto “Alfasud”
10.3.3 La produzione di autovetture
11 La produzione all'estero
11.1 In Brasile
11.2 In Sudafrica
11.3 In Thailandia
12 Il museo storico Alfa Romeo
13 Le Alfa Romeo nei media
13.1 Cinema
13.2 Televisione
13.3 Letteratura
14 Le sponsorizzazioni
15 Voci correlate
16 Note
17 Bibliografia
18 Altri progetti
19 Collegamenti esterni

Storia

La costituzione della società avvenne a Milano in via Gattamelata, nella zona denominata "Portello". Il nome scelto richiama anche la prima lettera dell'alfabeto greco e sembra voler sottolineare l'inizio di un nuovo tipo di attività nelle costruzioni automobilistiche, quello di vetture essenzialmente sportive. Fu rilevata da parte di un gruppo di imprenditori lombardi dalle mani di un imprenditore francese, sempre del ramo automobilistico, Alexandre Darracq, che aveva tentato con scarso successo un'avventura industriale in Italia; sin dal primo marchio l'azienda ha voluto ricordare i suoi legami con la città di origine: da un lato il serpente visconteo (il biscione), dall'altro la croce rossa in campo bianco, simbolo di Milano. I 250 dipendenti della gestione precedente furono riassunti dall'azienda e l'obiettivo fu quello di produrre 300 automobili all'anno.
La Darracq Italia
Una Darracq 8/10 HP costruita al Portello

Le origini dell'Alfa Romeo hanno un nome francese e le radici sono a Napoli. L'imprenditore Pierre Alexandre Darracq, dopo aver prodotto biciclette, passò alla produzione di automobili con la Darracq.

Nel 1906 nacque la Società Italiana Automobili Darracq, con sede a Napoli. Bastarono pochi mesi per comprendere che lo stabilimento era situato troppo distante dai potenziali acquirenti che, per questioni di viabilità, si trovavano in maggioranza nel nord Italia.

Darracq decise di spostare la produzione nella periferia di Milano, costruendo l'opificio del Portello, soluzione che migliorava notevolmente anche i collegamenti con la sede francese. I problemi, tuttavia, non si risolsero e le vendite si dimostrarono insufficienti a giustificare l'esistenza di una sede produttiva, anche per la forte concorrenza della Renault, da tempo insediatasi in Lombardia, e della neonata FIAT. Nel 1909 la società venne posta in liquidazione.
L'ALFA
Un'ALFA 24 HP Torpedo Castagna del 1910

L'azienda venne rilevata da un gruppo di finanzieri lombardi che decisero di continuare la costruzione di automobili, sotto la nuova ragione sociale "A.L.F.A.", acronimo di "Anonima Lombarda Fabbrica Automobili", mantenendo le stesse maestranze e tecnici.

L'A.L.F.A. continuò a fabbricare i modelli Darracq, fino all'esaurirsi delle scorte di pezzi nel magazzino, mentre l'ufficio tecnico preparava i progetti della nuova vettura.

Nell'autunno del 1910 cominciò la produzione del primo modello A.L.F.A., la 24 HP, progettata da Giuseppe Merosi e da cui vennero subito derivati dei modelli da competizione portati al debutto l'anno successivo alla Targa Florio.
L'Alfa Romeo
La nascita del marchio

Nel frattempo Nicola Romeo, ingegnere napoletano (Sant'Antimo), fondò la Sas Ing. Nicola Romeo & C., con sede a Milano, in via Ruggero di Lauria (quartiere Portello).

Nel 1913, l'A.L.F.A. conquistò il primo e il secondo posto nella gara "Parma-Poggio di Berceto".

Nel 1915 Nicola Romeo entrò nel capitale dell'Alfa e ne modificò il nome in Alfa Romeo Milano, il 3 febbraio 1918[3]. In quegli anni una parte della produzione si dovette convertire alle necessità dell'industria bellica della prima guerra mondiale e la produzione regolare di autoveicoli riprese nel 1920 con la presentazione della prima auto con il nuovo nome, la Torpedo 20-30 HP.
Tra le due guerre mondiali
Un'Alfa Romeo 20-30 HP

Negli anni venti si ampliò l'attività sportiva della Casa automobilistica milanese, grazie a piloti del calibro di Antonio Ascari, Giuseppe Campari, Enzo Ferrari ed Ugo Sivocci; grazie a quest'ultimo, nel 1923, vide la luce anche il simbolo del quadrifoglio Alfa Romeo che, da allora, ricorrerà in tutte le attività sportive dell'Alfa e nelle versioni più sportive delle sue vetture. Nel 1925 l'Alfa Romeo conquistò il primo campionato del mondo di automobilismo della storia.

Altro simbolo, nato in quegli anni, e sopravvissuto sino ad oggi, è il colore Rosso Alfa.
Rosso Alfa


— Coordinate del colore —
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CMYK2 (c, m, y, k) (0, x, x, x)
HSV (h, s, v) (1°, 253%, 168%)
1: normalizzato a [0-255] (byte)
2: normalizzato a [0-100] (%)

Sempre negli anni venti ci furono delle vicissitudini nel capitale societario, la cui maggioranza era nel frattempo finita nelle mani della Banca d'Italia; nel 1928 uscì dalla società Nicola Romeo e per qualche tempo ci fu anche il timore della chiusura dell'azienda, rientrato grazie alla notorietà già raggiunta in campo internazionale ed in quello delle corse. Nel 1929 nacque all'interno dell'azienda la Scuderia Ferrari, il reparto che si occupava delle corse.

Questo nome venne portato in dote all'azienda da Enzo Ferrari, che aveva alcuni anni prima fondato la società sportiva omonima e che, dopo aver lasciato l'Alfa Romeo, fonderà la Ferrari.
Un'Alfa Romeo 6C

Negli anni trenta si consolidò la fama mondiale dell'Alfa, grazie soprattutto alle corse e ai suoi piloti. Tra essi i più importanti furono Giuseppe Campari, Tazio Nuvolari, Gastone Brilli-Peri e Mario Umberto Baconin Borzacchini. Questi nomi storici ricorreranno nella fantasia popolare fino ai giorni nostri, e ispireranno anche una famosissima canzone di Lucio Dalla dal titolo Nuvolari. Per quanto riguarda l'azienda produttiva, nel 1932 era in difficoltà economica e venne acquisita dall'IRI. Tra i primi provvedimenti intrapresi ci fu quello di non proseguire con l'attività delle corse a proprio nome affidando tutta la gestione alla Scuderia Ferrari, preferendo invece la diversificazione della produzione anche nei settori degli autobus, degli autocarri e dei motori aeronautici.

Iniziò in questi anni, grazie ad Ugo Gobbato, anche la costruzione del nuovo stabilimento di Pomigliano d'Arco.
Il periodo bellico

La seconda guerra mondiale lascerà molti segni anche negli stabilimenti dell'Alfa Romeo, considerati molto importanti per l'approvvigionamento bellico e pertanto più volte bombardati, fino a causare la chiusura dello stabilimento del Portello nel 1944. Sin dalla fine della guerra si cercherà di rimettere in funzione gli impianti danneggiati, dedicandosi inizialmente alla costruzione di motori nautici e avio e addirittura alla costruzione di cucine elettriche e serramenti, ritornando comunque presto alla tradizionale attività di costruttore di automobili sportive.
Gli anni cinquanta e gli anni sessanta
La Giulietta

Dopo la seconda guerra mondiale l'Alfa Romeo ricominciò a fabbricare automobili tornando a realizzare profitti e concentrando la produzione in veicoli sportivi di massa piuttosto che in vetture di lusso costruite a mano. Gli anni cinquanta furono probabilmente i più importanti nella storia della casa, che produsse due modelli di auto destinati a fare storia, la 1900 e la Giulietta. Si trattò dei primi modelli costruiti in catena di montaggio, e il primo aprì la strada anche alla fornitura delle auto della Polizia; è con questo modello che si inaugurò la famosissima serie delle Pantere. Nel 1952 iniziò anche la produzione di una fuoristrada messa in concorrenza con la contemporanea Fiat Campagnola e denominata "Matta".

Anche nel campo delle corse la casa continuò a mietere successi vincendo i primi due Campionati Mondiali di Formula 1 (1950 e 1951) grazie, rispettivamente, a Nino Farina e Juan Manuel Fangio.

Nel 1954 la compagnia sviluppò il famoso motore bialbero Alfa Romeo, che rimase in produzione fino al 1998. Nel 1961 uscì dalle catene di montaggio la 100.000-esima Giulietta e l'anno successivo venne messa in produzione un'altra delle vetture che hanno fatto la storia di questa casa, la Giulia. Nel campo delle corse nacque nel 1964 l'Autodelta, il reparto specifico per le competizioni, grazie anche all'impegno di Carlo Chiti. Nel frattempo entrò a regime anche il nuovo stabilimento di Arese e continuò la collaborazione con i migliori designer italiani, da Zagato con le famose coupé, a Pininfarina a cui si deve la famosissima spider Duetto, fino a Bertone a cui si deve la Montreal del 1970. Nel 1968 fece la sua apparizione una derivata della Giulia, la 1750 che vedrà anche una sorella maggiore pochi anni dopo, la 2000.
Gli anni settanta
Un'Alfetta del 1972

Gli anni settanta, nel campo delle competizioni, videro l'Alfa Romeo impegnata soprattutto nelle corse con auto a ruote coperte, in particolare con il modello Tipo 33, vincitrice di alcune delle più importanti gare di durata e di alcuni campionati di Gran Turismo. I piloti più noti che hanno corso in quegli anni per il "biscione" furono Andrea De Adamich, Nino Vaccarella e Ronnie Peterson.

Il 1972 fu l'anno dell'inaugurazione dello stabilimento di Pomigliano d'Arco, con l'inizio produzione della piccola Alfa, la Alfasud, prima autovettura della casa a trazione anteriore e con motore di "soli" 1200 cm³; ne furono prodotte, nell'arco del decennio, circa 1.000.000 di esemplari.

Nonostante le vittorie sportive, gli anni settanta non furono altrettanto fortunati nella produzione di serie, anche a causa della crisi petrolifera che colpì pesantemente il comparto dell'auto. Di questi anni fu un modello basilare nella storia dell'Alfa Romeo, l'Alfetta (1972). Elegante e potente l'Alfetta presentava una raffinatezza meccanica superiore e un comportamento su strada ineccepibile. Il motore fu inizialmente un 4 cilindri bialbero da 1800 cm³ alimentato da due carburatori a doppio corpo. Il telaio presentava una sospensione anteriore a quadrilateri con il ponte posteriore De Dion; la trasmissione seguiva lo schema Transaxle con cambio e frizione al retrotreno per ripartire perfettamente le masse. I freni erano a disco, con quelli posteriori montati all'uscita del differenziale per ridurre le masse non sospese. Lo schema meccanico dell'Alfetta era talmente raffinato che fu riproposto invariato 13 anni dopo sulla 75, prodotta fino al 1992. Poco dopo il lancio dell'Alfetta ne venne proposta una variante più corta e con uno stile più giovanile: la Nuova Giulietta (1977).
Una Nuova Giulietta prima serie

La Giulietta riprese il pianale e molte parti della carrozzeria dall'Alfetta, ma si posizionò un poco più in basso, presentandosi sul mercato con due motorizzazioni di 1300 e 1600 cm³. Poco più tardi, dopo una gestazione lunghissima, uscì l'Alfa 6 (1979). Dotata di un motore di 2500 cm³ era dotata di una serie impressionante di gadget rivolti ad assicurare il comfort di marcia; si rivelò però un flop commerciale, per via della linea anonima e del clima sociale di quegli anni che consigliava di evitare l'acquisto di beni di lusso.

La produzione di modelli di buon successo non bastò a mantenere in buone condizioni l'azienda; per cercare di risalire la china nel 1978 ci fu un cambio al vertice, con l'arrivo di un nuovo manager, Ettore Masaccesi.
Gli anni ottanta
Un'Alfa 33 1.3 VL del 1991

È dell'inizio degli anni ottanta la presentazione dell'Alfa 33 in sostituzione dell'Alfasud che non aveva riscosso il successo sperato presso gli appassionati. Dopo le lamentele della clientela sulla poca sportività dell'Alfasud stessa, si tentò di riguadagnare con il nuovo modello il prestigio perduto. Uscì anche una versione 4x4 e giardinetta. Nello stesso anno, il 1983, prese vita anche il tentativo di joint-venture con la nipponica Nissan con la messa in produzione dell'Arna: basata su telaio della Nissan Cherry e con meccanica dell'Alfa 33 (in particolare l'avantreno), l'esperimento però non ottenne i frutti sperati poiché gli appassionati alfisti non riconobbero in questo modello i tratti caratteristici della Casa del biscione. Nel 1984 cominciò la commercializzazione dell'Alfa 90, erede delle Alfetta e Alfa 6, ridisegnata dal noto carrozziere Bertone e prodotta nelle varie versioni in poco meno di 50.000 esemplari.

Anche il tentativo di rientrare nella Formula 1 non fu coronato da grandi risultati, e fu purtroppo funestato dalla morte del pilota Patrick Depailler durante alcune prove in Germania. Corsero per l'Alfa Romeo di quegli anni anche tre piloti italiani quali Riccardo Patrese, Bruno Giacomelli e Andrea De Cesaris, senza riuscire a conquistare vittorie significative. Nel 1985 la società festeggiò i 75 anni di vita e per ricordarlo iniziò la produzione dell'Alfa 75. Dotata della stessa meccanica di Alfetta, Giulietta e Alfa 90, la 75 fu l'ultimo modello (prodotto in grande serie) a trazione posteriore. Disponeva di motori che andavano dal 1.6 L fino al 3.0 V6, benzina e turbodiesel.

Nel 1986, l'Alfa Romeo venne ceduta all'allora Gruppo Fiat dall'allora presidente dell'istituto, Romano Prodi, nel tentativo di ridurre le perdite dell'IRI; l'acquirente decise di accorparla ad un'altra azienda dello stesso gruppo, la Lancia, dando vita alla Alfa-Lancia Industriale.
Alfa Romeo 164

Nel 1987 uscì un modello che si rivelò fondamentale per l'Alfa Romeo, la 164, che impiegava lo stesso pianale utilizzato per Fiat Croma, Lancia Thema e un modello SAAB, la 9000. La 164, grazie alla geometria delle sospensioni anteriori, presentava una caratterizzazione stilistica molto marcata, dovuta al disegno pulito di Pininfarina. Adottava motori, sia aspirati che turbocompressi, Twin Spark, turbo diesel, turbo V6 a 4 cilindri, che avevano delle potenze comprese tra 117 e 232 CV. Il V6 benzina fu eletto migliore motore dell'anno e la 164 TD, al momento della presentazione, era l'auto diesel, con motore VM, più veloce al mondo.

Alla fine del decennio, esattamente nel 1989, venne presentato un coupé in serie limitata che aveva l'intenzione di stupire il pubblico dell'automobile. Nacque così la SZ, o ES-30, e successivamente fu lanciata l'RZ, ossia la versione cabriolet. Questa fu l'ultima Alfa Romeo ad avere lo schema con ponte De Dion e la trazione posteriore. Il motore era il 3.0 V6 12 valvole della 75 portato a 210 CV, che permetteva al modello di raggiungere i 245 km/h. Lo schema meccanico riprendeva quello della 75 da corsa. Montava un inedito sistema di autolivellamento delle sospensione che permetteva di variare l'altezza da terra della vettura.
Gli anni novanta
Alfa 146

All'inizio dell'ultimo decennio del secolo scorso uscirono due modelli: il primo fu la 155, che segnò l'abbandono della trazione posteriore sui modelli di gamma medio-superiore. La seconda fu la 145, che sostituì la 33.

La 145 risultò più pesante e meno brillante della progenitrice a causa del meno vantaggioso rapporto peso/potenza. I motori utilizzati per il nuovo modello erano in pratica gli stessi della 33, ereditati con poche modifiche e senza una consistente evoluzione per adeguarli ai maggiori pesi della nuova vettura, soprattutto in termini di coppia. La vettura comunque colpì per uno stile molto particolare, sia esternamente che internamente; successivamente riuscì a raccogliere un buon apprezzamento complessivo da parte del pubblico grazie alle modifiche migliorative adottate sulla seconda serie, con l'adozione dei nuovi motori Twin Spark, unitamente ad una maggiore qualità costruttiva. Un successo nel complesso analogo riscosse la versione a due volumi e mezzo della 145, denominata 146.

Le 145/146 furono anche le ultime vetture Alfa Romeo a montare il motore boxer, sviluppato a suo tempo per l'Alfasud, anche se dal 1997 su entrambe le auto vennero montati i più potenti motori della gamma Twin Spark.
L'Alfa 156 GTA

Il 1997 venne da molti definito l'anno del rinnovamento del marchio Italiano, congiuntamente all'uscita della 156. La 156 riuscì a fregiarsi del titolo di Auto dell'anno per il 1998 e costituì il modello del rilancio dell'Alfa Romeo. È su questo modello che fu introdotto per la prima volta il cambio selespeed, un semi-automatico con 2 leve dietro il volante per comandare le marce, derivato dal mondo delle corse e rivolto a un impiego sportivo della vettura. Fu inoltre la prima auto al mondo con motore turbo diesel common rail.

Nel 1998 terminò la produzione della 164 che cedette il posto alla nuova ammiraglia di casa, la 166. La 166 si presentò con dimensione ancor più generose della progenitrice e con nuove tecnologie applicate che però non le fecero riscuotere il successo della 164, anche se le vendite furono soddisfacenti. Venne ritirata dai listini a fine 2007. Nello stesso anno vennero rinnovate le sportive del biscione, ossia la GTV e la Spider, con numerose modifiche sia tecniche che stilistiche, in particolare per gli interni. Nel compartimento corse, l'Alfa Romeo, dopo l'entrata nel gruppo Fiat, venne destinata a rappresentare il gruppo nelle competizioni Super Turismo, dove si fece onore anche con piloti italiani come Alessandro Nannini, Nicola Larini, Gabriele Tarquini e Fabrizio Giovanardi. Con la partecipazione ai campionato ETCC (diventato successivamente WTCC), l'Alfa Romeo conquistò con la 156 Super 2000 quattro titoli europei turismo piloti e tre campionati europei turismo marche, fregiandosi di diverse soluzioni tecniche che resero l'auto vincente, come le sospensioni anteriori a quadrilatero alto (utilizzate su tutti i modelli di serie), in luogo del più economico e meno prestante McPherson, ed il cambio elettroattuato.
Il nuovo millennio
Alfa Romeo 8C Competizione

Il nuovo millennio iniziò per la casa del biscione sotto buoni auspici commerciali, infatti il modello Alfa 147 riuscì ad aggiudicarsi nuovamente il titolo di Auto dell'anno nel 2001. È dello stesso anno la presentazione al pubblico della versione sportiva dell'Alfa 156, la GTA, messa poi in vendita nel 2002; con la versione appositamente preparata per le competizioni, la Casa milanese corse nei campionati europei turismo, mietendo vari successi soprattutto con il pilota Gabriele Tarquini. Il 2003 è invece caratterizzato per la casa automobilistica dalla presentazione della nuova versione della grande berlina Alfa 166, in diretta concorrenza soprattutto con le berline tedesche: Audi, Mercedes-Benz e BMW e restata in produzione sino a fine 2007. La 166 non è stata sostituita da nessun nuovo modello chiudendo così la carriera del marchio Alfa Romeo nel settore delle ammiraglie. Sempre nel 2003 avvenne la presentazione del modello Alfa Romeo GT ed il secondo restyling della Spider e dell'Alfa Romeo GTV che, adottando il nuovo propulsore 3.2 Busso ed in virtù dell'eccellente aerodinamica, divenne l'Alfa Romeo stradale più veloce con i suoi 255 km/h, senza necessità di limitazioni di velocità massima.

Nel 2005 debuttò l'Alfa Romeo 159, berlina che sostituì la 156, realizzata in collaborazione con General Motors sul pianale Premium. La 159 è stato frutto del progetto 939, e nel 2006 è stata introdotta anche la variante familiare Sportwagon. A fine 2005 è stata commercializzata la nuova coupé sportiva, l'Alfa Romeo Brera, frutto della matita di Giorgetto Giugiaro come la 159, dalla quale deriva. Presentata anch'essa al Salone di Ginevra dello stesso anno, prese il posto della precedente GTV. A marzo 2006 è la volta dell'Alfa Romeo Spider (evoluzione spider della Brera), rimaneggiata nel design da Pininfarina, presentata al Salone di Ginevra. Nell'ottobre del 2007 è iniziata la commercializzazione in serie limitata (soltanto 500 esemplari) della supersportiva 8C Competizione con motore Maserati 4.7 V8 da 450 CV e trazione posteriore.

Nel giugno 2008 è avvenuto il lancio commerciale di quello che era definito come progetto 955 ovvero la MiTo (Mi per Milano dove è stata disegnata, e To per Torino dove viene costruita); con potenze previste fino a 170 CV per la sportiva Quadrifoglio Verde, si è posizionata al di sotto della 147, con un'immagine sportiva, dinamica e proiettata per un pubblico giovane, andando ad insidiare la fascia di mercato occupata dalla Mini. La MiTo è stata presentata al Salone di Ginevra 2009 anche in versione GTA prototipo con motore 1.750 Turbo a iniezione diretta da 240 CV.
Alfa Romeo Giulietta

Nel 2010 l'Alfa Romeo ha compiuto cento anni: i festeggiamenti sono avvenuti a partire dal marzo in occasione del salone di Ginevra dove è avvenuta la presentazione ufficiale della nuova Giulietta, erede della 147. È una hatchback sportiva con motorizzazioni turbo in grado di erogare fino a 235 CV. La Giulietta è la prima Alfa Romeo ad essere prodotta nello stabilimento Fiat di Cassino ed il design segue il corso stilistico intrapreso dalla sportiva 8C Competizione e ripreso dalla MiTo, ovvero una linea sportiva molto arrotondata. Sempre al salone di Ginevra, Pininfarina e Bertone hanno onorato la storia del marchio Alfa Romeo presentando i prototipi Pininfarina Duettottanta[4] e Bertone Pandion[5]. Nella primavera 2010 la Zagato ha presentato l'Alfa Romeo TZ3 Corsa[6] prodotta in esemplare unico per un facoltoso cliente. In occasione del centenario si è avuta anche una razionalizzazione della gamma prodotti: alcuni modelli ormai datati vengono sostituiti o tolti dalla gamma: tra la primavera e l'estate del 2010 la 147 cede l'eredità alla nuova Giulietta ed esce dalla gamma seguita dalla "sorella" GT. Nell'autunno dello stesso anno, a causa della cessione dell'attività produttiva da parte della Pininfarina, vengono tolti dalla gamma i modelli Brera e Spider. Dopo questi adattamenti la gamma è composta da tre autovetture: ovvero la MiTo, la Giulietta e la 159, quest'ultima in versione berlina e Sportwagon. A queste tre si aggiunge la 8C Spider prodotta in soli 500 esemplari.
Produzione e gamma corrente
Alfa Romeo MiTo

Alfa Romeo è presente ad oggi sul mercato europeo, Sud Americano (Argentina, Cile e Messico), in Giappone e Oceania con solo con due modelli: per il segmento B con la Alfa Romeo MiTo, prodotta nello stabilimento Fiat di Mirafiori a Torino, e per il segmento C con l'Alfa Romeo Giulietta, prodotta nello stabilimento Fiat di Cassino (Frosinone).

Nonostante la gamma ristretta a tre modelli, le vendite 2011 del marchio sono state significative (+20%), trainate dal successo dell'Alfa Romeo Giulietta, modello introdotto nel 2010. Alfa Romeo non è più presente nel segmento D dal 2011 (l'ultimo modello fu l'Alfa Romeo 159, per la quale era presente anche una declinazione familiare). Altro abbandono, da più tempo, fu del segmento E, dove l'ultimo modello prodotto fu la Alfa Romeo 166, uscita di produzione nel 2007.

Da sempre con declinazione sportiva, Alfa Romeo, non presenta però modelli di serie neppure nelle categorie dei coupé (ultimi modelli, la Alfa Romeo GT e la Alfa Romeo Brera la cui produzione è terminata nel 2010[7]), e delle spyder (ultimo modello l'Alfa Romeo Spider, anch'essa cessata nel 2010[8]).

Alfa Romeo ha avuto una recente storia nella produzione di vetture sportive di lusso, in tiratura limitata e sviluppate in partnership con un altro marchio del Gruppo Fiat SpA ovvero la Ferrari: la Alfa Romeo 8C Competizione e la declinazione Alfa Romeo 8C Spider, restate in produzione per pochi anni fino, rispettivamente, al 2010 ed al 2011.
La storia del marchio di fabbrica
Alfa grills.jpg

I vari scudetti Alfa Romeo nel tempo
I vari scudetti Alfa Romeo nel tempo
La successione degli stemmi Alfa Romeo

L'Alfa Romeo ha tra le sue caratteristiche anche quella di non avere mai modificato radicalmente il proprio marchio distintivo, infatti sin dalla nascita ha scelto un marchio circolare suddiviso verticalmente in due parti, sul lato sinistro la croce rossa in campo bianco, simbolo della città di Milano e sul lato destro il famoso biscione, cioè il serpente simbolo dei Visconti. Le uniche modifiche riguardano la cornice esterna:

Nel 1910 con la scritta ALFA e MILANO divise da due nodi sabaudi in onore a Casa Savoia.

Nel 1918 con l'inserimento del nome ROMEO, dopo l'acquisto della fabbrica da parte di Nicola Romeo.

Nel 1925 con l'inserimento del simbolo in una modanatura consistente in una corona d'alloro in ricordo della vittoria dell'Alfa Romeo P2, condotta da Gastone Brilli-Peri, nel primo campionato del mondo di automobilismo della storia.

Nel 1946 dopo la vittoria della Repubblica al referendum del 2 giugno vengono inserite due linee ondulate in sostituzione dei nodi sabaudi.

Nel 1971, con l'apertura dello stabilimento Alfasud di Pomigliano, vengono tolte dal marchio l'indicazione MILANO, le linee ondulate, la corona d'alloro e il trattino che separa ALFA e ROMEO giungendo così al marchio in uso ai giorni nostri (restyling di Pino Tovaglia[9]).

I modelli di autovettura prodotti
Modelli storici

Torpedo 20-30 HP 1920
RL N/S 1922-1925
RL Turismo 1926-1927

Una Alfa Romeo 6C del 1930

6C 1500 1927-1929
6C 1500 Sport SS 1928-1929
6C 1750 Super Sport 1929-1930
6C 1750 Sport 1929-1933
6C 1750 Turismo 1929-1933
6C 1750 Gran Turismo 1930-1933
6C 1750 Gran Sport 1930-1933
6C 1750 Gran Turismo C 1931-1932
8C 2300 1932-1934
6C 2300 Turismo 1934-1939
6C 2300 Gran Turismo 1934-1939
6C 2300 Pescara 193-193
6C 2300 Mille Miglia 1938-1939
8C 2900A 1936
8C 2900B 1937-1939
8C 2900B Speciale Le Mans 1938
6C 2500 Turismo 1939-1945
6C 2500 Sport 1939-1945
6C 2500 Super Sport 1939-1943
6C 2500 Coloniale 1939-1942

Tutti i modelli
▼ mostra
Tutti i modelli
Tecnologia e design
Lo sviluppo tecnologico

L’Alfa Romeo ha introdotto alcune innovazioni tecnologiche che sono state poi applicate ai modelli prodotti, diventando la prima utilizzatrice di queste nuove tecnologie. In altri casi, la Casa automobilistica fu tra le prime ad averle impiegate.

Il primo marchio registrato fu un’evoluzione della distribuzione con doppio albero a camme in testa, che fu usata per la prima volta nel 1914 su una vettura da competizione, la Grand Prix[10], e poi fu applicato nel 1928 su un modello da strada, la 6C 1500 Sport.

Nel 1940 l’Alfa Romeo provò uno dei primi sistemi a iniezione (Caproni-Fuscaldo) su una 6C 2500, con il corpo vettura denominato “Ala spessa”, durante una Mille Miglia. Il motore possedeva sei iniettori che erano alimentati da una pompa funzionante a media pressione[11].

La serie 105 della Giulia era molto avanzata, infatti aveva i freni a disco sulle quattro ruote[12] ed il più basso coefficiente di resistenza aerodinamica della sua categoria[13]. La tradizione continuò con l’Alfetta e la Giulia GTV, che avevano una distribuzione dei pesi che era 50:50[14], i cerchioni in lega leggera e la trasmissione transaxle[15].

Il variatore di fase è stato introdotto sulla Spider Duetto venduta sui mercati statunitensi nel 1980[16].

Innovazioni più recenti sono l’utilizzo del CAD per l’intero processo di progettazione della 164[17], l’utilizzo di computer di bordo per lo stesso modello ed il cambio robotizzato Selespeed utilizzato sulla 156[18]. Quest’ultimo fu il primo modello di autovettura al mondo ad usare la tecnologia common rail sui motori Diesel[19]. Nel 2009 alla MiTo è stato installato il motore Multiair[20].
Il design
Logo del Centro Stile Alfa Romeo

Oltre al dipartimento dell’azienda che si occupa del design delle vetture, il Centro Stile Alfa Romeo, ci sono state molte carrozzerie e designer che hanno accettato commissioni per disegnare la linea di modelli di serie o per progettare e produrre concept car della Casa automobilistica del “biscione”. Tra essi, i più importanti sono Bertone, Pininfarina, Zagato e Giugiaro.

Il Centro Stile Alfa Romeo è stato fondato alla fine degli anni cinquanta ed aveva originariamente sede negli stabilimenti del Portello. Successivamente è stato trasferito nel sito produttivo di Arese e recentemente è stato spostato a Torino. Nei decenni di attività ha raggiunto una rinomanza internazionale, e le sue ultime produzioni sono l’8C Competizione, la MiTo e la nuova Giulietta.
Le vetture di serie
Un’Alfa Romeo Giulia 1300 TI

Le tecniche costruttive usate dall’Alfa Romeo sono state imitate da molte altre Case automobilistiche. Come conseguenza di ciò, il design delle carrozzerie delle auto della Casa del “biscione” ha influenzato la progettazione ed il disegno delle linee di molte vetture dei concorrenti. Sono elencati qui sotto alcuni esempi suddivisi per decennio:

anni cinquanta: la progettazione della monoscocca della Giulia. Non fu un’invenzione dell’Alfa Romeo, ma questo modello fu il primo della Casa del “biscione” ad utilizzarlo. Diventò presto molto diffuso, ed ancora oggi è largamente impiegato;
anni sessanta: la serie 116 della Giulia aveva un coefficiente di resistenza aerodinamica molto basso. In questo periodo la Toyota tentò di produrre forme simili per le proprie vetture;
anni settanta: la carenatura dei paraurti. Per uniformarsi alle leggi statunitensi riguardanti i crash test, l’Alfa Romeo ideò delle tecniche di progettazione ed uno stile per incorporare i paraurti nel corpo vettura senza rovinare la linea dei veicoli. Il risultato più celebre di questo design fu la 75. Questo processo fu largamente copiato, specialmente in Germania ed in Giappone;
anni ottanta: la progettazione ed il design della 164. Questo fu il primo modello ad essere progettato utilizzando il CAD, con solo una piccola parte dei lavori fatta direttamente a mano. Lo stile della 164 influenzò poi molti altri modelli Alfa Romeo che seguirono. Molte Case automobilistiche applicarono molte delle innovazioni progettuali introdotte da questo modello;
anni novanta: le “pseudo-coupé”. La 156 e la 147 benché siano auto a quattro porte, ricordano nella linea vetture coupé a due porte. Infatti presentano le maniglie delle porte anteriori sporgenti e ben visibili, mentre quelle delle porte posteriori sono camuffate nei montanti. La Honda utilizzò questo design per la versione hatchback della Civic, e la Mazda per la RX-8 quattro posti coupé. Altro particolare stilistico è stata la rivisitazione in chiave moderna della classica strumentazione principale "a binocolo", sui modelli Gtv e Spider;
anni dieci del XXI secolo: la Brera e la 159. Questi modelli, progettati da Giugiaro, si sono dimostrati influenti per quanto riguarda lo styling di berline e coupé.

Le concept car
Le tre BAT degli anni cinquanta. Da sinistra: BAT 5, BAT 7, BAT 9

I modelli Alfa Romeo sono anche serviti da ispirazione per alcune concept car, le quali, a loro volta, sono state utili per realizzare veicoli di serie. Qui sotto sono elencate le più importanti suddivise per decennio:

anni cinquanta: i prototipi 5, 7, e 9 della serie Berlina Aerodinamica Tecnica (BAT) erano progettati da Bertone come esercizio per determinare se lo studio dell’aerodinamica nella galleria del vento avrebbe potuto originare vetture ad alte prestazioni sviluppate su un telaio standard, e se questi veicoli risultanti sarebbero stati appetibili al pubblico. La base per questo prototipo fu la 1900 Sprint[21];
anni sessanta e settanta: il modello da competizione Tipo 33, con il suo motore V8 ad alto numero di giri da 2000 cm³ di cilindrata, diventò la base di molte concept car di questi decenni. Molte di esse furono presentate al pubblico al salone dell'automobile di Ginevra. Le più importanti furono:
la Carabo – Marcello Gandini ideò delle soluzioni che in seguito furono applicate alla Lamborghini Countach;
la 33.2 – Disegnata da Pininfarina, derivava dalla 33 Stradale;
la Montreal Concept (1967) – Progettata da Marcello Gandini per Bertone, fece la sua apparizione all’Esposizione Universale di Montreal. Era basata sulla Giulia, ed in seguito il progetto sfociò nella produzione dell'Alfa Romeo Montreal stradale. Il motore era una variante di quello installato sulla Tipo 33;
la Navajo – La carrozzeria era costruita interamente in fibra di vetro. Questa concept rappresentava la quintessenza stilistica dello stile “Origami” di Giugiaro;
dagli anni ottanta ai giorni nostri – La Proteo è servita come base per la 164, la SZ, la GTV e la Spider. La BAT 11 è invece ispirata dallo styling della 8C Competizione.

Le competizioni automobilistiche
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Alfa Romeo (automobilismo).
I primi anni e l’epoca dei Grand Prix
L’Alfa Romeo RL vittoriosa alla Targa Florio del 1923

L’esordio dell’Alfa Romeo nelle competizioni avvenne nel 1911 alla Targa Florio con due 24 HP. Il primo risultato di rilievo è di due anni dopo, ed è il secondo posto conquistato da una 40-60 HP alla Parma-Poggio di Berceto. Nel 1920 Giuseppe Campari vinse al Mugello sempre con la 40-60 HP, ed Enzo Ferrari arrivò secondo alla Targa Florio. Tuttavia è nel 1923 che l'Alfa Romeo conquistò il primo grande successo, imponendosi con una doppietta alla Targa Florio, con Ugo Sivocci al primo posto e Antonio Ascari al secondo, a bordo di due RL. In questa occasione apparve per la prima volta il famoso quadrifoglio, che caratterizza molti modelli sportivi e da corsa della Casa automobilistica.

Nel 1925, l'Alfa Romeo vinse il primo campionato del mondo di automobilismo della storia, imponendosi nel Gran Premio d'Europa a Spa-Francorchamps e nel Gran Premio d'Italia a Monza, con il modello P2 condotto da Gastone Brilli-Peri. La Casa del “biscione” vinse poi due campionati europei consecutivi con Ferdinando Minoia e Tazio Nuvolari nel 1931 e 1932 (i primi due della storia) e il campionato europeo della montagna nel 1930 con Carlo Felice Trossi e Mario Tadini.
I prototipi
L’Alfa Romeo 8C 2900B MM che vinse la Mille Miglia del 1938

Il periodo più vittorioso dell’Alfa Romeo in questa categoria sono gli anni trenta. I modelli di vetture più famosi e vincenti di questo decennio furono la 6C 1750, e soprattutto le 8C 2300 e 2900. Con queste vetture l’Alfa Romeo vinse sei edizioni consecutive della Targa Florio dal 1930 al 1935, e conquistò tutte le edizioni della Mille Miglia dal 1928 al 1938, ad eccezione del 1931 dove si impose una Mercedes-Benz. Fu anche importante la partecipazione alla 24 Ore di Le Mans, vinta quattro volte (tutte consecutive) dal 1931 al 1934 con una 8C. Nel 1938 fu fondato il Reparto Corse Alfa Romeo, cioè la sezione della Casa del “biscione” che si occupava della progettazione, realizzazione e manutenzione delle vetture da competizione.

Dopo la sospensione delle attività agonistiche a causa della seconda guerra mondiale, l'Alfa Romeo riprese a gareggiare con i prototipi nel 1963 con la nascita dell'Autodelta, diretta da Carlo Chiti. Di questi anni sono la Giulia TZ e la Tipo 33. Quest’ultima, nelle varie versioni, fu schierata nel campionato del Mondo Sport Prototipi (vinto nel 1975 e nel 1977), nel campionato CanAm e in varie cronoscalate.
La Formula 1
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Alfa Romeo (Formula 1).
L’Alfa Romeo 159 che vinse il campionato del mondo nel 1951

L’Alfa Romeo partecipò al Campionato mondiale di Formula 1 a più riprese, sia come costruttore che come fornitore di motori, dal 1950 al 1988.

Vinse le prime due edizioni di questo Campionato conquistando il titolo nelle stagioni 1950 e 1951 grazie rispettivamente a Nino Farina, a bordo di una 158, ed a Juan Manuel Fangio, che pilotava una 159. Il primo anno l’Alfa Romeo vinse 6 Gran Premi su 7 imponendo un dominio totale della scuderia, che piazzò in classifica ai primi tre posti i suoi piloti di punta: oltre al vincitore Nino Farina si distinsero Juan Manuel Fangio, che vinse molte corse, e Luigi Fagioli. Furono infastiditi soltanto occasionalmente da Alberto Ascari su Ferrari, che si classificò quinto, e dal francese Louis Rosier su Talbot-Lago, giunto al quarto posto. Nel secondo Campionato del Mondo l’Alfa Romeo vinse 4 Gran Premi su 8. Si aggiudicò il titolo Juan Manuel Fangio, seguito dal ferrarista Alberto Ascari e dagli alfisti José Froilán González e Nino Farina. Alla fine della stagione la Casa del “biscione” si ritirò dal Campionato.

L’Alfa Romeo tornò in Formula 1 negli anni sessanta, fornendo ad alcune scuderie minori il motore. Il propulsore era un quattro cilindri in linea e fu montato su vetture LDS, Cooper e De Tomaso[22]. Nei primi anni del decennio successivo la Casa del “biscione” fornì motori V8 a McLaren e March. La Brabham utilizzò poi propulsori V12 dell’Alfa Romeo dal 1976 al 1979.
L’Alfa Romeo 177 del 1979

Nel 1979 l’Alfa Romeo tornò in Formula 1 come costruttore, rimanendoci fino al 1985. Nella sua prima stagione partecipò con la 177. Esordì nel Gran Premio del Belgio con alla guida Bruno Giacomelli. Giacomelli utilizzò la vettura sia nel Gran Premio del Belgio che in quello di Francia. Il modello successivo, la 179, che cercava di sfruttare meglio l'effetto suolo, era spinto da un nuovo propulsore. Esordì al Gran Premio di Monza lo stesso anno. In questa occasione ci fu l'ultima apparizione della 177, con al volante Vittorio Brambilla. Nelle successive stagioni l’Alfa Romeo partecipò al campionato correndo con le vetture 182, 183T, 184T e 185T, ma con scarsi risultati e senza vincere neppure un Gran Premio. I piloti più importanti che guidarono queste vetture furono Andrea De Cesaris e Riccardo Patrese. Il miglior piazzamento della scuderia fu un 6º posto nel campionato costruttori del 1983.

Per la stagione 1987, l’Alfa Romeo firmò un accordo con la Ligier per la fornitura di motori, ma fu annullato dopo che la FIAT acquistò la Casa del “biscione”. L’Alfa Romeo fornì comunque propulsori all’Osella dal 1983 al 1988, e questa fu la sua ultima apparizione in Formula 1.
I rally

L'Alfa Romeo ha partecipato anche a competizioni rallystiche, anche se la maggior parte delle vetture impiegate erano iscritte da team privati. La prima vittoria fu al Rally dei mille laghi, in Finlandia, nel 1958 con una Giulietta. Negli anni settanta l'Autodelta mise in campo l'Alfetta GT e l'Alfetta GTV, che si aggiudicarono il campionato del mondo nella propria categoria nel 1975. La partecipazione ai rally si concluse con la vittoria del Giro automobilistico d'Italia nel 1988, grazie all'Alfa 75 Evoluzione IMSA.
La Formula 3

In Formula 3 l’Alfa Romeo è stata fornitrice per molti anni di propulsori derivati da quelli di serie per le monoposto March. I motori erano i bialbero ad otto valvole e quattro cilindri da 2000 cm³ di cilindrata utilizzati, ad esempio, sull'Alfetta o la Giulietta. In questa categoria l'Alfa Romeo ha vinto complessivamente (come fornitrice di motori) dieci campionai europei, cinque coppe europee, dieci campionati italiani, otto campionati francesi e tre campionati tedeschi. Dal 1987 ha fornito il motore Twin Spark, che era un’evoluzione del bialbero. Anch'esso era usato nella produzione di serie (per esempio sulla 75 e sulla 164).
I campionati turismo
Un’Alfa Romeo 156 durante una fase del Campionato del mondo turismo del 2007

I successi in questa categoria iniziarono negli anni sessanta con le varie versioni della Giulia, prima la berlina TI e successivamente con la GTA e la GTAm. Con queste vetture l’Alfa Romeo vinse cinque campionati europei turismo, più precisamente nel 1966, 1967, 1969, 1971, 1972. Nel 1976 e nel 1977 si aggiudicò invece il campionato di categoria.

Tra il 1982 e il 1985, con la GTV6, L’Alfa Romeo conquistò altri quattro campionati europei, questa volta consecutivi. Negli anni ottanta e novanta la Casa del “biscione” si aggiudicò anche molti campionati nazionali turismo, grazie a vetture come la 75 e la 155.

L’ultimo modello con cui l’Alfa Romeo ha conquistato dei titoli nei campionati turismo è stata la 156. Con essa si è aggiudicata, oltre a campionati minori, quattro titoli europei turismo piloti dal 2000 al 2003 e tre campionati europei turismo marche dal 2000 al 2002. Questo modello di vettura è anche stato l’ultimo della Casa del “biscione” a partecipare ai campionati turismo.

L'unico campionato turismo che l'Alfa Romeo non ha mai conquistato è stato il campionato del mondo, al quale partecipò nel 1987 con la 75 e nel 2005, 2006 e 2007 con la 156.
Le safety car

Modelli Alfa Romeo sono utilizzati come safety car nel campionato mondiale Superbike. La prima vettura impiegata è stata la 156, rimpiazzata poi dalla 159. In seguito è stata usata la MiTo ed infine la Giulietta.
Le Alfa Romeo in dotazione alle forze dell’ordine
Un’Alfa Romeo 159 in dotazione ai Carabinieri

Negli anni cinquanta l’Alfa Romeo iniziò a fornire autovetture alla Polizia ed ai Carabinieri[23][24]. I modelli acquistati in questo periodo furono la Matta e la 1900; la prima era in dotazione ad entrambi i corpi, mentre la seconda solamente alla Polizia. La 1900 fu il primo modello di vettura utilizzato da quest’ultima ad essere soprannominato Pantera.

Dal decennio successivo furono preparate delle autovetture appositamente per questo scopo, modificando i modelli in produzione. L’esigenza nasceva dal fatto che le forze dell’ordine avevano la necessità di avere in dotazione dei veicoli con prestazioni elevate per contrastare la criminalità. I modelli utilizzati in questi anni erano la Giulia e la 2600; la prima era fornita ad entrambi i corpi, mentre la seconda alla sola Polizia. In questo periodo si cominciò ad utilizzare il soprannome Gazzella per designare le vetture Alfa Romeo fornite ai Carabinieri. Le denominazioni delle Alfa Romeo in dotazione ai due corpi furono scelte per sottolineare la velocità e l’agilità delle pattuglie, e sono in uso ancora oggi.

Inizialmente le Alfa Romeo in dotazione alla Polizia avevano una colorazione verde chiaro, successivamente cambiata in azzurro con la presenza di una banda bianca. Le vetture dei Carabinieri invece sono state sempre di colore blu scuro con una banda rossa sulle fiancate ed il tettuccio bianco.

I modelli Alfa Romeo che in seguito furono in dotazione ai due corpi furono l’Alfasud (alla sola Polizia), l’Alfetta, la Giulietta (alla sola Polizia), la 33 (alla sola Polizia), la 75, la 90, la 155 e la 156. La 159 è l’ultima della serie, ed è utilizzata tuttora da Polizia e Carabinieri.

Autovetture Alfa Romeo sono anche in dotazione ad altri corpi italiani quali la Guardia di Finanza, la Polizia stradale, la Polizia penitenziaria, il Corpo forestale dello Stato, la Polizia provinciale, la Polizia municipale ed i vigili del fuoco. Sono anche utilizzate da molte forze di polizia estere[25].
Altre produzioni

Sebbene l’Alfa Romeo sia principalmente conosciuta per la produzione di autovetture, l’azienda ha anche fabbricato e commercializzato veicoli commerciali, locomotive[26], autobus, filobus, motori marini ed aeronautici.
Autocarri e furgoni
L’Alfa Romeo “Romeo” seconda serie

L’Alfa Romeo ha prodotto veicoli commerciali dal 1914 al 1988 ed è stata, dopo la FIAT, l’azienda italiana che ha costruito questa tipologia di mezzi di trasporto per più tempo[27].

Il primo autocarro costruito dall’Alfa Romeo è del 1914, e si basava sul telaio della 20-30 HP, mentre l’ultimo modello fu prodotto nel 1967. In Brasile la fabbricazione continuò per opera della FNM fino al 1985. Gli autocarri Alfa Romeo si affermarono negli anni trenta. Questi veicoli, al contrario di quelli delle Case concorrenti dell’epoca (cioè Fiat Veicoli Industriali, Lancia Veicoli Industriali e Officine Meccaniche), erano interamente assemblati negli stabilimenti Alfa Romeo senza appaltare all’esterno la fabbricazione di carrozzerie o acquistare i componenti da altre aziende. I modelli di autocarri Alfa Romeo più celebri furono prodotti negli anni quaranta, cinquanta e sessanta, e furono il 430, il 900 e soprattutto il Mille.

Il primo furgone costruito dall’Alfa Romeo fu il Romeo, che fu in produzione dal 1954 al 1967. Ne furono realizzati 21.722 esemplari commercializzati in tre serie. Successivamente furono prodotti l’F11/A11 tra il 1967 ed il 1971, e l’F12/A12 tra il 1967 ed il 1983. Gli ultimi furgoni Alfa Romeo furono l’AR6 e l’AR8. Traevano origine da un accordo con l’Iveco ed erano, rispettivamente, dei Fiat Ducato e degli Iveco Daily rimarchiati.
Motori aeronautici
Un’Alfa Romeo D2

Il primo motore Alfa Romeo utilizzato su un aeroplano fu installato nel 1910 su un biplano Santoni-Franchini[28]. Nel 1932 fu prodotto il primo motore aeronautico vero e proprio, il D2, che fu montato sul Caproni Ca.101. In questo decennio i motori aeronautici Alfa Romeo furono utilizzati su larga scala; ad esempio il 126 RC.34 fu installato sui Savoia-Marchetti S.74, S.M.75, S.M.79, S.M.81 e sul CANT Z.506[29].

Nel 1931 fu organizzata una gara tra una 8C 3000 Monza guidata da Tazio Nuvolari ed un Caproni Ca.100, dove vinse, di poco, l’aeroplano[30].

Durante la seconda guerra mondiale l’Alfa Romeo costruì diversi motori aeronautici; il più famoso fu l’RA 1000 RC.41, che era prodotto su licenza della Daimler-Benz presso lo stabilimento di Pomigliano d'Arco. Questo propulsore rese possibile la costruzione del Macchi M.C.202, il miglior caccia della Regia Aeronautica utilizzato durante il secondo conflitto mondiale[31].

Dopo la seconda guerra mondiale, l’Alfa Romeo produsse motori aeronautici per la FIAT, l’Aerfer e l’Ambrosini. Negli anni sessanta l’azienda focalizzò l’attenzione sul miglioramento e la manutenzione di propulsori aeronautici Curtiss-Wright, Pratt & Whitney, Rolls-Royce e General Electric. L’Alfa Romeo fu la prima compagnia italiana a costruire un motore aeronautico a turbina, che fu poi installato su un Beechcraft King Air. La divisione dell’azienda che si occupava di propulsori aeronautici, l’Alfa Romeo Avio, fu venduta nel 1988 ad Aeritalia. Nel 1996 è passata a Fiat Avio e dal 2003 fa parte del Gruppo Avio. È stata coinvolta nello sviluppo del motore T700-T6E1 per l’elicottero NHI NH90[32].

Per i propri motori aeronautici, l'Alfa Romeo aveva una propria linea di sviluppo e di produzione di eliche, sia a passo fisso che a passo variabile, queste ultime con passo regolabile in volo e già prodotte in serie a partire dal 1936. Le eliche metalliche erano realizzate con una lega d'alluminio che aveva una composizione specifica formulata appositamente dall'azienda.
Autobus e filobus
Un filobus Alfa Romeo in servizio a Napoli. Si tratta del 1000 Aerfer

L’Alfa Romeo è anche stata tra i maggiori produttori italiani di mezzi pubblici. Produsse autobus e filobus dagli anni trenta agli anni sessanta, e fino agli anni ottanta continuò a costruire mezzi più leggeri, come scuolabus e minibus[33].

Fino agli anni cinquanta gli autobus ed i filobus Alfa Romeo erano sostanzialmente degli autocarri modificati. I modelli avevano la stessa sigla numerica dei camion, a cui era generalmente aggiunta la dicitura “A” o “AU” se si trattava di autobus, mentre “AF” nel caso di filobus. Furono utilizzati in molte città italiane, ed i filobus furono prodotti anche per l’estero. Questi ultimi furono pure impiegati in America Latina[34], Svezia[35], Grecia[36], Germania, Turchia e Sudafrica.
L'occupazione all'Alfa Romeo

Alla nascita nel 1910 l'azienda Alfa poteva contare su circa 300 dipendenti[37], cresciuti a 2.200 nel 1919[38] nella fase di ricostruzione dopo il primo conflitto mondiale e nuovamente ridotti a 1.200 all'inizio degli anni venti durante la prima crisi economica. Negli anni successivi, con l'ampliamento delle capacità produttive e la diversificazione, il numero dei dipendenti continuò a crescere per superare le 6.000 unità nel 1937[39] e giungere alla ragguardevole cifra (per l'epoca) di 8.000 durante la seconda guerra mondiale quando la produzione di motori per aereo divenne una parte preponderante delle attività del Portello[39]. Già pochi anni dopo la quasi completa distruzione dello stabilimento, nel 1950, con l'inaugurazione delle prime catene di montaggio per la costruzione delle Alfa Romeo 1900 la forza lavoro era ritornata oltre le 6.000 persone[40] e continuarono da quel momento a crescere, anche grazie all'apertura dei nuovi stabilimenti di Pomigliano e Arese, fino a raggiungere nel 1982 circa 30.000 dipendenti (qualche migliaio a Milano Portello, 8.000 a Pomigliano d'Arco e 19.000 ad Arese). La profonda crisi iniziata negli anni ottanta ha portato ad un continuo ridimensionamento dello stabilimento di Arese, con la riduzione della forza produttiva a 16.000 persone nel 1986 e a 9.500 nel 1994. Dal 2012 la produzione di modelli è divisa fra lo stabilimento di Cassino e quello di Mirafiori. I lavoratori dello stabilimento del Portello (che è stato demolito nel 2004) vennero trasferiti allo stabilimento di Arese nel 1986. Lo stabilimento di Arese, il quale ha cessato di produrre vetture Alfa Romeo nel 2000 per poi essere convertito a vetture a marchio Fiat fino al 2005, è stato chiuso e attualmente in fase di riconversione industriale. Ad Arese è stato prodotto, fino al 2005 anche il V6 Busso ma verso la fine degli anni 2000 la produzione, e l'occupazione, nello stabilimento viene a cessare completamente. Tuttavia ad Arese rimangono tutti i dipendenti della sede operativa del Customer Services Centre dell'intero gruppo industriale Fiat. Il centro stile e il reparto di ricerca e sviluppo viene trasferito a Torino. l'ex stabilimento Alfasud di Pomigliano d'Arco è stato riconvertito alla produzione della Fiat Panda (2012), dove vi lavorano, a febbraio 2013 circa duemila e quattrocento persone (2374).[41]. Per quanto riguarda l'assemblaggio di vetture Alfa Romeo dopo la chiusura dei siti produttivi del Portello e di Arese o, come nel caso di Pomigliano, dopo il cambio di modelli assemblati nello stabilimento, i lavoratori impiegati per la realizzazione delle vetture del marchio sono divisi fra Cassino e Mirafiori.

Durante la sua storia, l’Alfa Romeo ha realizzato più volte vetture artigianali o semi artigianali, o comunque prodotte in piccola o piccolissima serie; la produzione di queste vetture non avveniva quasi mai negli stabilimenti standard di proprietà diretta dell'azienda, poiché questi ultimi erano studiati per linee di produzioni del tutto industrializzate e semi automatizzate. Ad esempio, per la produzione, all'inizio del XXI secolo, di due modelli di vettura "esotici" della casa milanese, sono stati impiegati i lavoratori dello stabilimento Maserati di Modena con la collaborazione anche di personale Ferrari. Prima la 8C Competizione e poi la 4C, sono state prodotte dai dipendenti Maserati a Modena con un sistema semi-artigianale, in un numero limitato di pezzi[42].
I siti produttivi in Italia
Lo stabilimento del Portello
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Stabilimento Alfa Romeo del Portello.
Lo stabilimento Alfa Romeo del Portello in una foto degli anni '30

Lo stabilimento del Portello è stato il primo sito produttivo Alfa Romeo, e fu attivo tra il 1908 e il 1986 a Milano.
Le origini e la prima guerra mondiale

Dopo la crisi del 1909 con relativa chiusura della Darracq Italia, lo stabilimento, che nel 1908 occupava la superficie di 8.000 mq, venne preso in carico dalla neonata Anonima Lombarda Fabbrica Automobili con l'inizio della produzione di un modello totalmente nuovo, l'ALFA 24 HP. Lo stabilimento occupava in quel periodo circa 300 persone e la produzione era arrivata, nel 1914 poco prima dello scoppio della prima guerra mondiale, a 272 veicoli[37]. Il conflitto portò alla diversificazione della produzione, non più incentrata sugli autoveicoli bensì dedicata alle commesse militari. L'entità delle stesse fu talmente elevato che lo stabilimento dovette essere ampliato e vennero eretti tre nuovi capannoni[37]. Nel 1919 la forza lavoro occupata nello stabilimento aveva raggiunto la cifra di 2.200 persone e la produzione era molto diversificata[38].
Il primo dopoguerra ed il secondo conflitto mondiale

I primi anni del dopoguerra videro anche la ripresa della produzione automobilistica, per i primi tempi però limitata ancora ai vecchi modelli; la crisi economica e sindacale portò però ad una drastica diminuzione del personale occupato, sceso a 1.200 addetti quasi tutti impegnati nel settore meccanico.

Nel periodo interguerra la produzione si estese anche alla produzione di autocarri e autobus con il personale che crebbe sino alle oltre 6.000 persone nel 1937 e la superficie occupata che si estese verso nord, dividendo lo stabilimento in due parti unite da sottopassi[39].

Durante la seconda guerra mondiale la forza occupazionale era giunta a 8.000 persone grazie la produzione di motori per aereo ma, nel 1943 e nel 1944, lo stabilimento del Portello venne bombardato e pesantemente danneggiato[39].
Dagli anni cinquanta alla chiusura

Il termine del conflitto portò alla necessità di una totale ricostruzione degli edifici e ad una riconversione della produzione anche a settori civili fino a quel momento inesplorati; il settore automobilistico per i primi anni visse sulla produzione dei modelli anteguerra e tutto il complesso, nel 1950 dava lavoro a poco meno di 6.000 persone.

La produzione del Portello era fino al 1950 di carattere quasi artigianale, incentrata su vecchie parti assemblate in piccole serie. Tutto cambiò con l’avvento di Giuseppe Luraghi ai vertici di Finmeccanica, azienda che possedeva l’Alfa Romeo. Luraghi trasformò la fabbrica artigianale in un moderno stabilimento produttivo di automobili. Durante questi anni la fabbrica fu ulteriormente ampliata, dato il successo delle auto prodotte, come ad esempio la Giulietta e ancor prima la 1900. Proprio con quest'ultimo modello vennero installate le prime catene di montaggio complete[40].

Milano però stava cambiando, e si stava ingrandendo verso le aree agricole. Il Portello prima era in periferia della città, ma ora intorno allo stabilimento stavano sorgendo palazzi che ospitavano gli immigrati provenienti da varie zone d'Italia. In questo periodo fu deciso di costruire un nuovo sito produttivo ad Arese, dato che non erano più possibili ulteriori ampliamenti del vecchio stabilimento. Già nel 1974, all'epoca delle dimissioni di Luraghi dall'Alfa Romeo, la direzione era già stata trasferita ad Arese. La decadenza era dunque iniziata in questi anni, e portò alla graduale chiusura del sito produttivo.

L'ultima vettura integralmente nata al Portello viene considerata così la Giulia che ha visto la luce nel 1962[40], anche se la sua produzione venne ben presto trasferita, almeno in parte, al nuovo stabilimento di Arese che era stato nel frattempo inaugurato.

Negli anni successivi varie altre competenze vennero trasferite ad Arese e lo stabilimento si restrinse sempre più. L'ultimo dipendente dello stabilimento venne trasferito ad Arese nel 1986.
Lo stabilimento di Arese
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Stabilimento Alfa Romeo di Arese.
Lo stabilimento di Arese. Sullo sfondo, il centro tecnico

Da inizio anni sessanta Arese è divenuta nota come sede dell'Alfa Romeo e del più grande stabilimento della stessa.

L'impianto industriale Alfa Romeo di Arese ricopriva un'area molto ampia che spaziava dal comune di Lainate a quello di Garbagnate Milanese. Oggi la fabbrica è totalmente chiusa e dismessa, dato che la FIAT ha preferito andare a progettare e produrre veicoli in altri impianti in Italia ed all'estero. Arese e lo stabilimento sono localizzati in una zona strategica, in quanto attorniati da importanti vie di comunicazione come la nuova Alta Velocità ferroviaria, l'Autostrada dei Laghi per l'Aeroporto Malpensa e poco distante l'autostrada A4 e la Tangenziale Ovest che collega la A1 e la A7. Un fatto curioso che riguarda i dipendenti di Arese è l'altissima presenza di parlamentari tra essi: ben trentuno persone lasciarono lo stabilimento per occupare un posto a Montecitorio; tra di loro il più noto è Luigi Malabarba, senatore dimessosi a ottobre 2006.
Gli anni sessanta

Lo stabilimento costruito a inizio anni sessanta per sostituire il Portello, iniziò l'effettiva produzione nel 1963 con la Giulia GT, e dall'anno successivo della Giulia.

Nei piani originari si sarebbe dovuti arrivare ad avere la produzione già nel 1962, data di prevista presentazione ed inizio commercializzazione della Giulia. Ciò non fu possibile poiché i lavori di costruzione, appaltati a numerose ditte, continuavano a subire ritardi, rendendo la situazione un grande problema per la dirigenza: o si ritardava l'uscita della Giulia (nel 1962 già pronta) o si faceva partire la Giulia dal Portello, via via trasferendo la produzione, senza interromperla, una volta che la prima fase di Arese fosse stata conclusa.

Prevalse la seconda ipotesi e la Giulia partì dal Portello dove in seguito, "alleggerito" di lavoro, sarebbe rimasta solo la produzione della Giulietta. Si prevedeva infatti che la nuova vettura avrebbe causato una flessione delle vendite (come in effetti causò, ma non in modo troppo significativo) della sorella minore.
Gli anni settanta e ottanta
Il centro tecnico dello Stabilimento in una fotografia del 2011

A fine anni anni sessanta ad Arese erano iniziate delle rivendicazioni sindacali molto dure con scioperi e manifestazioni; gli operai ottennero svariate conquiste e lo stabilimento si meritò l'appellativo di "Cattedrale dei Metalmeccanici".

Fino a metà anni settanta Arese e l'Alfa Romeo vissero un periodo di continuo sviluppo, arrestatosi in seguito alle due crisi energetiche che causarono anche all'Alfa Romeo, come ad altre case automobilistiche sportive, un grande calo di vendite. Nel 1982 Arese contava circa 19.000 dipendenti ed erano quattro i modelli prodotti: Alfetta, Nuova Giulietta, Alfa 6 ed Alfetta GT e GTV. Nel 1986 l'Alfa Romeo viene ceduta alla FIAT dall'IRI, i dipendenti sono 16.000 ma ad un anno dall'acquisto in cassa integrazione guadagni vi sono 6.000 operai.
Gli anni novanta e la chiusura

Nel 1989 la Regione Lombardia e il Giudice Amministrativo accolgono il ricorso presentato da un gruppo di cittadini di Arese, costituitisi in comitato, e impongono la riduzione dell'attività del reparto verniciatura da 800 a 400 vetture al giorno. Comincia una fase di drastica riduzione dei dipendenti che culminerà nel 2002 con la vendita da parte della FIAT dello stabilimento agli americani dell'AIG Lincoln, compagnia frutto della collaborazione tra la "AIG Global Real Estate Investment Corporation" una sussidiaria della AIG e la "Lincoln Property Company" per ottimizzare la gestione delle rispettive proprietà immobiliare e favorire investimenti congiunti nel medesimo ambito. Nel 1992 termina la produzione della Alfa 75 in contemporanea alla chiusura dello stabilimento dell'Autobianchi di Desio, così la Fiat decide di spostare l'assemblaggio della Autobianchi Y10 presso Arese, dove terminerà definitivamente nel 1995, stesso anno in cui inizia la produzione della nuova Alfa Romeo Gtv. Nel 1997 dopo 10 anni e con 270.000 esemplari si concluderà anche la produzione della Alfa Romeo 164. In questo periodo una notevole parte di operai viene avviata alla cassa integrazione ed il numero dei lavoratori scende sotto i 4.000.

Le ultime automobili prodotte ad Arese con il marchio Alfa Romeo risalgono al 2000 e sono Gtv e Spider che poi sono state "trasferite" presso gli stabilimenti della Pininfarina fino alla fine del 2005; in seguito sono state assemblate le Fiat Multipla ecologiche e fino al 2003 gli ultimi motori V6 della gloriosa stirpe "Busso" ideati dall'omonimo progettista aresino, Giuseppe Busso, durante gli anni settanta.

Al 31 dicembre 2009 risultavano ancora attive le strutture del Centro Stile, responsabile della ricerca sul design, la Powertrain, il cui indirizzo è lo sviluppo dei motori, ed il settore storico dell'azienda, che gestisce il Museo Storico Alfa Romeo ed il Centro Documentazione, punto di riferimento per appassionati e ricercatori a livello mondiale, sebbene Fiat abbia più volte annunciato nell'autunno 2009 il trasferimento del Centro Stile e della Powertrain a Mirafiori.

Un possibile impiego futuro dell'enorme area di Arese, di oltre 2.000.000 m² è la creazione di un polo logistico o commerciale.

Ad oggi, presso l' edificio del ex Centro Tecnico è ubicato il servizio clienti internazionale del Gruppo Fiat, con oltre 400 dipendenti.
Lo stabilimento di Pomigliano d'Arco
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Stabilimento Alfa Romeo di Pomigliano d'Arco.
Le prime attività produttive

Nel 1938 l'IRI incaricò l'Alfa Romeo di fondare nel Sud un Centro Industriale Aeronautico con abbinato un piccolo aeroporto. La scelta ricadde su Pomigliano d'Arco e grazie all'opera dell'ingegnere Ugo Gobbato si diede vita ad un Centro Aeronautico tecnologicamente all'avanguardia, in grado di produrre motori per l'epoca tecnologicamente molto evoluti.

Nel 1942 ebbe inizio la produzione della serie di motori Daimler, tra i più usati dalle società tedesche. Nel 1943 il complesso aeronautico venne ultimato con altri due centri d produzione, per "strutture complete" e "leghe leggere". Poco dopo, due bombardamenti distrussero la città insieme allo stabilimento Alfa Romeo.

La produzione dei motori di aeroplani ricominciò soltanto nel 1952, quando venne completata la ricostruzione della città e dello stabilimento. È a partire da quegli anni che l’Alfa Romeo iniziò le sue accreditate associazioni con i più qualificati gruppi della motoristica aeronautica.

Nel frattempo Finmeccanica aveva fondato, in una parte del Centro Aeronautico, le "Officine di Costruzioni Aeronautiche e Ferroviarie Aerfer". Inizialmente vi si realizzarono veicoli ferroviari e autofilotranviari poi l'"Aerfer" operò anche per la produzione su commessa di parti di aviogetti da combattimento per l’aeronautica statunitense e della NATO. Proprio dall’esperienza di costruzione di queste parti, a partire dalla seconda metà degli anni cinquanta, lo stabilimento di Pomigliano cominciò ad essere sede dello sviluppo e della realizzazione di nuovi prototipi da caccia leggeri, i cui progetti erano stati sostenuti finanziariamente dagli Stati Uniti.
Il progetto “Alfasud”

Alla fine anni sessanta il governo italiano, proprietario dell'IRI e quindi dell'Alfa Romeo, decise di attuare alcune misure atte a favorire lo sviluppo del Mezzogiorno. Così, con la contrarietà dell'allora Presidente dell'Alfa Giuseppe Luraghi, si finanziò la costruzione di una nuova fabbrica per la produzione di vetture accanto al già esistente stabilimento "Alfa Romeo Avio" di Pomigliano d'Arco. Nasceva così il progetto denominato "Alfasud".

Lo stabilimento per la fabbricazione di automobili fu realizzato in tempi molto rapidi. Nel 1967 iniziò, contemporaneamente, la progettazione dello stabilimento e del nuovo modello di auto (l'Alfasud), entrambe sotto la responsabilità tecnica dall'ingegnere Rudolf Hruska, uno dei più importanti tecnici della scena internazionale, già "braccio destro" di Ferdinand Porsche e consulente FIAT, Simca ed Abarth.

Il 15 gennaio 1968, dopo decine di progetti proposti e discussi, fu presentato il piano generale per la realizzazione dello stabilimento Alfasud di Pomigliano d'Arco che prevedeva la costruzione dei nuovi impianti e l'inizio produttivo nel gennaio 1972.

L'”Industria Napoletana Costruzione Autoveicoli Alfa Romeo - Alfasud S.p.A.” nacque il 17 gennaio 1968 con azionisti Alfa Romeo (88%), Finmeccanica (10%) e IRI (2%). Per il progetto furono stanziati poco più di 300 miliardi di lire finanziati in gran parte dalla Cassa del Mezzogiorno ed il Banco di Napoli.

La posa della prima pietra avvenne il 28 aprile 1968 e nonostante numerosi ritardi, dovuti anche ai molti scioperi indetti dagli operai, Hruska riuscì a completare le opere e dare inizio alla produzione, con soli tre mesi di ritardo, nell'aprile 1972.
La produzione di autovetture

La prima vettura prodotta nello stabilimento fu l'Alfasud. Questa è stata la prima auto dell'Alfa Romeo a trazione anteriore. In seguito vennero prodotte molti altri modelli Alfa Romeo, tra cui la 33, la 155, la 145, la 146, la 156, la 147 e la 159.

Nel 1982 l'Alfasud S.p.A. cambiò nome in "I.N.C.A. Investimenti". Nel 1986 la Finmeccanica fu costretta a vendere le quote Alfa Romeo alla FIAT. Con la nuova gestione, in seguito alla fusione tra Lancia ed Alfa Romeo, lo stabilimento fu rinominato "Stabilimento Alfa-Lancia di Pomigliano d'Arco", e nel 2008 fu chiamato Fiat Group Automobiles - Stabilimento Giambattista Vico, in memoria del celebre filosofo napoletano.
La produzione all'estero
In Brasile
L'Alfa Romeo 2300, prodotta dalla F.N.M.

L'Alfa Romeo ebbe una collaborazione in Brasile con la F.N.M. che iniziò nel 1952 per la costruzione in loco dei modelli di autocarri pesanti Alfa. Fino al 1960 vennero costruiti 15.000 veicoli pesanti tra cui anche diversi telai per autobus, riscontrando un discreto successo. Nel 1961 iniziò la produzione automobilistica, con il modello FNM JK (ribattezzata successivamente 2000), versione brasiliana dell'Alfa Romeo 2000. Nel 1968 l'Alfa Romeo acquisì il controllo della F.N.M., e l'anno seguente la FNM 2000 fu sostituita dalla FNM 2150. Nel 1974 la FNM 2150 venne sostituita dalla 2300, su cui compariva il marchio Alfa Romeo. Nell'estetica l'Alfa 2300 ricalca l'Alfetta, ma con differenze sostanziali nelle dimensioni. Nel 1978 venne affiancata alla 2300 "base" la versione Ti. Alla fine degli anni settanta la FIAT rilevò la F.N.M., che cesserà la produzione dei camion nel 1985. La 2300 (la cui produzione era stata spostata presso gli stabilimenti Fiat di Betim) resterà invece in produzione fino al 1988.
In Sudafrica

L'Alfa Romeo South Africa ltd (A.R.S.A.) fu costituita il 20 novembre 1962 con sede in Johannesburg (spostata successivamente a Wynberg) per la vendita e l'assistenza delle autovetture Alfa Romeo in Sudafrica. Dal 1974 al 1985 l'Alfa Romeo produsse Giulia, Alfetta, Alfasud (berlina e Sprint), Giulietta e Alfa 6 in Sud Africa costituendo la Brits Engineering Industries (B.E.I.) con sede a Brits cittadina distante circa 50 km da Pretoria e 100 km da Johannesburg. Vetture caratteristiche furono la Alfetta GTV 3000 V8 prodotta in poche centinaia di esemplari per permettere ai privati di utilizzarla in competizione, la Alfasud GTA con il motore della quadrifoglio. Una versione della Giulietta 2000 fu dotata di turbocompressore da un concessionario locale e venduta come "turbo".[43] La B.E.I. assemblò anche le Fiat 132 e 128 Pick up e la Daihatsu Charade[44].
In Thailandia

Dal 2002 al 2004 le Alfa Romeo 156 destinate ad essere vendute nei mercati asiatici con guida a destra e specialmente in Giappone, furono assemblate manualmente, al ritmo di circa 20 vetture al giorno in Thailandia nello stabilimento General Motors di Rayong a circa 120 km a est di Bangkok. Nel medesimo stabilimento, la cui mascotte è un elefante, sono state assemblate anche le Opel Zafira e Chevrolet Optra sempre destinate ai paesi asiatici.
Il museo storico Alfa Romeo
Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi Museo Storico Alfa Romeo.

Il museo fortemente voluto dal presidente Giuseppe Luraghi è situato in una palazzina di grande pregio architettonico studiata per questa finalità espositiva situata accanto all'ex stabilimento di Arese. Esso si sviluppa su sei livelli con quattro sezioni tematiche che ospitano più di 100 modelli. Una sezione è interamente dedicata alle auto prodotte dal 1910 ad oggi; un'altra agli studi stilistici e alle dream car; una terza al settore aeronautico e infine una quarta ospita modellini ed i trofei conquistati dai piloti in più di 100 anni di attività.
Le Alfa Romeo nei media
Cinema
Un’Alfa Romeo 1600 Spider “Duetto”, simile a quella comparsa nel film Il laureato

L’apparizione più famosa di una vettura Alfa Romeo nel cinema è quella ne Il laureato, film del 1967 con Dustin Hoffman, Katharine Ross e Anne Bancroft[45]. La pellicola diede notorietà a livello mondiale al modello impiegato, una 1600 Spider “Duetto”. Nel film era l’auto del protagonista, interpretato da Dustin Hoffman. La produzione della vettura continuò fino agli anni novanta, ed un’edizione speciale chiamata “Alfa Romeo Spider Graduate” (Graduate in inglese significa “laureato”) fu disponibile negli Stati Uniti durante gli anni ottanta.

Vetture Alfa Romeo sono state utilizzate anche nei film con protagonista James Bond. In Octopussy - Operazione piovra l’agente segreto, interpretato da Roger Moore, ruba e guida un’Alfetta GTV color grafite. Nella scena è inseguito da una BMW Serie 5 della polizia[46]. Due 159 di colore nero appaiono nelle scene iniziali del film Quantum of Solace[47]. Sono all’inseguimento di James Bond, che è alla guida di una Aston Martin DBS V12 per le strade che si snodano tra le cave di marmo di Carrara. Nella stessa pellicola compare anche una 156 dei Carabinieri e René Mathis, uno dei protagonisti della pellicola, guida una 2600 GT coupé.

Una Giulietta Spider compare nel film Giulietta degli spiriti, di Federico Fellini. L’attrice protagonista, Giulietta Masina, è corteggiata da un uomo che guida questo modello[48].

Sempre una Giulietta Spider appare nella pellicola Il giorno dello sciacallo dove il protagonista, interpretato da Edward Fox, è braccato dalla polizia ed alla fine dell’inseguimento ha un incidente con il modello[49].

Ne Il padrino, Michael Corleone, interpretato da Al Pacino, guida una 6C mentre è in esilio in Sicilia. Nel film l’auto esplode in un attentato, uccidendo sua moglie, Apollonia Vitelli-Corleone[50].

Ne Il gioco di Ripley, l’attore protagonista del film, John Malkovich, guida una 156 Sportwagon rossa[51].
Televisione

Nella serie televisiva Un caso per due, l’attore principale Claus Theo Gärtner, che impersona il detective privato Josef Matula, ha guidato sempre vetture Alfa Romeo, a partire dalla Giulia fino alla 159[52].

Delle vetture Alfa Romeo compaiono anche nella serie Il commissario Rex. Sono guidate dagli attori che si sono avvicendati nel ruolo principale, Tobias Moretti e Gedeon Burkhard. In alcuni episodi della serie, il primo guida una 155[53] mentre il secondo una 166. Inoltre nella serie Tv L'ispettore Coliandro, interpretato da Giampaolo Morelli, il protagonista guida un'Alfa Romeo 156 rossa dotata di un vistosissimo kit aerodinamico.
Letteratura

Nella prima edizione del romanzo Angeli e demoni di Dan Brown, i membri delle Guardie Svizzere guidano delle Alfa Romeo 159 (nel romanzo però sono chiamate erroneamente Alpha Romeo).

Nel romanzo Moonraker: il grande slam della morte di Ian Fleming, James Bond fu coinvolto inaspettatamente in un inseguimento, dove Hugo Drax è tallonato da un giovane uomo alla guida di un’Alfa Romeo. Alla fine, la corsa si conclude con la morte di quest’ultimo e la distruzione dell’Alfa Romeo, oltre che della vettura di Bond, una Bentley Mark IV[54].
Le sponsorizzazioni
L’Alfa Romeo II alla sua prima regata

Come politica di mercato l’Alfa Romeo ha sponsorizzato, e continua a patrocinare, molti eventi sportivi. Nel 2010, per il centenario di fondazione, la Casa del “biscione” ha sponsorizzato la rievocazione storica della Mille Miglia, con l’iscrizione di un numero straordinario di modelli[55]. Nell’ambito della stessa ricorrenza ha anche patrocinato il Goodwood Festival of Speed, evento che aveva già sostenuto in precedenza[56][57].

Dal 2007 l’Alfa Romeo sponsorizza il Campionato mondiale Superbike e la Ducati (quest’ultima sia nel campionato citato che in MotoGP)[58]. Una nuova Giulietta è la safety car del Campionato mondiale Superbike dalla gara disputata a Monza nel 2010[59].

La Casa del “biscione” ha sponsorizzato anche imbarcazioni. Nel 2002 fu varata l’Alfa Romeo, la prima barca a vela che portava questo nome. Essa ha conquistato 74 regate, inclusa la Sydney-Hobart del 2002[60]. L’evoluzione dell’imbarcazione, l’Alfa Romeo II, fu commissionata nel 2005 e misurava 30 m di lunghezza; questa barca a vela ha stabilito il record di traversata per monoscafi della Transpacific Yacht Race nell’edizione del 2009, con l’attraversamento compiuto in 5 giorni, 14 ore, 36 minuti e 20 secondi[61]. In totale questa barca a vela ha conquistato 140 gare. A metà del 2008 è stata lanciata l’Alfa Romeo III, che misura 21,4 m di lunghezza totale ed ha gli interni che si ispirano alla 8C Competizione[62].

Dal 2013-2014 il marchio Alfa Romeo è presente sulle maglie da calcio dell'Eintracht Francoforte[63]
Voci correlate

Alfa Corse: il reparto corse della casa del "biscione"
Alfa Romeo (automobilismo): l'Alfa Romeo nelle competizioni automobilistiche
Alfa Romeo (Formula 1): la partecipazione dell'Alfa Romeo al Campionato mondiale di Formula 1
Alfa Romeo V6 Busso: motore progettato a fine anni settanta da Giuseppe Busso
Autodelta: Team con la quale Alfa Romeo partecipava alle competizioni negli anni sessanta
Giuseppe Luraghi
Motore bialbero Alfa Romeo
Motore boxer Alfa Romeo
Nicola Romeo
Quadrifoglio Alfa Romeo: Storia del simbolo portafortuna Alfa Romeo
SCAR: il videogioco dedicato alla Squadra Corse Alfa Romeo
Stabilimento Alfa Romeo del Portello
Stabilimento Alfa Romeo di Arese
Stabilimento Alfa Romeo di Pomigliano d'Arco
Twin Spark

Note

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Bibliografia

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Luigi Fusi, Le vetture Alfa Romeo dal 1910, Milano, Adiemme, 1965.
Stefano d'Amico; Maurizio Tabucchi, Le vetture di produzione Alfa Romeo 1910 - 1996, Milano, Giorgio Nada Editore, 1996.
Massimo Condolo, Camion Alfa Romeo, Brescia, Fondazione Negri.

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